
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
C’è una questione Tremonti nel governo. Possiamo riassumerla così: il ministro dell’Economia tiene i cordoni della borsa molto stretti, i suoi alleati di governo vorrebbero che cominciasse ad allargarli. Ci sono le elezioni regionali tra pochi mesi, c’è il Sud che preme e rischia di dar corpo a un partito semi-scissionista, ci sono i piccoli imprenditori sul piede di guerra. Un’indagine di Confindustria resa nota ieri denuncia sofferenze per due terzi delle piccole e medie imprese, assediate dalla caduta degli ordini e dalla resistenza delle banche a far loro credito. Il Corriere della Sera ha raccontato del progetto di far nascere un movimento politico «esclusivamente delle piccole e medie imprese al fine di essere tutelati con propri rappresentanti all’interno del Parlamento italiano ed europeo». Girano in rete idee del genere e a quanto pare stanno raccogliendo parecchi consensi. La Confindustria, che fino ad oggi ha rappresentato anche questo segmento imprenditoriale, è naturalmente preoccupata.
• Quindi quelli che nel governo vogliono spendere hanno ragione.
Tremonti ha dalla sua un paio di argomentazioni difficili da demolire: il debito pubblico ha superato i 1750 miliardi e per rimborsare ogni mese tutti coloro che hanno prestato questi soldi bisogna emettere Bot e altri certificati finanziari. Questi nuovi titoli godono di un certo giudizio delle agenzie internazionali, giudizio che si basa proprio sulle linee di politica economica di volta in volta espresse dal governo. Un abbassamento di questo giudizio, o rating , può rendere il mercato più freddo rispetto alle nostre emissioni, che oltre tutto sono in concorrenza con una quantità impressionante di carta messa in circolazione dagli altri Stati, a loro volta bisognosi di far cassa. Tremonti, praticando la cosiddetta politica del rigore, tiene relativamente tranquilli i mercati e fa sì che i titoli pubblici italiani continuino a essere comprati senza apprezzabili aumenti degli interessi. C’è poi l’Europa, che considera la crisi in via di soluzione e ha ricominciato a pretendere che gli Stati vigilino sui conti. Non ho bisogno di dirle che da questo punto di vista l’Italia è un sorvegliato speciale.
• Perciò ha ragione Tremonti.
D’altra parte, oltre al mero calcolo elettorale, ci sono ricette economiche alternative a quella di Tremonti. Per esempio, qualche giorno fa Draghi ha detto che bisogna alzare l’età pensionabile per trovare i soldi necessari a estendere la protezione della cassa integrazione e dei contratti di solidarietà e per distribuire pensioni più sostanziose a chi si ritira. Tremonti ha risposto elogiando il posto fisso, un modo – diciamo così – per spostarsi a sinistra. Intanto su Internet prendeva a circolare un documento non si sa quanto falso in cui si presentava al ministro una piattaforma in dieci punti: tagli alle tasse (Irap compresa), innalzamento dell’età pensionabile, investimenti pubblici, centrali nucleari, rilancio dell’edilizia, taglio dei costi della politica, ripresa del dialogo con le banche e rinuncia, perciò, alla Banca del Mezzogiorno, riforme. I bene informati sostengono che il documento è stato preparato ai piani alti del Pdl.
• Ma se è falso…!?
Certi documenti non circolano su Internet senza un motivo. E Tremonti lo sa benissimo. Il gioco però s’è fatto veramente duro quando sono arrivate due dichiarazioni di Berlusconi. La prima, mercoledì: Tremonti ha ragione sul posto fisso. La seconda, giovedì: taglieremo progressivamente l’Irap, fino a farla sparire del tutto.
• Che cos’è l’Irap?
Una tassa che riunisce una serie di vecchie gabelle, produce 40 miliardi di entrate per il fisco e, per un suo meccanismo interno che sarebbe lungo spiegare, stanga le aziende in base al numero dei suoi dipendenti: chi ha più personale paga di più, indipendentemente dal conto economico dell’anno. Dire che si tratta di un’imposizione iniqua è dire poco. Ma d’altra parte, dove trovare i 40 miliardi che verrebbero meno tagliandola? Si dice che Berlusconi, una settimana fa, abbia strillato: «Giulio i soldi li deve trovare!». Il ministro, dopo la dichiarazione sull’Irap, fatta a sua insaputa, ha chiesto un faccia a faccia col Cav. E ieri mattina ha disertato il consiglio dei ministri.
• Il faccia a faccia c’è stato?
Finora no. Ieri Berlusconi s’è trattenuto in Russia, accampando la scusa di una tempesta di neve (inesistente). Poi è arrivato a Milano. Ritardare la spiegazione significa dar tempo alle diplomazie di smussare gli angoli. Bossi ha fatto sapere che Tremonti non si tocca. E il ministro del Tesoro nel pomeriggio ha rilasciato una dichiarazione secondo cui le chiacchiere sulle sue dimissioni sono fantasie senza costrutto. Insomma, le diplomazie sono al lavoro, ma il passaggio è piuttosto difficile. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 24/10/2009]
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