Stefano Folli, La Stampa, 24/10/09, 24 ottobre 2009
ADESSO LA LEGA TEME IL TAGLIO DRASTICO ALLA SANITA’ LOMBARDA
Il tam tam su Tremonti seccato e tentato dalle dimissioni non accenna a scemare, ma ieri, con Berlusconi bloccato a San Pietroburgo è stata tutto sommato una giornata di attesa. Il partito della spesa certo ha segnato un punto nella Conferenza Stato-Regioni, con il varo del piano nazionale per la sanità che prevede, già per quest’anno, interventi per tre miliardi di euro (otto nel triennio). Letta, conciliante, ha spiegato che l’annuncio del taglio dell’Irap impegna il governo, ma non vuol dire che sarà fatto domani. Tremonti, irridente, ha replicato che si farà quando sarà realmente efficace il federalismo fiscale: come dire non prima di qualche anno.
Dietro questa schermaglia, che può preludere a uno scontro aperto, o a una trattativa per un compromesso, c’è però una questione reale che i leghisti hanno tirato fuori senza remore e con il loro abituale linguaggio crudo. Oltre a favorire le grandi aziende (ciò che Bossi non può accettare), perché l’Irap è legata al numero dei dipendenti, un taglio, anche progressivo, dell’imposta - che da sola serve a finanziare un terzo della Sanità italiana -, costringerebbe le Regioni a una ristrutturazione dei costi di ospedali e cliniche appaltatrici del servizio pubblico. Una delle Regioni più colpite sarebbe la Lombardia. Di fronte a una riduzione dei trasferimenti di fondi da parte dello Stato la regione simbolo del Nord, ancorché non da sola, si vedrebbe costretta a imporre ticket per garantire il funzionamento del sistema. Così, come in una beffa, le tasse tagliate a Roma risorgerebbero per incanto a Milano.
Questo spiega perché il leghista Garavaglia, parlando ieri a Radio Padania , abbia obiettato «che non si può tagliare l’Irap anche alle banche e alla Fiat, rischiando di ridimensionare i fondi destinati alla Sanità del Nord. Tremonti - ha aggiunto - ha ragione a sostenere che riforme così si potranno fare solo quando ci sarà il federalismo».
In altre parole, la Lega antistatalista e avversaria dei dipendenti pubblici e del posto fisso a Roma e nel Sud, lo è molto meno, anzi non lo è affatto, nel proprio territorio e nei confronti dei propri elettori. Al posto del taglio dell’Irap, che andrebbe direttamente a vantaggio di Berlusconi e del suo rapporto con gli elettori, il Carroccio propone una sorta di esenzione, che consentirebbe ai privati, per esempio, di autoridursi l’Iva in misura corrispondente ai cali di imposta previsti dal programma del centrodestra. E quanto alle necessità rappresentate dai ministri meridionali Fitto e Prestigiacomo, che più esplicitamente hanno contestato Tremonti, invece di chiedere ancora soldi allo Stato, provvedano piuttosto a far ristrutturare l’elefantiaca burocrazia del Sud.
Con queste premesse la possibilità, non di un accordo, ma di un punto di incontro, tra le due anime del governo, non è alle viste. Ma neppure una rottura.
Chissà per quali ragioni diplomatiche Berlusconi ha preferito prolungare il suo soggiorno in Russia e sottrarsi a un consiglio dei ministri nel quale probabilmente la guerra dell’Irap sarebbe riesplosa. L’annuncio del taglio della tassa che nei progetti del premier doveva servire a dare una mossa al quadro politico, a riavvicinare il governo a Confindustria e a ricreare sintonia tra il centrodestra e il blocco sociale dei suoi elettori, particolarmente sensibili alle riforme fiscali, sta diventando in modo imprevisto un ginepraio molto complicato, nel quale ognuno si batte convintamente per le proprie ragioni, senza preoccuparsi di accentuare le ormai sempre più evidenti divisioni.