Leonetta Bentivoglio, la Repubblica 17/7/2011, 17 luglio 2011
SCHONBERG, MIO PADRE
Si sa che esiste, nel territorio della musica europea, un prima e un dopo Arnold Schönberg: è lui lo specchio della rottura, l´emblema della ferita, lo stratega della messa in discussione del sistema tonale su cui si era sviluppata l´intera parabola musicale dell´Occidente "colto". Compositore d´impatto sconvolgente, oltre che abile pittore, maestro di spiccata vocazione pedagogica e uomo pieno di sorprese, con manie strane come il culto dell´astrologia e peculiari guizzi di fantasia e umorismo, capaci di sdrammatizzare i suoi aspetti più messianici, Schönberg, nato a Vienna nel 1874 e morto a Los Angeles nel luglio del 1951 (cade ora il sessantesimo anniversario della sua morte), spicca come una chiave di passaggio tra il "mondo di ieri" e quel sovvertimento di valori e aspettative che percorse la prima fetta del Novecento come un filo rosso. Tenace e avventuroso nel questionare il proprio linguaggio, nel guardare l´arte come un flusso in divenire, nello sfidare i codici per identificare ordini nuovi, Schönberg riflette in pieno un´epoca ribollente, marchiata dalle guerre e da trasformazioni in ogni campo.
«Non c´è fine alle scoperte, indagando la vita e l´opera di mio padre», dice Nuria Schönberg, figlia di Arnold e custode della sua memoria. Nata nel 1933 in Spagna e cresciuta in California con i fratelli Ronald e Lawrence, è stata una testimone ravvicinata e diretta del periodo americano dell´illustre genitore, ebreo fuggito dagli orrori dell´antisemitismo di Hitler «di cui comprese subito il pericolo», racconta. «Partì molto prima di altri, per esempio di Thomas e Heinrich Mann, che conosceva. Tra i suoi amici c´erano anche Alma Mahler, il pittore Oskar Kokoschka, lo scrittore Franz Werfel, l´architetto Adolf Loos e Kandinsky, con il quale ebbe un folto carteggio. Dal ´26 insegnava all´Accademia delle Arti di Berlino, e i massimi compositori del mondo frequentavano le sue master-class. Il suo contratto gli permetteva di lavorare solo per sei mesi l´anno e di passare il resto a comporre in climi caldi, poiché soffriva d´asma e non sopportava la stagione fredda di Berlino. Sono nata a Barcellona proprio per questo».
Nuria aveva un anno quando i suoi scapparono dall´Europa delle dittature, incoraggiati dal violinista Rudolf Kolisch, fratello di sua madre: «Mio zio era spesso in tournée con il Kolisch Quartet, e da fuori era più facile vedere il tragico evolversi della situazione tedesca. "Devi cambiare aria", scrisse a mio padre, e noi seguimmo immediatamente il suo consiglio, al contrario di altri accademici ebrei, che non lasciarono Berlino prima del ´38. A Los Angeles abitavamo in North Rockingham Avenue, strada oggi divenuta chic (vi ha abitato anche O. J. Simpson), ma che all´epoca non lo era affatto. La nostra era una casa di stile spagnolesco che mio padre, col suo lavoro d´insegnante, riuscì a comprare a rate in vari anni».
Schönberg soffrì non poco nell´esilio statunitense, fase tra le meno esplorate del suo percorso. A questo periodo è votato il nuovo saggio Schoenberg´s New World – The American Years, di Sabine Feisst (Oxford University Press), che punta a farne una misconosciuta epoca d´oro del musicista, il quale, secondo la studiosa, negli Usa avrebbe guadagnato molto e sarebbe stato soddisfatto e felice. «La verità», segnala invece la figlia, «è che pur apprezzando il clima della California e la schiettezza degli americani, mio padre patì quegli anni. Mentre in Europa aveva avuto allievi geniali come Berg e Webern, negli Stati Uniti non ebbe mai studenti di un tale livello. Inoltre, settantenne, fu mandato in pensione dall´Università, e per lui fu un trauma, perché adorava insegnare. Era un docente straordinario e generoso persino con i dilettanti».
