
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
La Brexit, un problema anche per gli inglesi

La Brexit è diventata un problema anche per gli inglesi, dato che l’Alta Corte sostiene che per andarsene dall’Europa non basta la maggioranza favorevole del referendum, ci vuole anche un voto del Parlamento. La natura stessa di questa presa di posizione è incerta: si tratta di un consiglio? Si tratta di un parere? Si tratta di un ordine a cui è impossibile disobbedire? Non è chiaro nemmeno che cosa pretenda l’Alta Corte: la Camera dei deputati e quella dei Lord devono essere chiamati a un secco sì o no sull’attivazione dell’articolo 50? Oppure si chiede al governo di elaborare una legge che precisi le modalità di questa Brexit, e fissi quindi i paletti della trattativa con l’Unione europea? Nel primo caso, l’uscita dal dilemma potrebbe essere rapida. Nel secondo, sarebbe parecchio lunga, dato che bisognerebbe preparare una legge e poi discuterla nelle due camere. Il governo di Theresa May ha comunque deciso di ricorrere alla Corte Suprema e sappiamo già che la Corte Suprema si riunirà il 7 dicembre, discuterà al massimo per due giorni e poi dirà la sua.
• Come mai l’Alta Corte è intervenuta?
Su ricorso di una cittadina britannica fino a questo momento sconosciuta. Costei si chiama Gina Miller, è un’inglese di origine latinoamericana (è nata in Guyana), ha 51 anni, tre figli, ha fatto la modella, poi è diventata una donna d’affari e ha mostrato da sempre un certo gusto per la lotta. Dopo un’esperienza nel mondo del business automobilistico, ha creato col marito un fondo d’investimento, sviluppatosi al punto di diventare uno dei più ricchi di Gran Bretagna (30 milioni di sterline). Giunta all’apice del successo finanziario la Miller ha fondato, con il marito, la True and Fair Campaign, che si batte per una maggiore trasparenza nel mondo della finanza. Ha affiancato a questa fondazione anche la Miller Philantropy, che fa beneficienza, e ha poi lottato dentro il settore della beneficienza sostenendo che le altre fondazioni sedicenti benefiche spendono troppo per uffici e funzionari, e troppo poco per i poveri. Ha presentato il ricorso contro la Brexit in ottobre, sostenendo che il referendum era solo consultivo, e che perciò il governo inglese non avrebbe potuto attivare la procedura per l’uscita senza un voto confermativo del Parlamento. Saltando la Camera dei Comuni e la Camera dei Lord si violerebbe l’accordo con cui nel 1972 il Regno Unito ha aderito alla Comunità europea.
• Che guaio. Il finale della storia potrebbe essere che la Gran Bretagna non se ne va più?
Si potrebbe arrivare anche a questo, ma al momento non sembra l’esito più probabile. Supponendo che anche la Corte Suprema confermi l’opinione dell’Alta Corte, i deputati e i lord che fossero contrari alla Brexit si troverebbero di fronte a un dilemma praticamente insolubile: votare secondo la propria personale convinzione, o farsi carico dell’opinione espressa dal popolo e autorizzare il divorzio? Sono felice di non essere un deputato inglese.
• In che consiste la procedura per uscire dall’Unione europea?
Il Trattato di Lisbona fissa, all’articolo 50, i modi con i quali si può uscire. Un paese che volesse andarsene dovrebbe invocare questo articolo 50 e poi dare inizio a un negoziato con la Ue per determinare i modi dell’uscita. Sempre secondo questo articolo 50, il negoziato in questione deve chiudersi entro due anni, ma quasi tutti gli analisti, esaminando l’enormità dei problemi legali, amministrativi e finanziari che l’uscita di un membro importante come la Gran Bretagna porrebbe, hanno stimato un tempo molto più lungo per il divorzio. Alcuni hanno addirittura pronosticato un decennio.
• Il Parlamento potrebbe decidere di rifare il referendum?
Certo, soprattutto per uscire dall’equivoco del referendum consultivo, che alla fine equivale a un sondaggio. La Brexit ha già provocato una caduta della sterlina del 20% e un conseguente aumento dei prezzi di tutte le merci importante, con inflazione e tassi di interesse più alti. Non proprio una festa, anche perché la Gran Bretagna è più importatrice che esportatrice. C’è poi la fuga di molte aziende e soprattutto di molte banche, che non vogliono perdere i vantaggi del mercato unico. Nigel Farage, campione della separazione, ieri ha detto che l’annullamento della Brexit farebbe infuriare il popolo e che lui è pronto a tornare in campo, ma proprio il suo abbandono della politica ha suscitato molti dubbi nell’elettorato e c’è una forte opinione che, se il referendum si rifacesse adesso, il «remain» vincerebbe alla grande.
• Reazioni del primo ministro, Theresa May?
Ha un appuntamento telefonico con Juncker per stamattina. Intanto è scontato che se il Parlamento dovesse bocciare l’uscita dall’Europa sarà costretta e dimettersi e indire nuove elezioni.
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