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 2011  luglio 16 Sabato calendario

ARTICOLI SU DON VERZE’ DAI GIORNALI DEL 16/7/2011

ARTICOLI SU DON VERZE’ DAI GIORNALI DEL 16/7/2011 -

AL SAN RAFFAELE FINITA L’ERA DON VERZE’ -
E alla fine la svolta storica all’ospedale San Raffaele è arrivata, don Luigi Verzé rinuncia a tutti i poteri. Le redini del colosso sanitario da ieri le tiene in mano la Santa Sede. Le deleghe operative vanno a Giuseppe Profiti, presidente del Bambin Gesù e uomo di fiducia del cardinale Tarcisio Bertone. Come super consulente per il risanamento è stato chiamato, invece, Enrico Bondi. Via libera anche alla cordata guidata dall’Università Vita Salute, con i finanziamenti di una charity internazionale. Così, sotto i colpi di quasi un miliardo di debiti, finisce l’era di don Luigi Verzé, il prete manager che in 42 anni di sfide ha creato un polo di ricerca e cura, nonché una galassia di business paralleli con jet, hotel, coltivazioni di mango e meloni in Brasile. Il nuovo consiglio di amministrazione della Fondazione Monte Tabor, che guida il gruppo ospedaliero, è durato quattro ore: oltre a Profiti (vicepresidente operativo), hanno debuttato ufficialmente in rappresentanza della Santa Sede, il presidente dello Ior (la banca vaticana) Ettore Gotti Tedeschi, il giurista ex ministro Giovanni Maria Flick, l’imprenditore Vittorio Malacalza. Confermati i consiglieri di amministrazione della charity internazionale, Massimo Clementi (Università Vita e Salute del San Raffaele) e Maurizio Pini (Bocconi). In gioco non c’è solo il salvataggio del San Raffaele: quello di ieri virtualmente è anche il primo passo per la nascita di un mega polo sanitario cattolico tra l’ospedale di Milano, il Bambin Gesù e il Gemelli di Roma e l’ospedale Casa Sollievo della Sofferenza a San Giovanni Rotondo. Un progetto importante che ha convinto don Verzé a fare un passo indietro, anche se formalmente rimane presidente. «Con l’espressa volontà del presidente sac. prof. Luigi Maria Verzé, il consiglio di amministrazione ha deliberato il conferimento al consiglio stesso di tutti i poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione — si legge nel comunicato di ieri del San Raffaele —. Il presidente ha delegato al vicepresidente prof. Giuseppe Profiti e al consiglio tutti i poteri, rinunciando all’esercizio degli stessi» . Tra i primi obiettivi dichiarati dal nuovo cda, quello di operare una ricognizione precisa della situazione aziendale e contabile della Fondazione Monte Tabor. Di qui il compito affidato al super advisor Enrico Bondi, chiamato con ogni probabilità dallo stesso presidente dello Ior, Gotti Tedeschi, per mettere a punto un piano di risanamento. Rinviate le due decisioni clou. Appare rimandata, almeno per il momento, la richiesta di concordato preventivo di continuità. È l’accordo in Tribunale con i fornitori, previsto dal piano dell’advisor Arnaldo Borghesi, ma che per ora sembra congelato. Il tempo, in ogni caso, stringe: i decreti ingiuntivi dei fornitori non pagati incombono. Slittata, per adesso, anche la nascita della newco dove dovrebbero confluire i finanziamenti necessari a saldare i debiti (almeno 200/250 milioni di euro) più urgenti. «Il consiglio di amministrazione è fiducioso di avere il tempo e di essere in grado di portare avanti con serenità l’attività di risanamento al fine di salvaguardare le risorse umane impegnate nell’Opera San Raffaele e gli interessi di tutti gli interlocutori coinvolti nell’attuale crisi — si legge nel comunicato —. È altresì convinto che il San Raffaele continuerà ad esercitare il ruolo internazionalmente riconosciutogli nelle attività di clinica e di ricerca» . Soddisfazione dal mondo scientifico del San Raffaele che aveva fatto quadrato intorno al progetto Vaticano charity internazionale. Del resto, il risultato raggiunto è anche frutto dei mesi di lavoro dello stesso Massimo Clementi (preside della facoltà di Medicina) e di Alberto Zangrillo, alla guida del dipartimento di Anestesia e Rianimazione, nonché medico personale del premier. Uno strenuo lavoro di contatti e diplomazia che segna l’inizio di una nuova epoca per il San Raffaele.
Mario Gerevini Simona Ravizza

