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 2011  luglio 17 Domenica calendario

L ’ adrenalina gli scorre dentro sempre uguale, almeno da tremila anni: poco cambia se per colpa degli astragali, gli antenati dei dadi che spinsero Patroclo al delitto d’ira, o per via del poker truccato da Paul Newman coi suoi occhioni color azzurro-baro

L ’ adrenalina gli scorre dentro sempre uguale, almeno da tremila anni: poco cambia se per colpa degli astragali, gli antenati dei dadi che spinsero Patroclo al delitto d’ira, o per via del poker truccato da Paul Newman coi suoi occhioni color azzurro-baro. Un po’ parente degli dei e un po’ avanzo di paria, il vero giocatore -di carte ma anche di blackjack o roulette, di chemin o di qualsiasi altra diavoleria affidata al caso -cammina tra l’Iliade e la Stangata, arranca verso il paradiso in bilico sull’abisso, quasi sempre si schianta strada facendo e, qui sta il bello, lo sa e se ne infischia, o magari non può farci nulla. «Scusate, quest’ultima mano stava per uccidermi» , dice l’ennesimo 007 della saga in Casino Royale: ma poi c’è (quasi) sempre ad attenderlo una mano successiva, più sexy e micidiale della precedente. Poco cambia, dunque, immaginiamo, se da domani questo rimpiattino coi propri demoni non avverrà più nei fumosi circoli che hanno nutrito secoli di letteratura e decenni di produzione cinematografica, o nei retrobottega dell’azzardo malavitoso che hanno riempito migliaia di pagine di atti giudiziari. Poco cambia, supponiamo: il cuore balzerà comunque in gola a chi gioca rinchiuso nella propria stanzetta privata eppure immerso nell’immensa stanza virtuale delle piattaforme di cash game e di casinò, non meno insidiate da riciclatori e balordi. Il giocatore era e resta mitopoietico, un mito dannato e fascinoso che produce altri miti. Sicché si può prenderla dall’alto, come Dostoevskij: «Il gioco è una prova suprema per misurare se stessi» . O dal basso, come Lillo, il socio di Greg che alleggerisce la tensione delle partite tv di Pokeritalia24 con i suoi siparietti demenziali: «Il linguaggio, le pause, tutto fa spettacolo, e piccoli mostri crescono» . Vie e viottoli s’incrociano spesso in questo sistema di riferimenti che si parla addosso nei libri e nei film, nella cultura popolare e in quella alta, perché in fondo di questo è intessuta la nostra immaginazione. Piccoli mostri sonnecchiano in ciascuno di noi, uno dei motivi anche inconsapevoli di seduzione (e perdizione) sta lì, nella metamorfosi, tema letterario per eccellenza: il giocatore è un bozzolo, da travet diventeremo farfalle, salvo bruciarci le ali. Il «pollo da spennare» Santelia, l’indimenticabile Carlo Delle Piane in Regalo di Natale di Avati, si rivela alla fine gambler professionista lasciando di stucco noi e il povero Abatantuono sua vittima («(«cinquanta milioni? Per cinque...» ). La poco di buono Angie Dickinson di Un dollaro d’onore molla le carte truccate per amore di John Wayne («sono una stupida, non c’è altra spiegazione per restarti attorno» ) e si candida a mogliettina ideale dell’America anni Cinquanta. «Faccio la giocatrice d’azzardo e vi sorprenderò» , canta del resto Madonna, e non dite che non ci avevano avvertiti, nel bene e nel male. «Nessuna sorpresa, il poker è un gioco d’abilità. Ci vuole logica, matematica, mente elastica» , ha raccontato un giorno Filippo Candio, un ragazzo sardo che s’è dedicato alle carte dopo aver visto da adolescente Il Giocatore con Matt Damon, e in capo a qualche anno ha vinto tre milioni di dollari. «Qui l’azzardo non c’entra: a Hold’em, la versione texana del poker, devi fare duemila calcoli al minuto» , ci spiegava un altro professionista dei tavoli online, Mario Adinolfi. Un’agenzia efficiente come l’Agipro da anni raccoglie e snocciola stime e