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 2011  luglio 17 Domenica calendario

Biografia di Abd el-Kader

Al pari dei romanzieri e dei giornalisti, anche gli storici hanno bisogno di un buon attacco per incoraggiare il lettore ad andare avanti. Sappiamo fin troppo bene – e parlo per esperienza – quanto sia facile abbandonare la lettura di un libro di storia. Alcuni di noi storici si sforzano di trovare per ogni capitolo un incipit che risulti avvincente per i pochi lettori. Ora, io sto malauguratamente scrivendo un libro sul capitalismo del XIX e XX secolo. Ammetto che il tema non è precisamente sexy, ma se sapessi scrivere di sesso lo farei. Visto che molti (ma non molti storici) di solito danno per scontato che la sinistra sia sempre stata anticolonialista, ho pensato che sarebbe stata una buona idea aprire il capitolo dedicato al colonialismo con l’entusiastica reazione di Friedrich Engels alla cattura dell’emir (principe) Abd el-Kader, che per ben quindici anni capeggiò la resistenza algerina all’occupazione francese, fino al 1847, anno della sua resa.

Ecco dunque le righe con cui Engels salutò, dalle colonne del giornale cartista «The Northern Star», la sconfitta di colui che in seguito sarebbe divenuto l’eroe nazionale algerino: «… è una gran fortuna, a nostro avviso, che questo condottiero arabo sia stato catturato. La lotta dei Beduini era destinata al fallimento, e sebbene la condotta della guerra, da parte di soldati brutali come Bugeaud, sia altamente biasimevole, la conquista dell’Algeria è un evento fausto e importante per il progresso della civiltà. Per giunta la conquista dell’Algeria ha già costretto i bey di Tunisi e di Tripoli, e persino l’Imperatore del Marocco, a imboccare la via della civiltà. Costoro hanno dovuto per forza trovare occupazioni diverse dalla pirateria per la loro gente, e mezzi diversi dai tributi attualmente versati dagli Stati europei più piccoli per riempire i loro forzieri. E se possiamo senz’altro dolerci che la libertà dei Beduini del deserto sia andata distrutta, non dobbiamo dimenticare che quegli stessi Beduini erano una nazione di briganti, il cui principale mezzo di sostentamento consisteva nell’aggredirsi fra loro oppure fare incursioni contro gli abitanti degli insediamenti, arraffando tutto ciò che trovavano, massacrando chiunque opponesse resistenza, facendo prigionieri tutti gli altri e vendendoli come schiavi. Da lontano, tutte queste nazioni di liberi barbari appaiono assai fiere, nobili e gloriose; ma basta avvicinarsi e si vedrà che anch’esse, al pari delle nazioni più civili, sono governate dall’avidità di guadagni, e semplicemente ricorrano a mezzi più rudi e crudeli. E in fin dei conti, il moderno bourgeois, seguito dalla civiltà, dall’industria, dall’ordine e da un atteggiamento almeno relativamente illuminato, è preferibile al signore feudale o al brigante predatore, che appartengono allo stato barbarico della società».

Engels dixit: Abd el-Kader è un barbaro, un brigante, un pirata. Gli europei rappresentano i lumi e il progresso, anche quando distruggono villaggi. La civiltà capitalistica sarà anche cattiva, ma il pre-capitalismo è peggio.

A questo punto, per amor di obiettività, ho pensato di rivolgermi alla tradizione liberale, per dimostrare come il suo paladino, Alexis de Tocqueville, benché meno ignorante di Engels circa la natura della ribellione araba, fosse ancor più fermamente deciso a soffocarla. Nella relazione che stilò nel 1841, quando fungeva da esperto di cose algerine per il parlamento francese (e mentre era in atto l’offensiva militare contro Abd el-Kader), Tocqueville spiegò infatti che l’eventuale fondazione di uno Stato arabo potente e moderno sull’altra sponda del Mediterraneo fosse da impedire a tutti i costi. E che per dissuadere la popolazione locale dall’appoggiare Abd el-Kader bisognava usare qualsiasi mezzo: incendiare le coltivazioni, distruggere le scorte alimentari e catturare uomini, donne e bambini, benché disarmati. Per combattere gli arabi, spiegava Tocqueville, era necessario fare ricorso a queste «tattiche inevitabili benché spiacevoli».

Per quel che serviva a me, la mezza pagina di Engels più queste due citazioni erano più che sufficienti a far capire in quanti fossero d’accordo a considerare il colonialismo come una tappa della marcia della storia in direzione del progresso. Ma gli storici sono curiosi per natura, e oggi Internet, con la vasta gamma di documenti disponibili on-line, permette loro di soddisfare la propria curiosità più rapidamente che mai. E così, resomi conto di quanto poco sapessi di Abd el-Kader – a parte ciò che avevo appena scritto – ho trascorso il resto del pomeriggio a scoprire cose nuove.

