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 2016  novembre 04 Venerdì calendario

Sorpresa: un re musulmano riapre la tomba di Gesù

Un importante messaggio di apertura ecumenica arriva da Gerusalemme, proprio da quella città che recentemente è stata al centro di aspre polemiche religiose e politiche con il colpevole coinvolgimento dell’Unesco. Un bagliore di fede, certamente il più importante da decenni, si irradia dalla capitale dello Stato di Israele, che in primo luogo è la àghia pòlis, la Città Santa, per le tre grandi religioni monoteiste: l’ebraismo, l’islam e soprattutto il cristianesimo. Proprio il monumento simbolo per più di un miliardo e mezzo di cristiani, il Santo Sepolcro, è dallo scorso giugno oggetto di restauro: una sistematica ripulitura e un capillare consolidamento in ogni parte della sua complessa stratificazione di almeno quattro edifici religiosi, costruiti in quasi 2000 anni di storia. 
La straordinaria decisione di evidente peso scientifico, ma anche simbolico in un momento in cui il mondo religioso è sempre più fratturato è frutto di un’intesa iniziale tra Papa Francesco e i massimi rappresentanti della religione greco-ortodossa, a cui si sono associate via via tutte le numerose chiese cristiane, compresi gli anglicani, che pure identificano la zona con la tomba di Nostro Signore in un sito archeologico diverso, comunque non distante da quello, dove sorge il Santo Sepolcro. E già questo è un primo “miracolo”.
Ma il lavoro di restauro è di significato ancora più ampio: a finanziarlo è Abdallah II, re giordano illuminato e aperto al dialogo, ovviamente di religione musulmana, ma decisamente sensibile alla conservazione di simboli mondiali della spiritualità come la basilica cristiana eretta sopra la sepoltura di Gesù: un gesto che al sovrano giordano porta le simpatie dell’Occidente, ma nel contempo aspre critiche da parte dell’islam radicale. Inoltre, a completare l’interreligiosità dei lavori previsti fino a giugno 2017, vi è la consulenza archeologica dell’Israelian Antiquities Service, Istituzione al servizio dell’archeologia, dell’arte e della cultura del proprio Paese, indipendentemente dal valore storico del singolo monumento. 
Il Santo Sepolcro di valore storico è forse quello che, tra i monumenti religiosi in Terrasanta, ne ha più di tutti: è un complesso che racconta 1.700 anni di fede cristiana e che si innerva su vestigia, cristiane e pagane, che partono dall’epoca stessa di Gesù. Fu fatto erigere da Costantino (attorno al 330) su precisa indicazione della madre Elena (Sant’Elena). Fervente cristiana, non aveva dubbi: lì si trovava il Golgota, dove Gesù morì, fu sepolto e al terzo giorno resuscitò. Glielo assicuravano i più grandi teologi e archeologi neotestamentari dell’epoca sulla base del fatto che Adriano, nel 134, fece innalzare proprio in quel luogo un tempio a Venere Capitolina: uno schiaffo per i primi cristiani, che lì pregavano intensamente Gesù e che ora si vedevano di fronte un tempio della dea dell’amore carnale. E, se già nel I secolo i fedeli, testimoni oculari della passione di Gesù, si raccoglievano in quel punto per le più ferventi preghiere, è proprio perché erano sicuri che quello fosse il luogo della tomba del Maestro. 
«Non vi sono dubbi», afferma Dan Bahat, archeologo israeliano (Università Ebraica di Gerusalemme) che da 40 anni esplora la parte antica della Città Santa, «questo è il Golgota, la collina dove avvenne la crocifissione di Cristo. Era fuori le mura antiche e, cosa che pochi sanno, qui intorno abbiamo trovato graffiti, anche cristiani del I secolo d. C., che lo confermano. Sono sicuro che durante la ristrutturazione dell’intera struttura altri ne salteranno fuori». 
Proprio a conferma di queste osservazioni, notizie recenti informano che gli archeologi hanno ripulito graffiti già noti (e altri identificati per la prima volta grazie a tecnologie sofisticatissime) datandoli al I-II secolo d. C.. Inoltre operazione delicata, ma dalla portata straordinaria proprio qualche giorno fa gli esperti dell’Università di Atene, alla guida dei lavori, hanno riaperto dopo oltre 200 anni il loculo ritenuto la tomba di Gesù, rimuovendo la lastra di pietra sopra di esso, che tutti toccano in segno di devozione. 
«Stiamo ripulendone le pareti per verificare eventuali tracce di incisioni; ma soprattutto stiamo studiando la conformazione del loculo stesso per immaginare, anche sulla base di necropoli contemporanee, come fosse stato collocato il corpo di Gesù in quei tre giorni, che cambiarono l’umanità», spiegano gli studiosi addetti al restauro.