raffronti, percentuali e consuntivi, trasformando in scienza economica la tabe di ogni schiavo dell’azzardo. Perché è appunto nelle cifre, nell’idea di dominare il destino col calcolo, l’ossessione del giocatore. Pirandello nel Fu Mattia Pascal parlava di «certi disgraziati cui la passione del giuoco ha sconvolto il cervello nel modo più singolare: stanno lì a studiare il cosiddetto equilibrio delle probabilità... consultando appunti su vicende de’ numeri: vogliono insomma estrarre la logica dal caso, come dire il sangue dalle pietre» . Questa fisima di sedersi al tavolo con Dio, contandogli in tasca i numeri del futuro come in una cabala blasfema, può aver condotto il giocatore che «biscazza e fonde la sua facultade» nel secondo girone dell’Inferno di Dante, non a caso dalle parti dei suicidi. Ma sono naturalmente i russi, con la loro propensione al nichilismo e al cupio dissolvi, ad avere scandagliato a fondo quell’inferno. Dostoevskij, scrivendo alla moglie da Homburg (così assonante con la Roulettenburg del suo romanzo sul gioco terminato in 26 giorni per pagarsi i debiti al tavolo verde) affermava: «Nel gioco si può guadagnare tutto quello che si vuole, e questo senza alcun dubbio possibile» . Piero Citati ha spiegato che l’autore di Delitto e castigo vide nell’esaltazione dell’azzardo la sola immagine possibile da accostare alla letteratura. «Si può sconfiggere il caso bruto che si annida nel mondo» con mente fredda e attenta, controllando perfettamente la propria volontà, pensa Aleksej Ivanovic, che diventa così Il Giocatore, tramutandosi da mite precettore a ossesso della roulette. «Erano gli stessi pensieri di Raskol’nikov che prepara il proprio delitto» . Ecco ancora la metamorfosi, la venatura superomistica che ci fa assassini o ci affoga d’azzardo come suicidi. «Di carte è il mondo per me, un banco la vita» , scrive Michail Lermontov nel suo Ballo in maschera, inseguendo in fondo la vertigine che risucchia al tavolo da gioco l’Hermann della Dama di picche di Puskin: «Una forza misteriosa sembrava che ve lo attirasse... quest’attimo decise la sua sorte» . «Oggi Internet ti libera anche dal senso di colpa collegato all’azzardo, ti purifica perché tramuta quell’azzardo in un piccolo, banale gesto al computer» , medita il sociologo Mimmo De Masi, accorto studioso dell’immateriale. E forse in questa liberazione sta l’unico vero cambiamento di un copione altrimenti immutabile. Ma, per paradosso, sta anche la depauperazione da quel patrimonio di palpiti e sguardi, frasi memorabili e silenzi epici che ha nutrito interi filoni del cinema sulle due sponde dell’oceano. Provate, per esempio, a immaginare Bogart che trucca per buon cuore la roulette del Rick’s Café di Casablanca («prendete i soldi e non tornate più!» ) senza dardeggiare occhiate magnetiche tra le volute di fumo della sigaretta perché il Rick’s è diventato un triste casinò online. Magari non si può escludere che Mel Gibson incantasse Jodie Foster anche chattando online da un capo all’altro della città, ma è indiscutibile che trovarcisi fianco a fianco nel West violento e truffaldino di Maverick l’abbia aiutato quanto un full d’assi servito. Qualcosa cambia, eccome. «Giocate pure in ciabatte, se vi va» , invitano i promo dei casinò online. Ci toccherà dunque immaginare un nuovo alfabeto per film e libri che descrivano camere sfatte dove i più accaniti e incurabili ludopatici trascineranno dentro le pantofole un’adrenalina da sfogare in solitudine. «Smettemmo di giocare alle quattro del mattino» , scrive Carofiglio nel suo Il passato è una terra straniera: «Gli altri tavoli erano vuoti, quando ci alzammo; quasi tutte le luci erano spente e nell’aria aleggiava una nebbiolina grigiastra e inquietante» . Da domani non resta nemmeno la nebbiolina. Goffredo Buccini