Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  novembre 04 Venerdì calendario

Sterlina, prezzi, consumi. Le incognite che ora pesano sul divorzio dall’Europa

ROMA La richiesta dell’Alta Corte che ci sia un voto in Parlamento per dare il via al processo di uscita del Regno Unito dall’Ue è stato solo uno dei due giudizi su Brexit formulati ieri a Londra. A due chilometri dalle guglie neogotiche delle Royal Courts of Justice, il governatore della Banca d’Inghilterra Mark Carney ha presentato le sue previsioni trimestrali sullo stato dell’economia britannica.
Il banchiere centrale canadese era reduce da mesi di scontro con i Brexiteers che ne avevano chiesto le dimissioni per aver previsto effetti disastrosi sull’economia di un’eventuale uscita, venendo meno alla sua indipendenza.
Carney, che in settimana ha annunciato che resterà alla testa di Threadneedle Street fino al 2019, ha ammesso ieri che le sue previsioni di breve periodo erano state troppo negative, ma ha anche avvertito dei rischi di un aumento dell’inflazione dovuto alla massiccia svalutazione della sterlina.
A quattro mesi e mezzo dal voto del 23 giugno è dunque opportuno chiedersi quali siano le reali condizioni dell’economia britannica e quali siano le prospettive per i prossimi anni.
LA STERLINA
Dal referendum a oggi, la sterlina ha perso oltre il 16 per cento nei confronti del dollaro e quasi il 14 per cento sull’euro. Gli investitori si aspettano infatti che, nel lungo periodo, Brexit faccia crescere la Gran Bretagna meno del previsto, una considerazione che li porta a spostare il loro denaro in beni denominati in altre valute. Molti analisti sono poi convinti che la discesa del pound non sia ancora terminata: Silvia Ardagna della banca d’investimento Goldman Sachs ha scritto in una nota che nel caso in cui il Regno Unito dovesse dare l’impressione di andare verso una Hard Brexit, ovvero un’uscita anche dal mercato unico europeo, la sterlina potrebbe perdere fino al 25 per cento nei confronti del dollaro entro la fine dell’anno. Il giudizio di ieri dell’Alta Corte ha leggermente aiutato il pound, poiché gli investitori ritengono che un voto parlamentare possa ammansire la posizione oltranzista del governo, ma è ancora presto per sapere se questo rialzo sia destinato a durare nel tempo.
L’INFLAZIONE
Il crollo della sterlina sta già spingendo in su i prezzi, trainati dal costo più alto delle merci importate. La Apple ha rincarato il costo dei suoi prodotti fino al 20 per cento: per esempio, il Mac Pro costerà £2999 invece di £2499. L’inflazione è già risalita all’1 per cento e ieri la Banca d’Inghilterra ha previsto che i prezzi cresceranno del 2,7 per cento alla fine dell’anno prossimo, sopra il suo obbiettivo del 2 per cento.
La probabile accelerazione dei prezzi sta rendendo la vita più difficile allo stesso Carney che non potrà abbassare ulteriormente i tassi per stimolare l’economia. «C’è un limite a quanto possiamo tollerare un’inflazione al di sopra del nostro obbiettivo», ha detto ieri il governatore. L’altro problema riguarda i consumi, che dovrebbero crescere meno per l’erosione del potere d’acquisto delle famiglie.
LA CRESCITA
Fino ad ora la Gran Bretagna si è agilmente scrollata di dosso le previsioni più nefaste formulate dalla maggior parte degli economisti. Il prodotto interno lordo è cresciuto dello 0,5 per cento nel terzo trimestre e i primi indicatori danno segnali incoraggianti anche sull’avvio del quarto. La Banca d’Inghilterra si è dovuta ricredere, rivedendo le sue previsioni al rialzo per l’anno prossimo. I pericoli legati a Brexit, però, permangono, tanto che la stessa banca centrale ora ritiene che il danno di lungo periodo dell’uscita dall’Ue possa essere maggiore del previsto a causa del crescente rischio di perdita d’accesso al mercato unico, che potrebbe spingere le aziende a lasciare la Gran Bretagna o a ridurre gli investimenti.
LE AZIENDE
I due settori che sono sotto più stretta osservazione dal giorno del referendum sono quello automobilistico e quello bancario.
La settimana scorsa la Nissan ha annunciato che continuerà a investire nella sua fabbrica di Sunderland, facendo tirare un sospiro di sollievo al governo. Tuttavia, la premier Theresa May sembra aver promesso alla casa automobilistica giapponese dei sussidi in caso di Hard Brexit, portando diversi parlamentari laburisti a chiedere maggiori dettagli sull’accordo.
Le banche sono invece ancora alla finestra per capire se potranno mantenere il “passaporto” che permette loro di operare da Londra in tutta l’Ue. La British Banking Association ha avvertito che molte delle grosse banche potrebbero andar via a partire dal primo trimestre del 2017, ma non è chiaro se questa sia una minaccia credibile o l’inizio di una negoziazione.
Come la nebbia londinese, l’incertezza sul reale impatto di Brexit ci metterà dunque ancora un po’ a diradarsi.