Nel negoziare la resa con i francesi, Abd el-Kader aveva promesso di desistere da ogni futura iniziativa contro l’occupazione. In cambio gli sarebbe stato concesso di vivere in esilio da qualche parte nel Medio Oriente, lontano dall’Algeria, e dedicarsi allo studio dell’Islam. Ma i francesi non mantennero la parola data («degli arabi non ci si può fidare»), e lo tennero prigioniero in Francia per cinque anni. Il suo arresto e la promessa violata turbarono molti, in Francia e non solo: ma non Engels e neppure Tocqueville. Invece il grande romanziere inglese William Makepeace Thackeray, l’autore di La fiera delle vanità e di Le memorie di Barry Lyndon, nel 1848 dedicò ad Abd el-Kader un poema intitolato Il falco in gabbia.

Luigi Napoleone voleva liberare Abd el-Kader, ma il parlamento francese (democraticamente eletto) si oppose: il condottiero arabo era ancora una minaccia, poteva rimettere in piedi la resistenza. Soltanto dopo aver acquisito pieni poteri, prima da dittatore e poi da imperatore (con il nome di Napoleone III), Luigi Napoleone fu sufficientemente forte da poter ignorare il Parlamento e liberare Abd el-Kader dalla sua prigionia.

Colui che lo aveva sconfitto, il generale Thomas Bugeaud, aveva combattuto da soldato nelle armate napoleoniche, aveva preso parte alla campagna di Spagna, ed era divenuto un pioniere della tattica bellica nota con il nome di "terra bruciata". Durante la campagna d’Algeria, Bugeaud inviò agli abitanti del posto questo avvertimento: o vi assoggettate, oppure «valicherò le vostre montagne e verrò a bruciarvi i villaggi e i raccolti e a sradicarvi gli alberi da frutto». E mantenne la parola: nel 1845 le sue truppe furono coinvolte in una strage che lasciò a terra centinaia di uomini, donne e bambini e suscitò in Francia un vero e proprio scandalo. «Le Courrier Français» parlò di «opera degna di cannibali» e di «gesta infami che oltraggiano la nostra storia e infangano la nostra bandiera». Persino Alexis de Tocqueville ammise che le truppe francesi si erano comportate in modo più barbaro degli arabi. Bugeaud divenne maresciallo di Francia, mentre Abd el-Kader, nel suo carcere, scriveva versi e manteneva una condotta impeccabile, dando prova di enorme dignità, pazienza e sopportazione. Quando poi fu esiliato a Damasco, Abd el-Kader si astenne come promesso dal l’occuparsi di politica, e si dedicò interamente alla letteratura e alla teologia. Ma non mancò di compiere ancora un gesto "eroico".

Nel 1860, a seguito della decisione dell’imperatore ottomano di concedere pari diritti ai suoi sudditi cristiani ed ebrei, certi estremisti musulmani minacciarono di scatenare un pogrom anticristiano. Per fermarlo, Abd el-Kader fece valere tutto il suo prestigio: centinaia di cristiani ebbero salva la vita, ed egli divenne un eroe dell’Occidente. Ricevette onorificenze dal Papa, da Napoleone III e da Vittorio Emanuele II, e Abraham Lincoln lo elogiò pubblicamente e gli inviò in dono una magnifica coppia di revolver. Il 20 ottobre 1869, il «New York Times» scrisse addirittura: «Per la storia non è cosa di poco momento ricordare che il più inflessibile combattente per l’indipendenza dei maomettani… nei giorni del suo declino politico è divenuto il più intrepido custode della vita e dell’onore dei cristiani». Quando Abd el-Kader morì, nel 1883, il «Chicago Daily Tribune» uscì il 27 maggio con questo titolo: «Scomparso Abd el-Kader, il cui nome un tempo è riecheggiato da un capo all’altro del mondo».

Ma ben prima di quelle espressioni di elogio, quando si batteva ancora contro i francesi sui monti del Maghreb, Abd el-Kader fu oggetto di un tributo inatteso. Nel 1846, infatti, tre pionieri americani – Timothy Davis, John Thompson e Chester Sage – decisero di chiamare "Elkader" il loro insediamento nello Iowa in onore dell’uomo che l’attuale sindaco della cittadina, in un’intervista ad «Al-Jazeera», ha definito «il George Washington dell’Algeria». Oggi Elkader conta mille e 500 abitanti, quasi tutti bianchi e quasi tutti cristiani, come del resto i coloni delle origini. Nel clima odierno, in cui nel Medio Oriente sono ancora in molti a considerare gli Stati Uniti il Grande Satana, e dove non pochi americani pensano che tutti i musulmani siano terroristi, la cittadina di Elkader simboleggia una concezione dell’"altro" di gran lunga più cosmopolita e ci dimostra che la storia è ancora ricca di piccole sorprese.

(Traduzione di Marina Astrologo)