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IL SAN RAFFAELE CHIAMA BONDI COME CONSULENTE -
Fuori dalla stanza dei bottoni Don Luigi Verzé; dentro - ma probabilmente solo come advisor della nuova gestione di stampo vaticano - il risanatore seriale Enrico Bondi, fresco di uscita dalla Parmalat. Alla Fondazione San Raffaele, che sovrintende sul gruppo ospedaliero in profonda crisi debitoria, s’insedia il nuovo consiglio d’amministrazione e a sorpresa lo stesso Don Verzé fa un mezzo passo indietro. Il sacerdote fondatore rimane presidente, ma affida - spiega un comunicato - «al vicepresidente prof. Giuseppe Profiti e al consiglio tutti i poteri, rinunciando all’esercizio degli stessi».

A Profiti, di fatto vicepresidente esecutivo che assomma in sé i poteri ordinari - quelli straordinari se li tiene il consiglio dove assieme a lui figurano altri tre consiglieri anch’essi espressione del Vaticano come Ettore Gotti Tedeschi, Vittorio Malacalza e Giovanni Maria Flick - dovrebbe affiancarsi presto Bondi. Ieri l’uomo che ha preso il timone di Montedison, Lucchini e Parmalat in situazioni più che difficili sarebbe stato contattato per chiedergli un impegno a tempo pieno, ma non in consiglio, nell’ingarbugliata situazione del San Raffaele. La sua risposta positiva potrebbe arrivare presto, anche se quello di Bondi pare più un profilo di un manager che mette le mani su tutte le leve di un gruppo invece che essere semplice consulente.

Ma se l’insediamento del nuovo cda, con il Vaticano alle spalle, sembra dare qualche tranquillità al San Raffaele e ai suoi dipendenti e pazienti, i consiglieri appena arrivati paiono già a rischio di entrare in rotta di collisione con il concordato preventivo che, anche grazie all’assenso delle banche creditrici, appariva in dirittura d’arrivo. Il cda di ieri si è infatti guardato bene dall’approvare il concordato e ha invece detto di avere «necessità di poter operare una ricognizione degli effettivi dati aziendali e contabili della Fondazione», sostenendo anche di essere «fiducioso di avere il tempo e di essere in grado di portare avanti con serenità l’attività di risanamento». In sostanza al nuovo consiglio servirebbero tre mesi per un esame approfondito e per formulare una proposta di soluzione.

Tempi, questi, che mal si conciliano con la tabella di marcia del piano di salvataggio dello studio legare Bonelli Erede Pappalardo e dall’advisor finanziario Borghesi, Colombo e Associati, che martedì dovrebbero consegnare in tribunale le carte in modo che già giovedì si possa decidere sulla richiesta di concordato. Se il concordato non c’è - spiegano fonti finanziarie - salta il finanziamento ponte da 50 milioni che le banche dovrebbero versare al San Raffaele per assicurare la continuità e si rischia soprattutto che il Pm Luigi Orsi inoltri un’istanza di fallimento. Anche per questo il nuovo cda intende lavorare a ritmo serrato in questa settimana. Una prossima riunione dell’organo è già fissata per venerdì con l’obiettivo di dare a breve, magari con uno slittamento dei tempi in Tribunale, l’orientamento dei nuovi consiglieri anche sul concordato.
Francesco Manacorda

