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 2009  agosto 12 Mercoledì calendario

ARMI E BAGAGLI


La storia del trafficante d’armi russo cui la Thailandia ha negato l’estradizione negli Usa
Il più grande trafficante di armi al mondo, Viktor Bout, meglio noto come «il mercante della morte», sta per tornare in libertà. Lo ha decretato ieri il giudice del tribunale di Bangkok, Kittakorn Phattanasiri, respingendo una richiesta di estradizione presentata da Washington, che vorrebbe processare il magnate russo per la vendita illegale di armi alle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc). «Le accuse degli Stati uniti - si legge nella sentenza - non sono applicabili per la legge thailandese. Questo è un caso politico. Le Farc lottano per una causa politica e non sono una banda criminale. La Thailandia non ritiene che le Farc siano un gruppo terroristico». Motivazione alquanto singolare che mette con le spalle al muro gli statunitensi, impegnati da anni nel combattere l’organizzazione armata colombiana, e che avranno solo 72 ore per presentare il ricorso. Bout, che si trova in carcere dal 6 marzo del 2008, fu arrestato a Bangkok in un’operazione congiunta fra la Dea (Drug enforcement administration) americana e l’Interpol di Thailandia, Olanda, Romania e Danimarca. Per catturarlo, gli agenti infiltrati si finsero militanti delle Farc interessati all’acquisto di armi. Secondo l’intelligence Usa, il trafficante russo assicurò di poter consegnare, paracadutandoli nella giungla colombiana, fra i 700 e gli 800 missili terra aria, oltre 5mila kalashnikov Ak-47, mine, esplosivo C-4 e velivoli senza pilota.
Viktor Anatolijevic Bout, classe 1967, è nato a Dushanbe, capitale dell’ex-repubblica sovietica del Tajikistan, e si è laureato nell’istituto militare di lingue straniere di Mosca. Dopo aver frequentato l’accademia militare, dove ha ottenuto un diploma in economia, ha prestato servizio nell’Armata rossa come interprete e navigatore in un reggimento dell’aviazione. Un curriculum di tutto rispetto per entrare nel Kgb, anche perché gli viene attribuito un quoziente di intelligenza altissimo. Oltre al russo, parla altre sette lingue tutte apprese sul campo: farsi (persiano moderno), francese, inglese, spagnolo, portoghese, xhosa e zulu. Quando crollò l’Unione sovietica, nel 1991, si trovava in Angola inquadrato in una missione dell’Onu. Ed è proprio da questo periodo che spicca il volo con la sua nuova attività. Per 100mila dollari compra tre aerei Antonov che inizia ad affittare, con partenza da Mosca, a chiunque. Nel 1993 fonda la Transavia export cargo e sposta la sua sede operativa negli Emirati arabi uniti (Eau), dove inizia a importare gladioli dal Sudafrica, comprandoli a due dollari l’uno a Johannesburg e rivendendoli a 100 a Dubai. Ogni aereo portava un carico di venti tonnellate. Grazie alle conoscenze nel mondo militare e al caos in cui si trovano le ex-repubbliche sovietiche o i paesi del vecchio Patto di Varsavia, Bout inizia a contrabbandare armi. Gli arsenali di Ucraina, Moldavia, Slovacchia, Bulgaria e Kyrgyzstan diventano i supermarket da cui attingere. Armi di ogni tipo, addirittura elicotteri da combattimento russi Mi-8t, vengono vendute in cambio di fiumi di dollari o di preziosi. Dove c’è una guerra l’ex-agente segreto ci infila il naso, a volte lavorando con le due parti in lotta e, in diversi casi, anche con le missioni dell’Onu inviate per mediare la pace.
Nel 1993, per esempio, con i suoi aerei portò i caschi blu belgi schierati in Somalia, mentre nel ’94 collaborò con la Francia, nell’«Operazione turchese» in Ruanda, trasportando 2,500 militari d’élite. In piena guerra afghana riesce a vendere le armi, per un valore di oltre 50 milioni di dollari, prima all’Alleanza del nord poi, dopo il ’95 con la conquista taleban di Kabul, anche agli studenti islamici.
Ma è certamente in Africa che gli affari si allargano con un continuo fiorire di compagnie di trasporto. Nel ’97 viene fondata Air Cess Swaziland in Sudafrica, nel ’98 Cessavia in Guinea equatoriale e Central African Airways nella Repubblica centrafricana. Tutti i peggiori dittatori del mondo sono suoi clienti o suoi amici e, ogni volta che visita un paese straniero, le ong e i servizi segreti locali si allarmano. Le sue armi sono arrivate in oltre 20 conflitti e, a quanto pare, continuano ad arrivare anche grazie ai buoni rapporti che lui o i suoi collaboratori hanno tenuto negli anni con la Cia e l’ex Kgb.