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 2009  ottobre 24 Sabato calendario

C’è una questione Tremonti nel governo. Possiamo riassumerla così: il ministro dell’Economia tiene i cordoni della borsa mol­to stretti, i suoi alleati di gover­no vorrebbero che cominciasse ad allargarli

C’è una questione Tremonti nel governo. Possiamo riassumerla così: il ministro dell’Economia tiene i cordoni della borsa mol­to stretti, i suoi alleati di gover­no vorrebbero che cominciasse ad allargarli. Ci sono le elezioni regionali tra pochi mesi, c’è il Sud che preme e rischia di dar corpo a un partito semi-scissio­nista, ci sono i piccoli imprendi­tori sul piede di guerra. Un’in­dagine di Confindustria resa no­ta ieri denuncia sofferenze per due terzi delle piccole e medie imprese, assediate dalla caduta degli ordini e dalla resistenza delle banche a far loro credito. Il Corriere della Sera ha rac­contato del progetto di far na­scere un movimento politico «esclusivamente delle piccole e medie imprese al fine di essere tutelati con propri rappresen­tanti all’interno del Parlamen­to italiano ed europeo». Girano in rete idee del genere e a quan­to pare stanno raccogliendo pa­recchi consensi. La Confindu­stria, che fino ad oggi ha rappre­sentato anche questo segmento imprenditoriale, è naturalmen­te preoccupata.

Quindi quelli che nel governo vo­gliono spendere hanno ragione.
Tremonti ha dalla sua un paio di argomentazioni difficili da de­molire: il debito pubblico ha su­perato i 1750 miliardi e per rim­borsare ogni mese tutti coloro che hanno prestato questi soldi bisogna emettere Bot e altri certi­ficati finanziari. Questi nuovi ti­toli godono di un certo giudizio delle agenzie internazionali, giu­dizio che si basa proprio sulle li­nee di politica economica di vol­ta in volta espresse dal governo. Un abbassamento di questo giu­dizio, o rating , può rendere il mercato più freddo rispetto alle nostre emissioni, che oltre tutto sono in concorrenza con una quantità impressionante di car­ta messa in circolazione dagli al­tri Stati, a loro volta bisognosi di far cassa. Tremonti, praticando la cosiddetta politica del rigore, tiene relativamente tranquilli i mercati e fa sì che i titoli pubblici italiani continuino a essere com­prati senza apprezzabili aumen­ti degli interessi. C’è poi l’Euro­pa, che considera la crisi in via di soluzione e ha ricominciato a pretendere che gli Stati vigilino sui conti. Non ho bisogno di dir­le che da questo punto di vista l’Italia è un sorvegliato speciale.

Perciò ha ragione Tremonti.
D’altra parte, oltre al mero calco­lo elettorale, ci sono ricette eco­nomiche alternative a quella di Tremonti. Per esempio, qualche giorno fa Draghi ha detto che bi­sogna alzare l’età pensionabile per trovare i soldi necessari a estendere la protezione della cassa integrazione e dei contrat­ti di solidarietà e per distribuire pensioni più sostanziose a chi si ritira. Tremonti ha risposto elo­giando il posto fisso, un modo – diciamo così – per spostarsi a si­nistra. Intanto su Internet pren­deva a circolare un documento non si sa quanto falso in cui si presentava al ministro una piat­taforma in dieci punti: tagli alle tasse (Irap compresa), innalza­mento dell’età pensionabile, in­vestimenti pubblici, centrali nu­cleari, rilancio dell’edilizia, ta­glio dei costi della politica, ripre­sa del dialogo con le banche e ri­nuncia, perciò, alla Banca del Mezzogiorno, riforme. I bene in­formati sostengono che il docu­mento è stato preparato ai piani alti del Pdl.

Ma se è falso…!?
Certi documenti non circolano su Internet senza un motivo. E Tre­monti lo sa benissimo. Il gioco pe­rò s’è fatto veramente duro quan­do sono arrivate due dichiarazio­ni di Berlusconi. La prima, merco­ledì: Tremonti ha ragione sul po­sto fisso. La seconda, giovedì: ta­glieremo progressivamente l’Irap, fino a farla sparire del tutto.

Che cos’è l’Irap?
Una tassa che riunisce una serie di vecchie gabelle, produce 40 miliardi di entrate per il fisco e, per un suo meccanismo interno che sarebbe lungo spiegare, stan­ga le aziende in base al numero dei suoi dipendenti: chi ha più personale paga di più, indipen­dentemente dal conto economi­co dell’anno. Dire che si tratta di un’imposizione iniqua è dire po­co. Ma d’altra parte, dove trova­re i 40 miliardi che verrebbero meno tagliandola? Si dice che Berlusconi, una settimana fa, ab­bia strillato: «Giulio i soldi li de­ve trovare!». Il ministro, dopo la dichiarazione sull’Irap, fatta a sua insaputa, ha chiesto un fac­cia a faccia col Cav. E ieri matti­na ha disertato il consiglio dei ministri.

Il faccia a faccia c’è stato?
Finora no. Ieri Berlusconi s’è trattenuto in Russia, accam­pando la scusa di una tempesta di neve (inesistente). Poi è arri­vato a Milano. Ritardare la spie­gazione significa dar tempo al­le diplomazie di smussare gli angoli. Bossi ha fatto sapere che Tremonti non si tocca. E il ministro del Tesoro nel pome­riggio ha rilasciato una dichia­razione secondo cui le chiac­chiere sulle sue dimissioni so­no fantasie senza costrutto. In­somma, le diplomazie sono al lavoro, ma il passaggio è piutto­sto difficile. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 24/10/2009]