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 2009  ottobre 24 Sabato calendario

IL MESTIERE DI SPIA, PER VOCE ARANCIO


CAVALIERI La moglie di Dubcek, leader della Primavera di Praga, dopo la caduta in disgrazia del marito era continuamente pedinata da agenti segreti. Un giorno che la seguivano mentre portava due pesanti borse della spesa, si voltò e disse: «Datemi una mano! Siate cavalieri!».

BRUTTI «James Bond è uno stereotipo da cinema. Lo 007 reale è bassetto, stempiato, magari con un filo di pancia. Ma molto sveglio» (Francesco Grignetti, autore di Professione spia - Dal fascismo agli anni di piombo cinquant’anni al servizio del Kgb).

INFAMI «Da sempre le persone utilizzate dai Servizi di intelligence sono astute, intelligenti, colte, ma anche spregiudicate, ciniche, immorali, ingannatrici. L’agente segreto, la spia, è sempre rimasto nella considerazione dell’opinione pubblica come l’infame della società» (Marco Cannavicci, psichiatra militare, direttore della Sezione di psicologia militare del Ministero della Difesa).

NUMERI 1 «Agli inizi degli anni Ottanta la comunità spionistica mondiale è composta da almeno un milione e 250 mila persone, di cui 150 mila statunitensi. Un’organizzazione colossale che in quegli anni costa agli Stati una cifra superiore ai 17 miliardi e mezzo di sterline, equivalenti a 40 mila miliardi di vecchie lire l’anno. Solo la Cia pesa sulle casse del governo di Washington un miliardo e mezzo di dollari all’anno» (Emilio Randacio, Una vita da spia).

NUMERI 2 Fare un bilancio preciso dell’attività spionistica italiana è molto difficile: gli atti, i numeri, sono coperti dal segreto di Stato. Dal dopoguerra «possiamo ritenere che gli infiltrati o gli informatori che hanno lavorato per i nostri apparati – anche tralasciando il piccolo informatore di quartiere - siano nell’ordine delle migliaia» (Gianni Cipriani, Lo Stato invisibile).

NUMERI 3. Dopo la riforma dei Servizi dell’agosto 2007 il Sisde è diventato Aisi (Agenzia Informazioni e Sicurezza Interna), il Sismi è diventato Aise (Agenzia Informazioni e Sicurezza Esterna). «Tra Aisi, Aise e Dis (il Dipartimento per le informazioni per la sicurezza che coordina Aisi e Aise) si contano circa 5-6 mila persone» (Marco Cannavicci).

STIPENDI Quanto guadagnano gli 007 italiani? «Tra lo stipendio e l’indennità un agente prende 3-4 mila euro al mese, un capo divisione 8 mila, i vertici oltre 10 mila» (Marco Cannavicci).

CAMPI D’AZIONE Oggigiorno quali sono i campi d’azione più importanti dei servizi segreti italiani? «L’Aise tiene d’occhio le minacce che possono arrivare all’Italia dall’estero: in particolare traffico d’armi, droga, attentati terroristici, immigrazione clandestina. L’Aisi controlla e protegge il territorio italiano soprattutto per quel che riguarda attentati terroristici, insurrezioni, criminalità organizzata. In generale, i Servizi (sia Aise che Aisi) proteggono tutti gli interessi italiani, compresi quelli scientifici e industriali (evitando che gli stranieri rubino o copino i nostri brevetti) e quelli economici (ad esempio controllando le aree dove ci approvvigioniamo di gas e petrolio). Se una minaccia – ad esempio un terrorista - si sposta dall’estero in Italia, la competenza passa automaticamente dall’Aise all’Aisi». Perché i Servizi nel 2007 hanno cambiato nome? «In America la Cia fa spionaggio all’estero, l’Fbi all’interno. Stessa cosa succede negli altri Paesi: ci sono i Servizi per l’interno, e quelli che operano in territori stranieri. Con la riforma del 2007, anche i Servizi italiani sono stati distinti in base alle competenze territoriali». Dove agisce l’Aise? «Soprattutto In Afghanistan, Libano e Africa centrale e settentrionale, dove i nostri uomini sono in missione di pace. Il campo di azione dell’Aise riguarda esclusivamente l’Europa, il bacino del Mediterraneo, l’Asia. Per il resto del pianeta c’è un ottimo collegamento con i servizi stranieri. Solo gli americani, i russi, i francesi e gli inglesi fanno spionaggio in tutto il mondo» (Marco Cannavicci).

