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 2016  novembre 04 Venerdì calendario

IDENTIKIT DI UN FUTURO IMPERATORE TROPPO UOMO PER REGNARE


TOKYO. Suona la viola, il più dolce degli strumenti, ama l’arte e la cultura occidentali, ha studiato a Oxford per due anni, si è laureato in Storia alla prestigiosa università Gakushuin, a Tokyo. È un fervente pacifista, un esperto ecologo, specialista di problemi idrici globali, studioso dei sistemi di trasporto nel medioevo. In Inghilterra, si è preso una cotta fulminante per una giovane conterranea poliglotta, laureata a Harvard, ottenendone infine la mano dopo un’assillante corte e due sofferti rifiuti.
Questo è un succinto profilo del principe della corona Naruhito, 56 anni, l’uomo che si appresta a salire sul millenario trono del crisantemo, succedendo al padre Akihito che celebrerà il suo 83° compleanno il prossimo 23 dicembre.
Romantico, buon padre di famiglia, socialmente impegnato, il prossimo imperatore del Giappone, lontano mille miglia dal Tenno (Sovrano celeste) che Shinzo Abe avrebbe voluto al suo fianco nella campagna per la “rilettura” della Costituzione in senso bellicista perseguita dal premier. Una Costituzione dettata dagli americani nel dopoguerra in cui si proibisce al Giappone di avere un esercito, permettendogli solo limitate forze di autodifesa, con l’impegno solenne a non ricorrere alla guerra in nessun caso, se non per difendersi da un attacco contro il suolo patrio. La rilettura da lui auspicata e vista di buon occhio a Washington prevede invece che il Giappone torni ad avere un esercito a tutto campo, dotato delle più moderne armi, autorizzato a intervenire ovunque nello scenario mondiale ogni qualvolta gli interessi del Giappone o quelli di uno dei suoi alleati siano minacciati da “Paesi ostili” (leggi Cina e Corea del Nord).
Un fondamentale articolo della futura Costituzione riveduta e corretta da Abe prevede che il comando di queste possenti forze annate sia di nuovo messo direttamente nelle mani dell’imperatore. Egli non deve limitarsi al ruolo di “simbolo dell’unità del Paese”, ma deve tornare a essere il vero capo supremo della nazione, con tutte le prerogative divine che gli competono. Il nonno di Naruhito, l’imperatore Hirohito, se n’era dovuto spogliare per non correre il rischio di scendere dal trono del crisantemo e salire sul patibolo per essere impiccato come criminale di guerra, avendo guidato con i suoi generali il formidabile esercito imperiale a invasioni e dure colonizzazioni di nazioni asiatiche, costruendo un vasto impero sul modello di quelli creati dalle grandi potenze occidentali. Il suo sogno di egemonia asiatica naufragò con il conflitto suicida contro l’America e i suoi alleati, a fianco della Germania nazista e dell’Italia fascista. Hirohito non dette alcun peso alle parole profetiche pronunciate da Churchill alla vigilia della deflagrazione della Seconda guerra mondiale: «Non so con chi si alleerà l’Italia» aveva dichiarato il premier inglese, «ma so che chi si alleerà con l’Italia, perderà la guerra».
Hirohito, accettò di annunciare al suo adorante popolo di essere anche lui un comune mortale in un discorso pronunciato alla radio, passato alla storia come Tenno no ningen sengen (Dichiarazione della natura umana dell’imperatore). Milioni di sudditi ancora increduli lo ascoltarono in lacrime, inginocchiati tra le macerie delle loro case. Molti, sopraffatti dal dolore e dal disonore per la resa senza condizioni confermata dalle solenni parole del Tenno, si suicidarono squarciandosi il ventre con il rituale harakiri.
Il governo e “l’Agenzia della Casa Imperiale”, dopo bizantine disquisizioni protrattesi per mesi, hanno nominato ciascuno una commissione con l’incarico di concordare un testo di legge che consenta all’esausto imperatore in carica Akihito, sopravvissuto a un complesso intervento cardiaco, a un tumore alla prostata e a gravi complicazioni respiratorie, di abdicare in favore del figlio primogenito Naruhito.
