Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Un fatto curioso di ieri: sia “Il Giornale” e “Libero”, i due quotidiani berlusconiani a prova di bomba, che ”Il Fatto”, foglio ferocemente anticavaliere, hanno titolato sostanzialmente allo stesso modo, prendendosela cioè con la casta dei politici che, mentre ci tolgono con la manovra 70 miliardi o forse 80 (ma forse sempre 47: sulla cifra complessiva reale gli esperti ne sparano di tutti i tipi), stanno bene attenti a non intaccare i propri stipendi, indennità e privilegi vari. Quello che stupisce i tre giornali (e anche il resto della stampa, noi compresi) è che i politici non si rendano conto del discredito che li circonda, che scambino le critiche su questo punto come una forma di antiparlamentarismo o di qualunquismo, tipo il pidiellino Raffaele Lauro che si scaglia contro la pubblicistica anticasta accusandola di produrre «una pericolosa disaffezione dei cittadini nei confronti delle pubbliche istituzioni» o l’altro pidiellino Andrea Pastore che invoca «voci in difesa del Parlamento e della dignità della funzione parlamentare, gravemente lesa da campagne diffamatorie che non rappresentano la realtà e alimentano sfiducia nelle istituzioni e in chi le rappresenta».
È vero che i
parlamentari di una volta non percepivano alcuno stipendio?
È vero, e la cosa venne decisa dopo una discussione
lunga e accanita della commissione apposita (sono fatti del 1848). Però è un
paragone sbagliato. I parlamentari di quell’epoca erano imn genere piuttosto
ricchi e potevano permettersi di non guadagnare. Don Milani – che era don
Milani – spiegò col solito furore che deputati e senatori dovevano prendere lo
stipendio, altrimenti i figli del popolo non sarebbero mai entrati alla Camera.
Giusto. E tuttavia, le nostre indennità sono le più alte d’Europa, i nostri
privilegi troppi, e la professionalità esibita dal parlamentare medio ad ogni
occasione è invece piuttosto scarsa. Il livello culturale degli onorevoli fa in
genere cadere le braccia. Tante volte viene da dire: non sanno fare il loro
mestiere, non sanno nemmeno di che si tratta…
Per esempio, in
questo caso, che ci voleva a dire: ci dimezziamo l’indennità?
Erano pochi soldi, ma sarebbe stato un gesto di
conciliazione verso i cittadini a cui si chiedono mediamente mille euro a
testa. Pensi che dimezzando i comuni mediante accorpamenti (il 70 per cento
hanno meno di cinquemila abitanti), abolendo le province, diminuendo il numero
di consiglieri regionali si potrebbero risparmiare un centinaio di miliardi. Si
poteva delegare il governo a preparare una legge in questo senso. E invece…
Qualcosa però
hanno fatto.
I piccoli comuni, come abbiamo spiegato ieri,
dovranno aggregare due delle sei funzioni di loro competenza. In termini
finanziari è poca roba. Poi hanno stabilito che i partiti, quando la
legislatura si interrompe prima del tempo, non saranno rimborsati per tutti e
cinque gli anni, come accade adesso. Questo è unrisparmio solo se la legislatura finisce prima. L’adeguamento
agli stipendi medi europei è stato rinviato alla prossima legislatura. Ma il
trucco per non diminuirsi il compenso è già stato trovato. La storia della
media europea potrebbe persino far fruttare qualche piccolo aumento.
Come sarebbe?
Come ha raccontato su “Libero” Franco Bechis, nella
notte tra il 12 e il 13 luglio, in commissione Affari costituzionali del
Senato, è stato votato un parere vincolante (d’accordo destra e sinistra) in
cui si stabilisce che questo calcolo della media europea si potrà applicare
solo all’indennità propriamente detta (che rappresenta poco più di un terzo dei
soldi che gli onorevoli si mettono in tasca) e tenendo comunque conto «dei
necessari fattori di ponderazione, con particolare riguardo alla consistenza
demografica dei diversi paesi». Cioè l’indennità dovrebbe essere commisurata al
numero di abitanti. Ma in questo modo, appunto, potrebbe esserci
un’integrazione favorevole di 2-300 euro al mese!
Che soluzione si potrebbe adottare?
Per me che deputati e senatori guadagnino bene non
sarebbe disdicevole, se il servizio che ci rendono – tecnicamente parlando –
fosse all’altezza. C’è poi il problema delle caste, diverso da quello generico
della casta: quando si tocca una consorteria, come l’altro giorno quella degli
avvocati, qualunque governo, di destra o di sinistra, sbatte la faccia. Gli
avvocati – fregandosene dei mercati e dell’emergenza che aveva unito nella
paura maggioranza e opposizione – annunciarono che se fosse passata la norma
che aboliva gli ordini professionali avrebbero votato contro. Nessun problema se
poi Wall Street avesse mandato a remengo il paese
[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 16 luglio 2011]
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