Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  agosto 12 Mercoledì calendario

FBI A LEZIONE DA TOM WOLFE SPIAVA IL MAESTRO RADICAL CHIC


La sera del 14 gennaio 1970 Leonard Bernstein, l’uomo che contendeva all’austriaco Herbert von Karajan la fama di più grande direttore d’orchestra vivente, il musicista che era riuscito a superare le barriere tra musica colta e popolare con il successo travolgente del musical ”West Side Story” e ad avvicinare i bambini alle sinfonie di Beethoven e Brahms eseguite alla testa della New York Philharmonic in istrionici show trasmessi dalla Cbs, riceveva nel suo lussuoso appartamento a due piani in Park Avenue i capi delle Black Panthers, la più radicale tra le organizzazioni che si battevano per i diritti dei neri in America.
Il reportage

Lenny, come lo chiamavano gli amici, e la moglie Felicia avevano raccolto la crema della mondanità newyorchese per «bersi come latte di tigre», dirà lo scrittore Tom Wolfe, i proclami delle Pantere Nere e per sostenerli mettendo mano ai forniti portafogli. Un party che rimase nella storia del costume e della politica e che Wolfe raccontò quello stesso anno sul ”New York Magazine” con il caustico titolo These Radical Chic Evenings (poi divenuto un libro di enorme successo), coniando l’espressione che da allora designa la nutrita schiera dei rivoluzionari con servitù (rigorosamente bianca, preferibilmente sudamericana) cuoco e autista personale, che servivano ai loro ospiti dalle pettinature afro e occhiali scuri cubani «bocconcini di Roquefort ricoperti di noci tritate».

Una serata surreale in cui un ospite si emoziona: «Non ho mai incontrato una Pantera... per me è la prima volta!», mentre il Maresciallo Superiore del Black Panthers Party «si alza in piedi. Ok, ha l’aria da duro. un uomo grande e grosso dalla pelle marrone e un’acconciatura afro e la barba a punta e un dolcevita nero tipo quello di Lenny, e se ne sta in piedi accanto al piano, vicino alla schiera di foto di famiglia da un milione di dollari. E in effetti c’è un che di perfetto nell’attimo in cui la prima Black Panther si alza in piedi in un salotto di Park Avenue per esporre i dieci punti del manifesto delle Panthers alla società newyorchese nell’Era del Radical Chic».

Scoppiò uno scandalo, ma in fondo tutti sapevano che Bernstein, a differenza del suo rivale Karajan (che in gioventù era stato iscritto al partito nazionalsocialista e dovette subire un processo di ”denazificazione” da parte degli Alleati subito dopo la guerra) fosse un radical e flirtasse con gli ambienti dell’estremismo di sinistra.

Wolfe ignorava di non essere l’unico a tenere sott’occhio il maestro. Su Bernstein era puntato anche lo sguardo dell’Fbi. Una presenza emersa dai documenti finora riservati entrati in possesso di Alex Ross, cronista e critico musicale del New Yorker che ha ficcato il naso in 800 pagine di file dei federali e nastri del presidente Richard Nixon (consultabili sul sito della rivista, www.newyorker.com). In un memorandum del 10 maggio ”70, pochi mesi dopo il party in casa Bernstein, l’Fbi scrive: «Si raccomanda la diffusione della notizia allegata a una fonte dei media cooperativa. La notizia riguarda una serata di beneficenza con il ben noto direttore d’orchestra Leonard Bernstein e uno dei suoi ospiti, il Feldmaresciallo del Black Panther Party Donald Cox. Bernstein (...) nella sua casa di New York ha dato un party di raccolta fondi per il BPP (sigla del Black Panther Party, nda). L’occasione ha raccolto oltre 10mila dollari per il BPP. Donald Lee Cox, uno dei partecipanti, è attualmente ricercato dalla polizia di Baltimora, Maryland, perché sospettato di omicidio (...). Queste accuse emergono dal suo coinvolgimento nel luglio 1969 nella tortura e l’omicidio di Eugene Leroy Anderson (...) che credevano fosse un informatore della polizia (...). L’articolo allegato mostra Bernstein e i suoi ospiti insieme a un individuo attualmente ricercato per il suo coinvolgimento in un omicidio e che ha anche rilasciato dichiarazioni anti-sioniste e pro-arabe. Ciò potrebbe avere un rapporto diretto con i contributi versati al BPP».