Ci immaginiamo un imperatore come una persona onnipotente, circondato da schiere di devotissimi cortigiani pronti a obbedire a ogni suo ordine. In realtà, il sovrano del Paese del sol levante non dà ordini: può solo esprimere desideri. È compito del potente capo dell’Agenzia della casa imperiale e del governo vagliarli e decidere quali siano esaudibili.
Il principe Naruhito non sopporta più di vedere il vecchio, fragile genitore costretto a sedere su quel trono fino all’ultima ora di vita, con il rischio sempre più concreto, giorno dopo giorno, di vederlo raggiungere la schiera delle vittime di karoshi, la morte per eccesso di lavoro, che falcidia migliaia di persone ogni anno in Giappone. Invano ha fatto capire che trova crudelmente inutile costringere il padre a presenziare faticose e snervanti cerimonie pubbliche pressoché quotidiane: sono state 287 nel 2015. Ultimamente più volte si è visto l’imperatore costretto ad appoggiarsi al braccio dell’imperatrice Michiko per non cadere. Non che Naruhito sia ansioso di succedere al padre. Al contrario. La sua indole gentile non gli consente di veder soffrire il vecchio genitore per un’assurda fedeltà al dettato costituzionale.
Naruhito, è preoccupato anche per la propria moglie Masako. Non è riuscito a proteggerla quanto avrebbe voluto dalle imposizioni della corte imperiale quando era principessa della corona, immaginiamo ora che si appresta a salire sul trono a fianco del marito imperatore. Corrono voci che Naruhito stia già pensando di approfittare dell’eventuale nuova legge che le due commissioni partoriranno per permettere le dimissioni dell’imperatore per dare subito anche le proprie, abdicando in favore del fratello minore Akishino, che, al contrario di Naruhito e Masako, genitori di una bambina, è padre di un bambino, Hasihito, oggi decenne.
Dopo il matrimonio, accettato ob torto collo, l’Agenzia della casa imperiale, il governo e l’opinione pubblica fecero grandi pressioni sulla coppia perché dessero presto un erede al trono, ma quando venne invece alla luce una bambina – la principessa Aiko, oggi quattordicenne – la delusione fu intensa a tutti i livelli e nessuno tentò di nasconderla. La piccola Aiko subì atti di bullismo nella sua scuola elementare, probabilmente ispirati dai sentimenti di ostilità nei confronti della madre, “plebea” e incapace di dare un erede al trono.
Masako Owada, vissuta molti anni all’estero, si sentì sempre più avviluppare dalle spire delle regole imperiali e cadde in una profonda crisi di depressione, da cui non si è ancora totalmente ripresa. Nel 2004, Naruhito scese in campo contro l’Agenzia della famiglia imperiale, dichiarando che nel Palazzo erano state fatte manovre per impedire a Masako di affermare la propria personalità, ostacolando i suoi progetti di attività diplomatica. A causa di questa ostilità Masako «si è totalmente esaurita». Che effetto avrà sulla psiche della “principessa triste” la prossima elevazione a imperatrice, con l’inevitabile moltiplicarsi degli impegni pubblici da lei tanto temuti?
«Al contrario di quanto si sarebbe portati a pensare» ha affermato Miiko Kodama, della Musashi University, «il ruolo di imperatrice potrebbe essere la migliore terapia per la ripresa psicologica di Masako. Il suo alto stato sociale darà maggior peso alle sue parole, ai suoi desideri, alle sue decisioni. Potrebbe, per esempio, appoggiare il marito nelle sue iniziative pacifiste o ecologiche, o farsi paladina dell’abolizione della legge salica. «In fondo è quanto è successo alla principessa Michiko, moglie di Akihito, prima donna senza sangue imperiale nelle vene a sposare un imperatore. All’inizio era visibilmente insofferente e triste, ma con il passare degli anni è diventata la donna giapponese più amata in patria e all’estero.
Ma qualcosa di nuovo sotto il sol levante c’è: la determinazione del futuro imperatore a far sentire la propria voce anche se in stridente contrasto con quella del governo e del Palazzo. Banzai!, umanissimo (per ora), futuro imperatore.