ESPLORATORI E ANALISTI Gli agenti segreti fanno tutti lo stesso lavoro? «No. Sul campo ci sono gli agenti operativi, quelli che il Kgb chiamava gli ”esploratori”, le spie che pur di ottenere le informazioni bluffano, mentono, si infiltrano, rubano, minacciano, seducono, corrompono … E ci sono gli analisti, le teste pensanti. Gente che lavora in ufficio e che, con le informazioni ricevute dagli agenti operativi, cioè gli esploratori, crea un ipotetico scenario di minaccia. Quando lo scenario ipotetico – dopo analisi varie - è ritenuto verosimile (ad esempio si pensa che in un certo posto stia per scattare un atto terroristico) il lavoro passa a carabinieri o polizia» (Marco Cannavicci).

VITA DA SPIA «Fino a qualche anno fa ero un ufficiale dell’esercito. Ora sono un agente segreto». Come ha fatto a entrare nei Servizi? «Un giorno mi ha telefonato un colonnello con cui avevo lavorato in passato che mi ha dato appuntamento in un bar nel centro di Roma, per un caffè. Tra una chiacchiera e l’altra mi ha svelato di cosa si occupava e mi ha proposto di entrare nei Servizi, lasciandomi un po’ di tempo per decidere: la mia vita, se avessi detto sì, avrebbe subito un cambiamento radicale. Ho accettato, ed è iniziata la procedura di transito: il mio status precedente è stato congelato (non avevo più un tesserino militare, la carriera è stata bloccata), e sono stato messo a disposizione della presidenza del Consiglio. Consultandomi col mio superiore ho scelto un nome in codice, poi mi è stato dato il primo incarico: dovevo entrare in contatto con gli addetti militari di ambasciate e consolati presenti in tutta Italia, farci amicizia, scoprire tutto di loro (dagli studi alla famiglia) per poi aggiornare le loro schede. Gli addetti militari delle ambasciate, infatti, in genere svolgono attività di intelligence. E così, fingendo di essere un giornalista che si occupava di cultura e commercio, di cronaca e di politica del loro Paese, sono entrato in confidenza con tutti: all’inizio facevo vedere agli addetti non solo militari ma anche commerciali e culturali i miei scritti, chiedevo un loro parere. Poi li invitavo a pranzo, a una mostra se avevano la passione per l’arte, e così via». Perché ha accettato di abbandonare la carriera militare per fare lo 007? Ha subito il fascino del personaggio dipinto nei film di James Bond? «Il fascino del personaggio non ha avuto alcun rilievo, visto che non posso svelare a nessuno quello che faccio. Semmai mi affascinava l’idea di svolgere un’attività da poter gestire in prima persona: non ho un cartellino da timbrare, incontro tanta gente, e sono libero nei movimenti. Anche se, naturalmente, devo stilare dei rapporti periodici e portare a casa risultati. Ma fondamentalmente ho accettato l’incarico per spirito di servizio. Facendo l’agente operativo la mia attività è ancora più centrata sulla difesa della sicurezza e delle istituzioni». Se si stufasse potrebbe tornare indietro? «Certo. Gli agenti operativi – a differenza degli analisti - fanno una vita molto stressante. E molti a un certo punto decidono di tornare al più tranquillo lavoro precedente». Lei è sposato? «Sono single, come la maggior parte degli operativi. Gli agenti segreti, non potendo dire a nessuno, neanche ai familiari, la natura del proprio lavoro, avrebbero difficoltà a giustificare brusche assenze o rapide uscite da casa nel cuore della notte. E poi i familiari, i figli soprattutto, sarebbero un facile elemento di condizionamento, potendo essere minacciati e ricattati da altri» (un agente segreto dell’Aisi).

ANNUNCI In Inghilterra le due principali agenzie di intelligence, MI5 e MI6, per trovare nuovi talenti mettono avvisi di ricerca personale su Times ed Economist, fanno campagne pubblicitarie sulla Bbc, reclutano attraverso i loro siti Internet e hanno anche autorizzato alcuni agenti a parlare alla radio dei vantaggi del mestiere (unica avvertenza: le loro voci vengono distorte per non renderle riconoscibili).

QUIZ Sul sito dell’MI6 (www.mi6.gov.uk) c’è un test dedicato a chi vuol scoprire se ha la stoffa dello 007. Si clicca su ”Careers” e poi su ”Operational officers” e ci si trova – naturalmente sotto falso nome - in un fantomatico paese battezzato Transeuratania, per la precisione nel miglior albergo della capitale Metropoligrad, dove «il cibo non è granché, a differenza del caffè, che costa meno di uno scellino...». 

