la Repubblica, 9 marzo 2015
Il suicidio dell’Italia in Coppa Davis. Seppi e Fognini sconfitti da Kukushkin e Nedovyesov in Kazakhstan. A settembre spareggio-retrocessione
È abbastanza noto che la Coppa Davis sia presenza anomala in uno sport come il tennis, che ha introdotto per primo valutazioni del computer atte a stabilire rapporti matematici tra i suoi praticanti. È infatti insolito non soltanto che il n. 58 prevalga sul n. 35, in modo tanto netto che un co-spettatore televisivo sia giunto a suggerirmi di rivolgermi a Djokovic per chiedergli se si ritenesse l’autentico numero uno del mondo, e non lo fosse invece il kazarusso Kukushkin, attratto dalle righe quasi un’umana calamita, capace di avvilire Seppi lasciandogli quattro games nel secondo e terzo set.
Lo stupore di simile partita, nella quale le scelte tattiche dell’italiano altro non avevano fatto che giovare a Kukushkin, è stato tuttavia sommerso dalle sorprese della seconda, quella tra il nostro Fognini e il kazacraino Alexandre Nedovyesov. Simile incontro era giunto grazie a una duplice sostituzione, peraltro consentita dal regolamento della Davis. Gli strateghi italiani avevano pensato che un tennista esperto di Davis quale Fognini, giunto ad Astana con qualche ritardo ma apparentemente ambientatosi dopo il doppio di ieri, desse maggiori garanzie di un Bolelli addirittura connivente nella scelta. Gli ospitanti avevano a loro volta deciso di sostituire il kazarusso Golubev con il kazacraino Nedovyesov, n. 130 del mondo, un bell’atleta che aveva raggiunto, quale maggior successo, la finale del Challenger di Bergamo.
Simili scelte, all’apparenza bizzarre, si son rivelate felici per i padroni di casa, anche perché agli italiani era toccato in sorte un capitano non più lungimirante dei tempi in cui era stato dignitoso tennista, mentre i kazaki avevano dalla loro un visionario del nome di Dias Doskarayev.
Nel favorirli, oh certo involontariamente, è stato dapprima Andreas Seppi che, privo dell’abituale, fraterno aiuto di coach Sartori, non si è reso conto che l’avversario non fosse, a volte, una sorta di vivente pubblicità dei teloni pubblicitari di fondo campo e, dopo ben due dropshot riusciti all’inizio della partita, altro non ha fatto che favorire i rimbalzi irresistibili, specie di rovescio, di Kukushkin, senza mai più smorzargli la palla o alzargliela sopra la spalla. Raggiunti quindi sul due pari, i nostri erano – così mi dice un informatore – ottimisti per la scelta apparentemente disperata del giovanottone ucraino, al posto di un Golubev che non era parso soddisfare il Presidente Nazarbaiev, peraltro assente nelle prime due giornate, ma ieri osannato quale dev’essere un Dittatore Tennista. Apparentemente ignaro degli schemi contemporanei che ritengono obsoleto il serve and volley, il giovanottone ha messo in pratica un incontro d’attacco che, in giorni più ispirati e su campi più morbidi, avrebbe dovuto essere ideale per un passatore quale Fognini. Superato dagli attacchi e dalla sorpresa che gli avevano fatto smarrire un primo set al tiebreak, Fabio pareva aver trovato sufficiente lunghezza per rendere complicati gli approcci dell’avversario. Nell’ottavo game del secondo, e nel quinto del terzo, gli riuscivano infatti due peraltro complessi break, che lo issavano in vantaggio di due set a uno.
Ma, quando molti ritenevano ormai risolto lo spettacolo, pur dopo due ore e venti minuti, la tattica audace dell’omone, e la crescente fatica del nostro, forse ancora vittima di jet lag, riaprivano un copione spesso banale. Due doppi errori e un gratuito ferivano Fabio con un break nel secondo game del quarto set, che l’affaticato avrebbe sofferto sino al quinto. E qui il nerbo, la freschezza, e gli insistenti attacchi dell’uomo del destino avrebbero prevalso, dopo che Fabio, indietro 1 a 4, ci avrebbe nuovamente illusi recuperando, ahinoi invano, sino ad un evanescente vantaggio di 5 a 4.
Al di là dell’occasionale patronimico del capitano kazako, non si può trattenersi dal pensare al ripetuto copione negativo dei nostri attori maschi e femmine, di entrambe le squadre azzurre superate da scelte audaci quanto felici degli avversari di Fed e Davis Cup.