Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Melania Rea è stata uccisa così: si è appartata un attimo, s’è abbassata pantaloni, collant e slip, s’è accucciata, ha fatto pipì. Prima di tirarsi su è stata aggredita alle spalle da qualcuno che ha provato a sgozzarla, lei è fuggita, appena pochi metri ed è caduta, il killer le si è precipitato addosso e l’ha finita con una trentina di coltellate. Su questa sequenza non sembrano esserci dubbi né da parte dell’accusa né da parte della difesa. Il dubbio è sull’identità dell’assassino. Per i pm Monti, Pirozzoli, Piccardi e il capo della Procura di Ascoli, Michele Renzo, l’uomo delle 35 coltellate è il marito, Salvatore Parolisi, caporalmaggiore in servizio al 235° reggimento piceno di Ascoli. La scena del delitto si svolge in un bosco a Ripe di Civitella del Tronto, nel Teramano, lungo una strada che segna il confine con la provincia di Ascoli. Per la difesa, invece, che ha tirato fuori questa sua opinione ieri, l’assassino è una donna. Sotto l’unghia dell’anulare della mano sinistra di Melania è stato trovato del dna femminile e questo indizio, per i difensori, è sufficiente.
Ricordiamo che Melania era una gran bella ragazza.
Sì, 29 anni, da Somma Vesuviana, un comune di 35 mila abitanti in provincia
di Napoli. Tutti la chiamavano Melania, ma il suo vero nome era Carmela. Lei e
Parolisi hanno una figlioletta di 18 mesi, Vittoria.
Sta in piedi la ricostruzione della
difesa?
Gli avvocati espongono la loro tesi con una certa
aggressività, per esempio hanno gridato parecchio l’altro giorno quando “Il
Centro” di Pescara ha pubblicato la notizia che la Procura vuole arrestare
Parolisi e che la pratica è adesso nelle mani del gip Carlo Calvaresi (il
fascicolo è parecchio voluminoso e ci vorrà del tempo per decidere). Sulla
storia della donna-assassino, i due avvocati (Walter Biscotti e Nicodemo
Gentili) dicono quest «Nelle prime righe dei quesiti sottoposti dal pm al
medico legale si chiede di verificare se ci sono altri dna oltre a quelli di
Salvatore e Melania: ebbene, la risposta a questo quesito è quasi mascherata in
due righe nelle conclusioni del perito. Occorre andare a spulciare i dati nelle
oltre 80 pagine per scoprire che Melania ha tentato di difendersi con le mani
durante l’aggressione; che sotto l’unghia di una mano è stato trovato del dna
di una donna e che il dna di Salvatore è stato trovato solo nella bocca di
Melania come probabile conseguenza di un bacio. Questi dati, da soli, sono la
rovina del castello accusatorio fatto a senso unico contro Parolisi e
tralasciando altre piste. Noi chiediam chi è la donna che ha aggredito e
probabilmente ucciso Melania?».
Chi potrebbe essere questa donna?
Il delitto risale al 18 aprile, il cadavere venne
scoperto il 20 aprile da un cercatore di funghi, da allora sono state
naturalmente interrogate un mucchio di persone. Tra queste, Ludovica Perrone,
27 anni, da Sabaudia, in forza ai Lancieri di Montebello. È stata l’amante di
Parolisi, l’ha chiamato sul cellulare quando s’è saputo della disgrazia, questo
lo ha fatto arrabbiare perché sapeva di essere intercettato. Lui l’ha
richiamata da una cabina telefonica. Una storia importante per lei, e poco più
che un’avventura per lui. È inutile però sospettare questa donna: il giorno del
delitto era a Lecc, caserma Nacci, dove stava diventando carrista. Un alibi di
ferro, l’hanno vista decine di militari.
E allora?
Il 235° reggimento Piceno, dove lavora Parolisi, è uno dei
pochi in cui si addestrano soldatesse. Poco distante dal posto dove è stato
trovato il cadavere di Melania, c’è il poligono di tiro dove proprio Parolisi
conduceva queste soldatesse a sparare. Durante le indagini, qualche
investigatore s’è lasciato scappare la frase: «Per ogni corso c’erano trecento
ragazze e per lui almeno tre o quattro storielle». Quindi, se ha ragione la
difesa, bisogna cercare altre donne, altre storie.
Non potrebbero essere stati in due, a
uccidere?
Sì, certo. Il concorso – come si dice – non è
affatto escluso. Oltre tutto Parolisi è nei guai anche per lo strano
comportamento tenuto subito dopo la scomparsa e per le bugie dette agli
inquirenti nella prima fase delle indagini. Di Melania s’erano perse le tracce
(ma il corpo non era ancora stato trovato) ed ecco Parolisi dire al suo amico
Raffaele Paciolla: «Me l’hanno presa» volendo suggerire evidentemente l’idea di
un sequestro. Quando gli fanno sapere che il corpo è stato trovato, lui
preferisce non andare sul posto. Dopo però mostra di conoscere bene, senza che
nessuno glielo abbia spiegato prima, il punto dove giaceva il corpo della
moglie. Per non parlare della storia raccontata all’inizi ha sostenuto che
lui, Melania e la bambina sarebbero andati in gita a Colle San Marco, Melania
si sarebbe allontanata per far pipì, e da quel momento sarebbe sparita. Uno
storia che non sta in piedi, dato che nessuno a Colle San Marco, quel
pomeriggio, li ha visti e che costringe tutti a chiedersi: perché l’ha
raccontata?
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