In due minuti bisogna memorizzare tutte le informazioni di copertura e poi proseguire con il test: tempo per le risposte 10 secondi, «dopodiché la finestra si chiude e se non si è data la risposta giusta è meglio lasciar perdere e cercarsi un posto in banca. Che peraltro, magari è più vantaggioso, perché lo stipendio iniziale dei circa 2 mila agenti dell’MI6 e dei 4 mila dell’MI5 è sulle 27 mila sterline l’anno. Lo champagne se lo può permettere solo James Bond» (Guido Santevecchi sul Corriere della Sera).

ARRUOLAMENTO Come si entra nei Servizi italiani? «Con la riforma del 2007, in teoria, i Servizi potrebbero assumere anche dal mondo civile (civile inteso come fuori dalla Pubblica Amministrazione). Se serve una figura con una competenza specifica, la presidenza del Consiglio può indire un concorso con cui cercare – naturalmente senza specificare la destinazione nei Servizi - quella determinata figura. In verità, fino ad oggi, di concorsi per reclutare agenti operativi dal mondo civile non c’è n’è stato neanche uno. Il fatto è che, con la riforma del 2007, sono cambiati anche i direttori di Aisi e Aise, che si sono portati appresso il loro personale di fiducia. Quindi, per ora, l’organico è al completo». Ammesso che i servizi volessero reclutare dei civili, cosa deve fare un’aspirante spia per rendersi appetibile? «I servizi hanno le antenne, se gli interessi ti scovano, sono come cacciatori di teste. Il modo migliore per essere contattato è avere una competenza in qualcosa che possa interessare ad Aisi o Aise. E avere visibilità. Tuttavia, se uno possiede competenze interessanti ma si mette troppo in mostra, già non va più bene: l’agente segreto deve essere discreto, riservato, tranquillo, non appariscente. Insomma: anonimo. Tanto più è grigio e bruttino, meglio è». Quali sono le competenze che al momento interessano di più? «La conoscenza delle lingue slave e arabe; l’uso delle tecnologie; le conoscenze scientifiche, economiche e sociali. Ora la vera intelligence non la fa chi raccoglie informazioni sul campo. La fa l’analista». Non esiste proprio alcun punto di riferimento per gli aspiranti 007? «Ai convegni e ai master sull’intelligence in genere c’è sempre qualche orecchio dei servizi: un po’ per sentire cosa si dice, un po’ per capire chi c’è». Prossimi appuntamenti del genere? «Io, il 14 novembre, organizzo a Roma un convegno, sotto la direzione del criminologo Francesco Sidoti, su ”Intelligence e sicurezza del cittadino” (i dettagli sul sito www.crimelist.it). Ma, sinceramente, devo dire che chi partecipa a un convegno o a un master non ha alcuna garanzia di essere poi contattato dai servizi». Perché in Italia è tutto così complicato, mentre la Cia e i Servizi inglesi arruolano agenti addirittura online? «Perché da noi c’è ancora una cultura del segreto Ottocentesca, mentre altri Paesi, specie del mondo anglosassone, restringono il concetto di segretezza solo a ciò che è davvero necessario tenere nascosto. I servizi russi, che come noi hanno una formazione militare, prendono gli agenti soprattutto fra militari e poliziotti. I Servizi inglesi, invece, non hanno quasi nessun militare e poliziotto: il 99 per cento degli agenti li reclutano nelle Università, scegliendo le menti più intelligenti e vivaci. E hanno addirittura creato, a Nord di Londra, un’Università di formazione dell’intelligence, ”Bletchley Park”». Anche il Mossad recluta tutti? «Sì. Un po’ perché in Israele tutti sono militari o militarizzati. Un po’ perché – diversamente da noi – hanno fiducia nelle loro selezioni e sono certi di non tirarsi dentro un infiltrato» (Marco Cannavicci).

FILM Sulle spie sono stati girati tanti film. Qual è il più verosimile? «L’unico che riporta in modo abbastanza fedele il ruolo e l’attività di un analista è ”I tre giorni del condor” con Robert Redford. Tutto il resto, a partire da James Bond, per finire all’attuale Raoul Bova, è solo banale mistificazione». Di James Bond non salva proprio nulla? «Solo mister ”Q”, lo scienziato pazzo che inventa la penna che spara o l’anello che fa le foto».

GADGET Tra gli strumenti più celebri a disposizione degli agenti segreti: l’ombrello spara-veleno (usato da un agente del Kgb, nel 1978, per assassinare il dissidente bulgaro Georgi Markov), il microfono-oliva (con antenna travestita da stecchino) da piazzare nei cocktail per registrare conversazioni nell’arco di 10 metri.