Massimo Lopes Pegna, La Gazzetta dello Sport 4/11/2016, 4 novembre 2016
CUBS 108 ANNI DOPO. ULTIMA MALEDIZIONE
E’ come se un intero Paese si fosse liberato da un incubo lungo 108 anni: tutti, o quasi (non Cleveland), a fare il tifo per la squadra che non sapeva più vincere. Perché i Chicago Cubs non conquistavano le World Series dal 1908 e in queste serate d’autunno sono diventati i «Cuccioli» preferiti di tanti americani. Da più di un secolo incombeva una maledizione, esorcizzata in una notte in cui neppure Stephen King avrebbe potuto pensare a colpi di scena così esagerati. L’ultima volta in cui avevano trionfato doveva scoppiare ancora una Guerra Mondiale, la Prima; Al Capone aveva nove anni e difficilmente c’è un sopravvissuto.
I Cubs hanno vinto le World Series: l’urlo che squarcia la notte manda giù dei brividi lungo la schiena di chi ama lo sport. Hanno battuto per 8-7 i Cleveland Indians, anche loro a digiuno da moltissimo tempo – 68 anni –, che ora ereditano il contagioso virus della sfortuna. E’ una vittoria coinvolgente. La candidata dei democratici alla Casa Bianca, Hillary Clinton, tifosissima, ha sbirciato l’iPad di un collaboratore per tenersi aggiornata, e più tardi, a notte fonda, hanno sentito le grida di esultanza provenire dal suo autobus. E’ il successo che fa commuovere l’attore Bill Murray, pure lui di Chicago, che spiega: «E’ anche per mia mamma, morta vent’anni fa». E’ la sconfitta epica, per chi è di Cleveland, che fa esclamare a LeBron James: «Grazie Indians, avete dato tutto: onore ai Cubs».
FUMETTONE Perché non è soltanto baseball ciò che va in scena dentro il Progressive Field, nel cuore dell’Ohio, ma parte di un fumettone all’americana, in cui si intrecciano storie fantastiche e leggende. E’ il capolavoro costruito pezzo per pezzo dal fenomeno Theo Epstein, il presidente. Ad appena 28 anni, nel 2004, aveva contribuito a spezzare l’anatema che opprimeva Boston e i suoi Red Sox mai più vittoriosi dal 1918, e aveva poi bissato quel trionfo anche nel 2007. Le sue tattiche innovative avevano incuriosito Tom Ricketts, diventato proprietario dei Cubs nel 2009. E così nel 2011 aveva chiamato al suo fianco proprio quel ragazzo prodigio, che avrebbe voluto saper suonare la chitarra come i Pearl Jam. Epstein aveva accettato la nuova missione, perfettamente calato nel suo ruolo di esorcista. Dal 2012 aveva iniziato ad applicare le sue idee a Chicago: «Mi interessa la persona, non solo il giocatore. Perché è importante il modo in cui saprà gestire le avversità. Contano la psiche, le abitudini, i comportamenti in campo e fuori». Se i risultati non fossero impressi nel sacro almanacco del baseball, ci sarebbe da dubitare sulla bontà di certi concetti. E’ lui ad aver messo sotto contratto ventidue giocatori di questa rosa e ad aver chiamato l’anno passato in panchina l’«italiano» Joe Maddon (figlio di Giovanni Maddonini). «Ci vuole tempo per arrivare al top: è come se avessi dato alla squadra una vitamina al giorno», ride felice Theo.
INCANTESIMO Ma dissolvere quell’incantesimo non è stato semplice. Soprattutto dopo la macumba lanciata da Billy Sianis nel 1945, l’ultima volta che i Cubs andarono alle WS, sconfitti dai Detroit Tigers per 4-3. Sianis era il proprietario della Billy Goat Tavern, portò dentro Wrigley Field la capretta, simbolo del suo bar, a cui aveva comprato un biglietto. Molti spettatori infastiditi dall’odore li fecero cacciare dallo stadio e lui per vendetta li dannò per sempre: «Non vincerete mai più».
RIMONTA E così è stato. Fino a mercoledì sera. In programma, gara-7, la partita della vita o della morte: la più affascinante. Soprattutto per i Cubs che ci arrivano dopo una rimonta epica, motivata anche da riunioni di squadra davanti ai film di Rocky: sotto 1-3, sono i primi a pareggiare dai Kansas City Royals nel 1985. La finalissima si trasforma in un thriller, zeppo di suspance. I Cubs cominciano nel migliore dei modi: con un fuoricampo al quarto lancio del 1° inning con Dexter Fowler su Corey Kluber, l’asso degli Indians (Cy Young del 2014). Vengono raggiunti alla terza frazione, poi Chicago allunga fino al 5-1 del 4°, con un doppio dell’azzurro Anthony Rizzo che manda a casa Bryant. Sembra fatta. Invece all’8°, Rajai Davis realizza un fuoricampo da 2 punti che rimette la situazione in parità: 6-6.
PIOGGIA E SOSPENSIONE E così rispunta subdola e spaventosa, insieme alla pioggia che sospende il match per 17’, la macumba di Sianis. Ma al 10° inning, il doppio di Ben Zobrist, eletto Mvp di questa WS, demolisce per sempre l’incubo durato oltre un secolo portando a casa il punto della vittoria. I Chicago Cubs sono campioni del mondo: non è facile neppure scriverlo.