
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Dopo parecchi giorni di dibattito, possiamo affermarlo con sicurezza: fatta eccezione per Berlusconi e per la Lega, tutti sono contrari alle gabbie salariali. Sindacati, confindustria, partiti di destra e partiti di sinistra.
• Che cosa s’intende, esattamente, per “gabbie salariali”?
Che non tutti guadagnano allo stesso modo, pur facendo lo stesso lavoro. Nel nostro caso: se tu vivi al Sud devi guadagnare di meno perché al Sud la vita è meno cara. Gliela dico rozzamente per farle capire senza tanti fronzoli il succo della questione.
• Quindi, per esempio, io faccio il ragioniere in un’azienda del Nord che ha anche una filiale al Sud. Mi trasferiscono nella filiale e per questo solo fatto il mio stipendio viene tagliato?
Senta, non mi faccia entrare nei dettagli, perché i dettagli di quest’idea non li conosce nessuno. Prima di tutto l’espressione “gabbie salariali” fa parte del repertorio della Lega, che tira fuori quelle due parole quando vuol attirare l’attenzione. Per dire, guardando il mio archivio ho trovato una dichiarazione di Rosy Mauro del 15 aprile 2008, subito dopo la vittoria del centro- destra alle elezioni: «Basta con la Triplice, siamo nelle fabbriche, al fianco dei lavoratori. E vogliamo le gabbie salariali». Bossi, sabato scorso a Pontida, l’ha detta così: «Gli stipendi qui al Nord sono troppo bassi. Invece di dare tanti soldi allo Stato bisogna metterli in busta paga. La vita al Nord è più cara che al Sud. Questa estate la Lega si batterà per i salari legati al costo della vita». Su questa frase due osservazioni: Bossi non dice che bisogna abbassare gli stipendi al Sud, ma che bisogna alzarli al Nord. Seconda osservazione: «I salari legati al costo della vita» ce li avevamo con la famosa indennità di contingenza. C’è stato un tempo, cioè, in cui periodicamente i nostri stipendi venivano aggiornati in base all’indice del costo della vita, calcolato dall’Istat. Si scoprì poi che in questo modo l’indennità di contingenza (o scala mobile) alimentava a sua volta l’inflazione e che nel tempo la differenza tra stipendi più alti e stipendi più bassi tendeva a sparire. Sicché alla fine non conveniva fare lavori di troppa responsabilità o fatica. Craxi tagliò 4 punti nel 1984, l’anno dopo Berlinguer tentò di reintrodurli con un referendum e fu battuto. Nel 1992 il governo di Guliano Amato d’accordo con i sindacati abrogò definitivamente la scala mobile.
• Se capisco il ragionamento di Bossi, si tratterebbe in questo caso di reintrodurre non una, ma tante contingenze. Magari una per ogni Regione?
Così parrebbe anche da quello che ha detto in seguito Berlusconi al Mattino di Napoli: «Quanto alle gabbie salariali tutti condividono l’esigenza di rapportare retribuzione e costo della vita al territorio. Legare i salari ai diversi livelli del costo della vita fra Sud e Nord risponde a criteri di razionalità economica e di giustizia». Senonché sono tutti contrari, e la verità forse sta in una dichiarazione di Calderoli che corregge sue uscite precedenti sulle gabbie: «La mia proposta è che la contrattazione nazionale sulla busta paga sia relativa solo al minimo garantito e che poi abbia un forte peso la contrattazione regionale basata sul potere reale d’acquisto e nel contempo su quella flessibilità indispensabile al mondo delle imprese». Qui forse ci siamo.
• In che senso?
Lo scorso 22 gennaio il governo e i sindacati, con l’eccezione della Cgil, hanno firmato un accordo per una nuova forma di contratto che dia grande valore alla contrattazione decentrata (territoriale o aziendale) rispetto alla contrattazione nazionale, incaricata di stabilire i minimi salariali e le parti normative. Questa intesa è stata ribadita il 15 aprile in un documento sottoscritto tra sindacati – essendo sempre contraria la Cgil – e Confindustria. Qui è prevista la possibilità di forti deroghe alle intese nazionali, motivate da particolari situazioni territoriali o aziendali o magari dalla volontà di attirare investimenti o di conquistare mercati. su questo complesso di intese già in atto che forse il governo vuole intervenire, incoraggiandone l’applicazione magari con qualche meccanismo fiscale.
• Si può fare tutto questo senza il sindacato più grande?
Ieri Fassino, in un’intervista al Corriere, ha invitato Epifani a sedersi nuovamente al tavolo. I problemi esistono, comunque vogliano rappresentarli Bossi, Berlusconi o la Cgil. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 12/8/2009]
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