Non fu un caso che in quei mesi uscirono sui giornali numerosi articoli indignati contro Bernstein, il quale fu anche destinatario di migliaia di lettere di protesta e si trovò sotto casa gruppi ”spontanei” che insultavano gli amici dei neri residenti in un duplex «con arredamento cinese da milioni di dollari», come aveva scritto Wolfe.
Rapporti segreti

L’Fbi, sotto la regia del potente J. Edgar Hoover, aveva informato tutti i media ”cooperativi” circa i retroscena del grottesco convegno tra milionari e Black Panthers. Del resto, l’attenzione del Bureau per Bernstein, come dimostrano i nuovi documenti esaminati da Ross, risale almeno al marzo 1949, sotto la presidenza di Harry Truman. Una nota dell’agente D. M. Ladd a Hoover afferma che Bernstein era «in contatto, affiliato, o in qualche modo associato» con una decina di associazioni «che rientravano nell’ambito dell’Ordine 9835» (il cosiddetto Loyalty Order emanato da Truman per estirpare qualunque influenza comunista nell’amministrazione), tra le quali il Joint Anti-Fascist Refugee Committe, la Southern Negro Youth Congress e il National Negro Congress.

Il rapporto di Ladd non trovò riscontro in Hoover che lo trovò «insignificante» e aggiunse: «Di certo non posso passare alla Casa Bianca notizie così ambigue e generiche», un dettaglio che rivela che il mastino Hoover preferiva comunque procedere con scrupolo.

Bernstein attirò nuovamente le attenzioni dell’Fbi nel 1971, quando, dopo essersi dedicato prevalentemente alla direzione della New York Philharmonic e altre orchestre, tornò a comporre e, in occasione dell’inaugurazione del Kennedy Center, su stimolo della vedova Jacqueline dell’ex presidente assassinato e amico di Lenny, John Fitzgerald Kennedy, scrisse ”Mass”, una messa con testo in latino.

A sollevare i sospetti dell’Fbi, gli incontri di Bernstein con Daniel Berrigan, un prete cattolico di sinistra che era stato in prigione per aver distrutto liste di chiamata alle armi.
Messa pericolosa

Sul memo si legge: «Recenti notizie stampa riportano che Bernstein dopo 20 anni di assenza stia tornando a un ruolo creativo come compositore. Si menziona la sua ”Messa avvolta nel mistero” (…) e si fa riferimento a ”gesuiti amici del compositore” che gli servirebbero da consiglieri. Il riferimento a consiglieri gesuiti può spiegare la visita di Bernstein del 25 maggio 1971 al prete Daniel Berrigan, recluso alla Federal Correctional Institution di Danbury, Connecticut. Si può supporre che questa visita sia collegata alla sua ”Mass”, in specie se la si considera alla luce dell’informazione (...) secondo cui Bernstein ha chiesto a Padre Berrigan di comporre le parole per la Messa in latino, la quale dovrebbe trattare un argomento anti-bellico. Se ciò è vero, si considerino le implicazioni e la pubblicità che ne deriverebbe al movimento pacifista, qualora questa messa Messa dovesse essere educatamente applaudita da esponenti del Governo ai massimi livelli che, indubbiamente, sarebbero presenti alla cerimonia inaugurale del Kennedy Center e che probabilmente non sono fluenti in latino».

La preoccupazione dell’Fbi era dunque che, sotto il velo del testo latino, Bernstein e padre Berrigan volessero inviare un segnale ai movimenti pacifisti, un segnale tanto più clamoroso perché alla prima della Messa avrebbe dovuto assistere il presidente allora in carica, Nixon.
Trame nascoste

«Il fatto che due figure controverse come Bernstein e Padre Berrigan stiano collaborando al programma d’inaugurazione (del Kennedy Center, nda) sembra offrire motivi sufficienti per indagare su quale danno stiano architettando». Questa nota fu girata nel 1971 da Patrick J. Buchanan, assistente speciale di Nixon, a Egil Krogh, che controllava l’operato dei White House Plumbers, la divisione investigativa segreta formata da Nixon, la stessa che finì coinvolta nello scandalo Watergate.

Buchanan suggeriva a Krogh di «trovare qualcuno che possa con certezza tradurre quella Messa latina cui sta lavorando Bernstein», e suggerisce per l’operazione il nome di un altro gesuita, Padre McLaughlin. Nixon, per evitare ogni imbarazzo, non andrà alla prima di ”Mass”; manderà invece Kissinger, che dirà semplicemente: «Mi è piaciuta».