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UNA VITA SPERICOLATA TRA AFFARI E SANITA’ -
E´ l´angelo Raffaele, il "rappresentante della medicina di Dio", il simbolo e la metafora della vita di don Luigi Verzé, 91 anni, prete da sessantaquattro, nato a Illasi, in provincia di Verona, laureato in lettere e filosofia, arrivato a Milano e finito a fare il segretario di un santo, don Luigi Calabria. Quell´angelo che chiunque entri a Milano è costretto a vedere, stagliato nel cielo a fianco della tangenziale, simbolo di potenza e però anche simbolo di una sconfitta: don Verzé lo voleva più alto della madonnina del Duomo, ma è riuscito solo a farlo più ampio della cupola di San Pietro. Un visionario, un uomo che ha sempre vissuto sbilanciato in avanti, e pazienza se a fianco si apriva il baratro. Un prete, come ha titolato qualche anno fa L´Avvenire, "che ha fatto santo il denaro". O, come ha detto uno dei suoi tanti amici potenti, "un uomo metà Santo e metà affarista".
Oggi la sua parabola somiglia a quella dell´ultimo dei suoi grandi amici: Silvio Berlusconi, conosciuto ai tempi dell´inizio della straordinaria avventura del San Raffaele. Undici anni fa, quando ha festeggiato con una grande festa i suoi ottanta anni, Verzé l´aveva previsto: «Il mio mandato è quello di andare avanti. Chi verrà dopo di me, metterà ordine». Lui, in effetti, è sempre andato avanti come un panzer, senza fermarsi a fare i conti con la realtà. Forse perché avrebbe voluto essere il pilota di un cacciabombardiere, ha inteso la vita come una guerra di conquista. Convinto che la medicina sia la strada che porta vicino a Dio, nel ´71 compra i primi terreni per far nascere il suo San Raffaele ed è nella battaglia comune per far cambiare le rotte di decollo agli aerei dell´aeroporto di Linate che cementa la sua amicizia con quello che allora era semplicemente il costruttore di Milano 2, Silvio Berlusconi. Diventerà anche amico di Craxi e saranno i medici del San Raffaele a raggiungere il leader socialista in Tunisia, durante la fuga.
Il suo è un progetto superbo, ma la megalomania diventa pian piano realtà. Comincia con l´ospedale, che oggi è il più grande di Milano ed uno dei più importanti d´Italia. Prima ancora di finire di pagare il primo lotto, fa partire il secondo, poi il terzo; è disinvolto, non va per il sottile, e quando viene condannato per abuso edilizio si difende - davanti al suo Dio, prima ancora che davanti ai giudici - in nome del «bene superiore». Fa nascere il Dibit, il centro di ricerche biomediche più importante del paese, assume 240 ricercatori cercando sempre il meglio che c´è; poi si lancia nella missione Brasile, esporta la sua filosofia in Cile, Polonia, India, Israele, Uganda, Nicaragua, Mozambico. Viaggia solo sul suo aereo privato e veste sempre un abito blu, camicia bianca e cravatta rossa; lo fa perfino quando va in udienza da Giovanni Paolo II e ne viene rimproverato. Ma con le gerarchie ecclesiastiche i suoi rapporti sono sempre difficili: nemico di Papa Montini, di Ratzinger ha detto, «poveretto, col carattere che ha sente il peso della croce».
Il primo stop alle sue conquiste è a Roma, quando il suo ospedale non ottiene la convenzione con il pubblico ed è guerra dichiarata con il ministro della sanità Rosy Bindi, che accusa di "sovietismo statalista". Ma va avanti, niente lo ferma, e lancia il progetto dell´Università Vita e Salute: non solo una facoltà di medicina, anche filosofia, affidata con animo laico a Massimo Cacciari. Ma apprezza anche Nichi Vendola e con lui lancia un progetto per la sanità d´eccellenza in Puglia. Il lusso, l´esagerazione, fanno parte di lui. Si giustifica citando San Tomaso - «Il bello è lo splendore del vero», e davanti alla sua scrivania Luigi XVI impone che gli ospiti siedano su due sedie ribassate, così che sia chiaro chi tiene il bastone del comando. Per i suoi novanta anni, il 14 marzo del 2010, dà una festa con «alcuni amici»: tra loro Berlusconi, il Cardinale Martini, la first lady dell´Azerbaijan. E in quell´occasione lancia l´ultima delle sue creature: il Quo Vadis, il centro di ricerca sulla longevità che dovrà permettere di vivere fino a 120 anni. A tutti, ma a cominciare dall´amico Silvio.
Ha scritto diversi libri (Pelle per pelle, Io e Cristo) e una delle frasi del Vangelo che preferisce e «chi è senza peccato scagli la prima pietra». Chi lo conosce bene dice che non ce la farà a entrare nell´ombra: la sua vita è stata tutta una conquista e il suo posto è sempre stato al comando. Ma stavolta non può aiutarlo nemmeno il suo angelo Raffaele, quello che non è riuscito a essere più alto della Madonnina.