Antonella Olivieri, Il Sole 24 Ore 17/7/2011, 17 luglio 2011
L’esca è stata gettata, ma le acque sono agitate e il pesce non abbocca. Telecom Italia media però, perlomeno in parte, è potenzialmente in vendita
L’esca è stata gettata, ma le acque sono agitate e il pesce non abbocca. Telecom Italia media però, perlomeno in parte, è potenzialmente in vendita. A Telecom, che non la considera core business, farebbe gioco deconsolidarla, scedendo almeno sotto il 51% dal 77,7% che si ritrova oggi dopo aver sottoscritto l’inoptato dell’ultimo aumento di capitale. A Telecom Italia media un partner industriale farebbe comodo per superare la barriera del 5% di share che forse consentirebbe a La 7 di agguantare il mai raggiunto breakeven. Ma chi può essere l’interlocutore? Un fondo di private equity è improbabile, perchè la società è in perdita e già abbastanza levereggiata. Gli ologopolisti Rai e Mediaset sono esclusi. Il virtuale identikit si adatterebbe solo alla figura di un operatore televisivo estero, interessato a entrare o a allargarsi in Italia, partendo da una base di share e di canali per trasmettere in digitale. Murdoch? Con lo scandalo delle intercettazioni scoppiato nel Regno unito, che l’ha costretto a chiudere la storica testata di gossip News of the World, ha probabilmente altro a cui pensare. Ma Sky Italia si è messa in lizza per aggiudicarsi un multiplex: non si è ancora capito per farne cosa, dal momento che finora la sua macchina da soldi è stata la pay-tv. Ad ogni modo, col mandato a Mediobanca di studiare soluzioni di "valorizzazione", la partita è aperta. Anche se probabilmente non finirà entro l’anno, come pronosticato dall’ad Gianni Stella che vede Telecom scendere al 37% con l’ingresso di un nuovo socio. Se davvero si materializzasse un pretendente, che offrisse di rilevare il 40% dalla compagnia telefonica, il nuovo azionista dovrebbe anche lanciare un’Opa sul flottante, ridotto a meno del 23%. Uno scenario speculativo che al momento non offre appigli concreti, tanto più nell’ottica di un miliardo di valorizzazione attribuita al potenziale venditore. Ti media in Borsa capitalizza meno di 300 milioni e nel primo trimestre aveva debiti netti per 146 milioni, già risaliti dal 2010 quando erano scesi a 115,5 milioni, ma solo grazie all’aumento di capitale da 240 milioni. È ancora in rosso per 54 milioni e, se tutto andrà bene, raggiungerà forse il pareggio a fine piano, nel 2013. Non paga dividendi dal 2006, quando aveva staccato la cedola solo grazie alle dismissioni, e sulla possibilità di distribuire utili, se ne farà, pende comunque la spada di Damocle dell’avviamento creato nell’ambito della fusione con La7 Televisioni cinque anni fa. Una posta-monstre che lo scorso anno ha portato la capogruppo a una perdita superiore al fatturato – 153 milioni di passivo su 116 di ricavi – dopo aver svalutato l’avviamento per 96 milioni (ancora resta un macigno di 105 milioni). Va dato atto però a Stella di non essersi fatto scoraggiare. E i risultati non sono mancati: nel 2008 il gruppo perdeva 57 euro ogni cento di ricavi, lo scorso anno "solo" 21. Fan poco testo i debiti, che hanno toccato un picco di 347 miliardi nel 2009, per scendere a 120 l’anno scorso grazie appunto alla ricapitalizzazione che ha convertito in equity i prestiti concessi dalla controllante Telecom. I debiti sono destinati a comunque a risalire perché il gruppo, nell’arco del triennio, ha da fare 180 milioni di investimenti che non è in grado di autofinanziare: 65 serviranno per l’operatore di rete in modo da completare il processo di digitalizzazione, 90 per i diritti tv. La buona notizia è che dal 2013 i multiplex (mux), i canali per trasmettere in digitale che sono in parte affittati a terzi, non avranno più bisogno di investimenti e sui relativi ricavi il margine potrà salire di una ventina di punti dal 46% dello scorso anno, sempre ammesso che il quadro concorrenziale resti immutato. Il piano al 2013 fa leva proprio sullo sviluppo dei tre multiplex esistenti (e sul quarto che si aggiungerà dal 2013) che sono già in utile (10 milioni l’Ebit dell’operatore di rete nel 2010). In prospettiva, per compensare l’arrivo di nuovi mux, si scommette sulla scarsità dell’offerta tecnologicamente indotta, dato che un multiplex ha spazio per cinque-sei canali in tecnica standard, tre in alta definizione e solo uno in 3 D. Nei contenuti, invece, mentre MTv è in attivo (5 milioni di Ebit nel 2010), La7 è in profondo rosso – Ebit negativo per 63 milioni – e senza innesti strategici perderà ancora nel 2013, anche se raggiungerà il 4% di share previsto. Il cammino tracciato prevedeva di aumentare i ricavi di gruppo al ritmo del 10% all’anno, arrivando a fine 2013 con un margine Ebitda del 22-25% che, tradotto in soldoni, vorrebbe dire un’ottantina di milioni. Detratti i circa 60 milioni di ammortamenti, che sono una costante, resterebbe un margine operativo netto di una ventina di milioni che, pagate le tasse, potrebbe forse consentire di raggiungere l’agognato breakeven. Il percorso ha incontrato però l’imprevisto di Dahlia che era partecipata al 10%, ma soprattutto affittava uno dei tre mux. La chiusura dell’emittente ha imposto infatti uno stop al programma, costringendo Ti media a uno sforzo aggiuntivo per compensare gli 8 milioni di Ebitda venuti meno e mantenere quest’anno i risultati del precedente. Il piano d’emergenza per il 2011 ha già raggiunto l’obiettivo, grazie ai maggiori introiti pubblicitari e agli ulteriori risparmi di costi sul palinsesto di La7. Per incentivare la raccolta pubbicitaria, il contratto con Cairo era stato rinegoziato due volte. Nella prima versione c’era una commissione secca del 30%. Da fine 2008 c’è un minimo garantito di 120 milioni lordi che, detratto il 30%, significa 84 milioni per Ti media, con la fee che sale al 50% sulla raccolta incrementale. Dopo l’arrivo di Enrico Mentana – che ha portato lo share del tg serale all’8,2% – si è concordato che il minimo garantito sarebbe salito in proporzione all’aumento dell’audience, con fee maggiorata al 50% e contratto rinnovabile fino al 2019, fatta salva la facoltà per Ti media di dare disdetta nel giro di 30 giorni in caso di inadempienza della concessionaria. Quantificando, per ogni punto di share addizionale, arriverebbero 25 milioni di ricavi pubblicitari lordi in più quest’anno, circa 40 nel 2012. Il risparmio dei costi è stato realizzato invece in presenza di un aumento dello share di La7 che è oggi del 3,66% contro il 2,8% di dodici mesi fa. Lo scorso anno la media era del 3,09%, aumentata in controtendenza dal 3,02% del 2009, mentre le sei reti generaliste di Rai e Mediaset hanno perso complessivamente 4 punti scendendo al 73,9%. Miracoli della contrattualistica, cui non sfugge lo stesso Mentana, che di fisso è remunerato "solo" 320mila euro all’anno, ma con la parte variabile, legata ai riscontri di pubblico, è tornato a guadagnare quanto prima.