Sissi Bellomo, Il Sole-24 Ore 12/8/2009;, 12 agosto 2009
DAL BRASILE IMPOSSIBILE COMPENSARE IL DEFICIT
Gli speculatori anche stavolta ci hanno messo lo zampino. Ma se proprio si vuole individuare un colpevole per i record dello zucchero, bisogna puntare il dito contro un’entità ancora più inafferrabile: Giove Pluvio,che da troppo tempo trascura le campagne dell’India, riversando invece acqua a catinelle sulle piantagioni di canna del Brasile.
Qualche settimana fa si sperava ancora che il monsone potesse graziare almeno il prossimo raccolto indiano, dopo il crollo di produzione di oltre il 40% nel 2008-09, che sta costringendo New Delhi – un tempo esportatore netto – ad importare almeno 2,5 milioni di tonnellate di zucchero. Ma la siccità si sta addirittura aggravando e gli analisti si aspettano ora addirittura un raddoppio dell’import nella prossima stagione.Nel frattempo si è attenuata anche la speranza che il Brasile possa raddrizzare l’equilibrio mondiale tra domanda e offerta: il sole è tornatoa brillare sugli stati del centro-sud, cuore della produzione saccarifera del paese sudamericano, ma le precipitazioni nei mesi di giugno e luglio sono state torrenziali, rallentando i raccolti e compromettendone la qualità. Per questo motivo – oltre che per l’incapacità dell’industria brasiliana a convertire in zucchero, piuttosto che in etanolo, più del 43% della canna – Brasilia sarà costretta a ridimensionare le sue attese sull’output. Secondo Luiz Carlos Correa Carvalho, direttore della società di consulenza Canaplan, la stima iniziale di 32-33 milioni di tonnellate di zucchero dovrà essere tagliata «come minimo di un milione di tonnellate ». India e Brasile, rispettivamente il primo consumatore e il primo produttore di zucchero, sarebbero solo la punta di un iceberg. Per l’International Sugar Organization (Iso) nel 2009-10 si verificherà un deficit di offerta di 5 milioni di tonnellate, a livello globale. Ma potrebbe anche andare peggio. Secondo Czarnikow, uno dei maggiori trader di questa materia prima, la scarsità di zucchero sarebbe evidente in molte aree del mondo, tra cui anche la Cina, l’Europa e gli Stati Uniti, e le scorte globali sarebbero già oggi molto più basse di quanto comunemente stimato: 20 anziché 30-70 milioni di tonnellate (grezzo). Di fronte a un quadro del genere non stupisce che i fondidi investimento si siano buttati a capofitto sullo zucchero, accelerandone la corsa verso livelli di prezzo da primato. Le quotazioni dello zucchero raffinato hanno di nuovo aggiornato i massimi storici a Londra, chiudendo a 560 dollari per tonnellata. A New York – dopo un rally formidabile, che nel 2009 ha generato rincari superiori all’80% – lo zucchero grezzo ha leggermente corretto rispetto ai massimi da 28 anni (ieri valeva 21,92 cents per libbra). Mai prezzi sembrano destinati a salire ancora: all’Ice nel giro di quattro mesi il numero di opzioni che consentono di comprare zucchero grezzo per consegna marzo a 30 USc/lb si è moltiplicato per 18 volte, le opzioni call con strike price 40 USc/lb a marzo 2010 sono quintuplicate.
Sul fronte dei fondamentali, del resto, non sarà facile rimediare agli squilibri del mercato: aumentare l’offerta di zucchero richiede tempo, mentre una contrazione significativa dei consumi è improbabile. La domanda ha resistito anche ai colpi della recessione globale. Inoltre, in Europa e negli Usa i rincari stanno passando quasi inavvertiti, poiché – in un settore drogato da ingenti sussidi – l’industria alimentare si rifornisce da tempo a prezzi ancora più alti di quelli indicati dai futures: lo zucchero grezzo viene pagato intorno ai 35 USc/lb.