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 2009  agosto 12 Mercoledì calendario

I FACHIRI DELLA MONTAGNA DI CORSA VERSO LA VETTA


Saltabeccano tra i 2.000 e i 4.000 metri di quota sulle Alpi, i Pirenei e le Rocky Mountains. Sono gli skyrunner, i superman della corsa in montagna. Stramilano, maratona di New York? Roba da pivelli.
Anche i corridori del cielo macinano decine di chilometri, ma su irte mulattiere di montagna. «Sono due sport completamente diversi, che hanno in comune solo la corsa – ride il bergamasco Paolo Gotti, 32 anni, campione mondiale a squadre di skyrunning e numero uno d’Italia nelle ultramaratone ”. Correre in montagna è molto più difficile. L’aria è rarefatta, c’è più dispendio di energie e devi sempre guardare dove metti i piedi».
Lo skyrunning è una disciplina di élite che coinvolge sempre più appassionati. Secondo i dati della Isf, l’International Skyrunning Federation, il manipolo di podisti e podiste off road si rafforza sempre più. A ogni gara che conta (tutte tra luglio e settembre) partecipano da 300 a 500 atleti di una ventina di Paesi: ci sono campionati nazionali, continentali, World Series e – ogni quattro anni – SkyGames, le Olimpiadi d’alta quota.
I più forti del mondo sono italiani e spagnoli. Il fenomeno si chiama Kilian Jornet Burgada, ha 21 anni ed è catalano. Agli ultimi Europei in Trentino, lo scorso 19 luglio, azzurri e iberici hanno fatto razzia di medaglie. Antonella Confortola (la fondista, che d’estate si dà alla corsa sui monti) ha dominato nella skyrace femminile di 22 km e nel vertical kilometer: mille metri di dislivello da salire nel minor tempo possibile, con tratti oltre il 50% di pendenza. I più veloci salgono a quattro zampe in mezzora. Nello skyrunning si corre in salita ma soprattutto in discesa. «E’ la parte più delicata – svela Paolo Gotti ”. Le gare si vincono lì. Dopo qualche ora di corsa sei stanco e se non sei concentrato al 100 per cento rischi di prendere delle storte e di farti male».
Chi vince le maratone del cielo taglia il traguardo dei 42 km dopo quattro ore e mezza, stremato. «Ovvio – spiega il campione bergamasco ”. Lo skyrunning somma i disagi dell’altura: dislivelli, intemperie, sbalzi di temperatura. Magari parti a 1.500 metri con 25 gradi, arrivi in cima che nevica e c’è meno 2. Devi saper stringere i denti».
Alcune competizioni sono persino usate come per test scientifici sul corpo umano in condizioni di ipossia e stress muscolare. «Non basta una buona preparazione atletica – aggiunge Gotti ”. Bisogna conoscere la montagna e le più elementari tecniche alpinistiche. In alcune gare è obbligatorio l’imbrago, perché magari c’è da percorrere una ferrata o un passaggio in cresta». Gli itinerari di skyrunning possono comprendere nevai e tratti ghiacciati con difficoltà fino al secondo grado.
Se siete in vacanza in Valle d’Aosta, fate un nodo sul 25 agosto: c’è l’Ultra Trail du Mont Blanc, competizione unica al mondo: 166 km in una sola tappa attraverso Italia, Francia e Svizzera. In 21 ore i migliori scollinano una decina di cime oltre i 2.000 metri per quasi 10 mila metri di dislivello. Il Trofeo Kima è stato invece cancellato: per colpa della crisi la classica valtellinese di 50 km è diventata biennale. Il 23 agosto si disputerà però la Val Masino skyrace, qualificazione al trofeo del 2010.
«Nel nostro sport conta soprattutto la resistenza e la capacità di soffrire», ribadisce Paolo Gotti. Non a caso la maggior parte degli skyrunner ha più di 35 anni, fisico emaciato e resistenza da fachiro. Come il cuneese Marco Olmo, vincitore per due anni consecutivi dell’Ultra Trail del Monte Bianco. Ha 60 anni suonati e potrebbe essere il nonno di molti atleti.
L’attrezzatura
Indossare prodotti leggeri, termici e traspiranti (in microfibra). Ai piedi, scarpe da trail-running, con tomaia impermeabile; avere sempre con sé una giacca antivento. Facoltativi: Gps e bastoncini da sci.