Renzo Guolo, la Repubblica 4/11/2016, 4 novembre 2016
AL BAGHDADI IL CALIFFO INVISIBILE COSÌ L’ISIS SI PREPARA ALLA SUCCESSIONE
Nell’imminenza di una battaglia che si annuncia decisiva, Abu Bakr Al Baghdadi fa sentire la sua voce, colmando un’assenza che durava da molti mesi. Le parole del leader dello Stato islamico sono incise in una registrazione di oltre mezz’ora diffusa da Al Furqan, una sorta di agenzia di stampa degli estremisti, e poi riprese dal sito di intelligence Site.
Registrato nei giorni in cui iniziava l’attacco a Mosul o poco prima, nell’audio il Califfo Nero incita i suoi a resistere. Fa appello all’onore che viene dal mantenere le posizioni e dal rifiutare un ritiro carico di vergogna. «O voi che aspirate al martirio, iniziate le vostre azioni. Trasformate in giorno la notte dei miscredenti, decimate i loro territori, fate scorrere il loro sangue come fosse un fiume», dice. Significativamente, a conferma dei dissidi interni esplosi tra i mujaheedin di varia nazionalità e etnia, invita poi i combattenti a mantenere la disciplina e a obbedire agli emiri che guidano le varie unità. Quella disciplina incrinata dalle difficoltà militari, economiche e logistiche incontrate dalle sue truppe, costantemente sotto tiro negli ultimi mesi. E dall’esplodere dei contrasti tra i foreign fighters europei e quelli arabi, caucasici e asiatici. Con molti tra i primi decisi a non sacrificarsi in una battaglia che appare perduta e propensi a cercare una via di fuga.
L’autenticità della registrazione è impossibile da verificare ma i toni e la voce sono compatibili con precedenti audio di Al Baghdadi. I dubbi tuttavia restano: in particolare secondo il ministro degli Esteri Boris Johnson i servizi segreti britannici avrebbero informazioni secondo cui Al Baghdadi avrebbe lasciato Mosul.
Che sia presente o meno nella città, le parole del Califfo hanno scopi precisi. In primo luogo motivare i suoi uomini, forse tremila, forse cinquemila, destinati a perire in una lunga e accesa battaglia sacrificale che, ricorda, ha come premio l’onore e altre ricompense extraterrene legate al “martirio”. Motivazione che sarebbe ancora più forte se gli jihadisti percepissero, reale o fittizia che sia, la presenza del loro leader nel campo di battaglia. Ma sulla sorte di Al Baghdadi si sa poco o nulla: per fronteggiare i rischi legati alla sua uscita di scena (futura o già avvenuta) il Consiglio della Shura dell’Isis avrebbe comunque già stabilito una linea di successione al leader. Rafforzare l’ipotesi che si trovi a Mosul è importante per gli uomini dell’Isis: questa è pur sempre la città nella quale è avvenuto l’assalto al cielo jihadista, quella proclamazione del Califfato che ha consentito di arruolare decine di migliaia di militanti accorsi per costruire l’utopia dello Stato islamico. Anche per questo ai disertori Al Baghdadi annuncia terribili punizioni.
Nel messaggio il leader parla anche ai sunniti iracheni. Mettendoli in guardia sul fatto che la caduta di Mosul porterebbe alla vittoria degli odiati sciiti. Un tentativo di riprodurre quelle condizioni politiche che qualche anno fa portarono al collasso delle truppe del governo di Baghdad e al trionfo dell’Isis. Un consenso evaporato a causa di un uso repressivo del potere e di una fallimentare prova di governo.
Tanto che oggi, pur nel timore di una rivincita sciita, l’ipotesi che i sunniti locali si sollevino contro le forze regolari irachene, o contro i curdi, pur di non far entrare in città gli sciiti, pare poco realistica.
Il Califfo Nero esorta poi i mujahdeen a colpire le due potenze sunnite impegante nella competizione per l’egemonia in Medioriente: Arabia Saudita e Turchia. La prima, perché ostile a ogni ipotesi neocaliffale che ne minerebbe la già discussa legittimità religiosa; la seconda, accusata di apostasia, per essere guidata da un partito islamista che accetta di misurarsi con la sovranità popolare. Entrambe perché, comunque, parte di un’alleanza guidata dagli americani.
Al Baghdadi ricorda che la «guerra totale» che l’Isis sta combattendo aumenta la convinzione jihadista che tutto questo non sia altro che il «preludio alla vittoria». Solo una tappa, dunque, in un lungo percorso vittorioso nel quale può esserci anche una dura sconfitta. A conferma che la teologia politica islamista radicale è assai pragmatica.
Tanto da giustificare un grave colpo.
Anche quello, davvero scioccante nell’immaginario collettivo radicale, che potrebbe venire nei prossimi giorni dalla piana di Ninive.