Nuria non condivide neppure quanto la Feisst scrive a proposito dei costi esorbitanti delle lezioni private date in America da Schönberg: «Fornì qualche consulenza ad autori di colonne sonore dei film di Hollywood, i quali pretendevano di sottoporgli, in incontri di un paio d´ore, le rispettive partiture per poter dire di aver studiato con lui, che era il compositore più importante del suo tempo insieme a Stravinskij. All´inizio lo faceva gratis, poi prese a farsi remunerare con cifre adeguate, anche perché quei compositori erano ricchissimi».
Negli Stati Uniti fu maestro di John Cage e fece amicizia con George Gershwin, musicista "popolare" al quale, inaspettatamente, l´esoterico Schönberg si sentiva affine. E quando conobbe Chaplin, di cui amava i film, «scoprì un uomo troppo concentrato su se stesso». Anche la relazione con Einstein fu deludente («quando papà lo pregò di far uscire dall´Europa amici ebrei in difficoltà, lo scienziato gli negò il suo aiuto»), e a tali episodi di rigetto accenna pure un altro libro appena uscito sul glorioso artefice della musica dodecafonica (rivoluzionario metodo di composizione con dodici note e di "emancipazione della dissonanza" che segnò il superamento della plurisecolare musica tonale): s´intitola Arnold Schönberg, lo firma il musicologo di origine bosniaca Bojan Bujic, docente a Oxford, ed è pubblicato da Phaidon.
Figlia del secondo matrimonio di Arnold (con Gertrud Kolisch, mentre la prima moglie di Schönberg fu Mathilde, sorella del compositore Zemlinsky), Nuria vive a Venezia, città del compositore Luigi Nono, che sposò nel ´55, un anno dopo averlo conosciuto ad Amburgo, dove Nono (scomparso nel ´90) si era recato per assistere all´esecuzione di uno dei capolavori schönbergiani, Moses und Aron. Oggi la volitiva signora si muove su due binari: guida l´Archivio Nono di Venezia ed è presidentessa dell´Arnold Schönberg Center di Vienna. Luogo di culto per gli appassionati di musica e deposito di rivelazioni culturali per chiunque, il centro viennese raccoglie lettere, fotografie, partiture, appunti e modellini realizzati da suo padre. I documenti sono a disposizione del pubblico in forma di facsimili «in modo che si possano toccare, sfogliare e anche portare via, come certi esercizi elaborati da Schönberg per i suoi allievi che si può tentare di risolvere a casa. C´è anche la sua rubrica telefonica, con il numero di Chagall alla lettera C e quello di Einstein alla lettera E». Ci sono poi le opere pittoriche (tanti gli autoritratti: ne fece una cinquantina, «come tenendo un diario del proprio volto») e le concrete dimostrazioni della sua vena d´inventore: «Era un progettista inarrestabile di marchingegni. Ideò un calamaio a ricarica continua, una macchina da scrivere per la musica, un semaforo regolatore del traffico di biciclette dei figli, un tipo di gioco di scacchi e vari mazzi di carte. Disegnava caricature esilaranti, ritraendo i critici musicali del suo tempo senza orecchie o con orecchie da somaro».
Interessante fu il suo rapporto con l´Italia, a cui lo Schönberg Center dedicherà un simposio dal 6 all´8 ottobre, affiancandolo a un programma di concerti. Sullo stesso tema il Centro viennese organizzerà una mostra (da ottobre fino al 6 gennaio 2012) che proporrà testi, registrazioni, corrispondenze con musicisti quali Malipiero e Casella e recensioni uscite sui giornali italiani («a volte perplesse, sempre rispettose») riguardanti la tournée (avvenuta nel ´24) dello schönbergiano Pierrot Lunaire, che Stravinskij definì «plesso solare della musica del ventesimo secolo», e che Puccini ascoltò a Firenze con stupefatta ammirazione. Sarà esposto anche un carteggio con Ferruccio Busoni, a cui Schönberg aveva mandato un suo pezzo per pianoforte, l´op. 11 n. 2. Il celebre pianista, per eseguirlo, concepì una nuova versione «più concertante», e a quest´intervento Schönberg si oppose con furia, pronto a difendere senza mezzi termini le proprie idee rigorose e profetiche.