Pietro Veronese, la Repubblica 4/11/2016, 4 novembre 2016
THULI, L’EROINA DEGLI ONESTI CHE HA INCASTRATO ZUMA E IL SUDAFRICA TORNA IN PIAZZA
La virtù di una donna ha in mano le sorti politiche del Sudafrica. Una donna che al momento non ha alcuna carica, alcun potere, alcuna funzione o ruolo. Thuli Madonsela ha 54 anni e un volto duro e tosto, capace però anche di improvvisi sorrisi. È disoccupata, eppure tiene in vita le speranze di milioni di sudafricani in un avvenire migliore.
La classe dirigente del Sudafrica, a cominciare dal capo dello Stato Jacob Zuma, affonda nel discredito. Al termine di una lunga battaglia persa, il presidente ha dovuto restituire parte del denaro pubblico speso per ristrutturare la sua residenza di campagna. È il bersaglio di ricorrenti accuse di corruzione e richieste di dimissioni. È impegnato in continue schermaglie difensive con i tribunali. Di recente la messa sotto inchiesta giudiziaria del ministro delle Finanze Pravin Gordhan è naufragata. È emerso che una parte del governo vicina al presidente voleva togliere Gordhan di mezzo con accuse pretestuose, per dare libero corso alla propria corruttela. Il procuratore capo della Repubblica Shaun Abra-hams, che aveva ordito il tutto con l’evidente consenso di Zuma, è a un passo dalle dimissioni.
Il rand, la moneta nazionale, declina, l’economia è in recessione, gli investitori stranieri in fuga, gli studenti da mesi sul piede di guerra, le opposizioni scatenate all’offensiva. I vecchi compagni di Nelson Mandela che sono ancora in vita chiedono a gran voce che il presidente tragga le conclusioni e si ritiri. Da quando è diventato un Paese libero e democratico, con le elezioni del 1994, il Sudafrica non ha mai conosciuto una crisi così profonda, o dagli esiti al momento altrettanto imprevedibili.
In questa tempesta che assorbe quotidianamente tutte le energie politiche della nazione, una sola figura sembra godere di una stima inalterata. Raccoglie consensi universali e inviti pressanti ad assumere un ruolo maggiore nella vita pubblica. Fino al 14 ottobre, cioè una ventina di giorni fa, Thuli Madonsela era il Public Protector del Sudafrica, una sorta di magistrato supremo anticorruzione, una Giovanna d’Arco degli onesti e dei delusi. Quel giorno il suo mandato, che è durato sette lunghissimi anni, è finito. Ma Thuli aveva lasciato sulla scrivania una bomba a orologeria che è finalmente esplosa l’altro ieri, il 2 novembre, quando colei che l’aveva innescata era tornata già da tre settimane a vita privata.
Ma raccontiamo la storia dall’inizio. Thulisile Madonsela, detta Thuli, è di origini molto modeste. Cresce a Soweto, rimane vedova giovanissima, a diciott’anni, e cresce da sola i suoi due figli, un maschio e una femmina. Ottiene una laurea breve in Legge, milita nell’African National Congress, il partito di Mandela, collaborando alla stesura della nuova Costituzione e occupandosi di riforma legislativa. Quando Zuma la nomina Public Protector nel 2009 è stimata, ma poco conosciuta. Lei paragona la sua carica a quella della makhadzi nella tribù dei Venda, un ruolo tradizionalmente sempre svolto da una donna: «Il mio compito», dirà, «consiste nel dare al popolo una voce e al leader una coscienza».
Comincia subito a dar fastidio a molti potenti con le sue inchieste e i suoi rapporti, ma la prima grande battaglia sarà quello sulla residenza presidenziale di Nkandla. Man mano che procede nella denuncia degli abusi di Zuma, Thuli è oggetto di pressioni pesantissime, insulti, accuse, calunnie, minacce. Lei resiste, il suo nome comincia a essere scandito nelle manifestazioni di protesta come uno slogan. Sappiamo com’è andata a finire: la Corte costituzionale ha ordinato al capo dello Stato di restituire i soldi.
Negli ultimi mesi del suo mandato Thuli Madonsela si è occupata di un altro scandalo di regime, il cosiddetto Gupta-gate. I Gupta sono una famiglia di imprenditori indiani diventati ricchissimi in Sudafrica. Sono legati da numerosi interessi alla famiglia Zuma e hanno ricevuto incredibili favori dallo Stato. Alcuni candidati a poltrone ministeriali hanno dichiarato di aver ricevuto l’offerta dell’incarico da uno dei Gupta, anziché dal capo del governo. Thuli ha indagato e l’ultimo giorno, all’ultima conferenza stampa, ha presentato il suo ultimo rapporto. Gli avvocati di Zuma hanno chiesto che venisse secretato. La schermaglia legale è durata venti giorni e il presidente ha perso: da due giorni il rapporto di Thuli è pubblico. La battaglia continua.