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 2016  novembre 04 Venerdì calendario

LA CAPRA, L’APOCALISSE E LA CASA BIANCA: FINALMENTE I CUBS OLTRE LA MALEDIZIONE

La “maledizione della capra” è finita, dopo oltre un secolo i Chicago Cubs, leggendaria (ma perdente) squadra di baseball della grande metropoli del Midwest, hanno vinto le World Series. Fino a pochi giorni fa nessuno avrebbe scommesso un cent sugli “sfigati” del North Side (erano sotto per tre partite a una contro gli Indians di Cleveland), 108 anni di risse, leggende, film e romanzi sembravano aver convinto pure il più sfegatato dei fans che anche per quest’anno il pennant, la bandierina da campionissimi, sarebbe finita altrove.
Un secolo e passa senza mai vincere, 71 anni a cercare rimedi e amuleti contro The Curse of the Billy Goat. E poi la delusione dell’infausto 2015, l’anno in cui — nel film di culto Ritorno al Futuro (1989) — Robert Zemeckis (nativo di Chicago e tifoso dei White Sox, gli odiati rivali del South Side) aveva malignamente previsto il ritorno alla vittoria dei Cubs dopo decenni di sofferenza. Adesso è fatta, mezza metropoli è impazzita, si sprecano sfottò, alcol in quantità industriale (con qualche violenza di troppo) e finalmente i pennant con il logo dell’orso blu e la grande “C” rossa possono essere appesi con orgoglio dietro i banconi dei pub e nelle stanze dei college.
L’interminabile serie di sconfitte era iniziata all’inizio del secolo scorso, la “maledizione della capra di Billy” era solo poco più recente (1945). Venne lanciata da William Sianis, proprietario di una nota catena di ristoranti (Billy Goat Tavern) che aveva l’abitudine di presentarsi al Wrigley Field, lo stadio dei Cubs, in compagnia di una capretta piuttosto puzzolente.
Quell’anno i Cubs erano arrivati alle World Series da favoriti, con i tifosi convinti di fare un boccone dei Detroit Tigers. Era il 6 ottobre 1945, un discreto pomeriggio autunnale e la squadra di Chicago si presentava alla quarta sfida in vantaggio per 2 partite a una. Ai vicini di gradinata il tanfo della capra di Billy non andava proprio giù, chiesero (e ottennero) che Sianis e il suo fedele animale venissero allontanati dallo stadio. «I Cubs non vinceranno mai più», urlò paonazzo Billy il taverniere mentre veniva accompagnato all’uscita.
Maledizione e leggenda iniziarono allora, raggiungendo l’apice nel 2005 quando i nemici White Sox — anche loro con un bell’anatema (risalente al 1919, brutto scandalo di giocatori corrotti e finali vendute) — riuscirono a vincere dopo 88 anni le World Series. Un doppio smacco per i magnifici perdenti del North Side da tempo diventati barzelletta tra gli appassionati di baseball (e non solo). Barzelletta che si trasforma in epica quando W.P. Kinsella, lo scrittore canadese noto per il romanzo Shoeless Joe (da cui venne tratto il film L’uomo dei sogni con Kevin Costner), in un racconto del 1984 (“The Last Pennant Before Armageddon”) narra come i fans dei Cubs, frustrati dalle sconfitte, chiedano l’assistenza divina per arrivare alla finalissima del baseball. Tra personaggi di fiction e figure reali — il sindaco di Chicago Richard Daley (l’uomo che fece vincere, con qualche broglio, la Casa Bianca a Kennedy), il gangster italo-americano Al Capone — i tifosi riescono a strappare a Dio una terribile promessa: «Quando i Cubs vinceranno la National League, quello sarà l’ultimo pennant prima di Armageddon».
Kinsella non ha fatto in tempo a sapere cosa accadrà della sua drammatica profezia (è morto a 81 anni il 16 settembre scorso), non ha potuto assistere alla vittoria dei Cubs, non ha potuto festeggiare insieme all’attore Bill Murray (grande tifoso) e neanche insieme a Hillary Clinton (nata a Chicago, tifosa anche lei, ma qualcuno insinua che un tempo era per i White Sox) che si è vista la partita da un tablet durante una rara pausa della campagna elettorale, per poi twittare la sua gioia: “Ce l’hanno fatta! Dopo 108 anni finalmente è finito il digiuno. Un modo per fare la storia”. Lei proverà a farla martedì, diventando la prima donna a entrare alla Casa Bianca da presidente. Il suo staff non si è lasciato sfuggire l’occasione di politicizzare l’evento, guarda caso avvenuto proprio contro la squadra di Cleveland (Ohio), dove a giugno il suo rivale Donald Trump è stato consacrato candidato ufficiale del Grand Old Party. Sui social si sprecano i richiami all’Armageddon di Kinsella (in caso di vittoria di The Donald), mentre i repubblicani (in testa molti tifosi avversari) godono nel ricordare come il proprietario dei Cubs sia il miliardario Thomas S. Ricketts, uno dei grandi finanziatori di Trump, sebbene Chicago sia città dalla grande tradizione democratica. E ricordano come nel 1908, ultima vittoria prima di quella di mercoledì sera era presidente il repubblicano Theodore Roosevelt.
Quella che a Chicago è stata ovviamente definita la “partita del secolo” è stata romanzesca proprio come la storia dei Cubs, decisa all’extra inning, dopo che era stata interrotta per la pioggia: eroe della serata Joe Maddon, il 60enne allenatore che ha cambiato volto alla squadra e ha finalmente sconfitto la “maledizione della capra”.
Nel mondo dello sport maledizioni e leggende del resto non mancano. Solo nel baseball oltre a quelle delle due squadre di Chicago la più famosa è quella del “Bambino”, Babe Ruth, uno dei più grandi giocatori della storia, che venne ceduto dai Boston Red Sox ai nemici New York Yankees nel 1920: Boston per i successivi 84 anni rimase senza titoli. Oppure quella dei Giants, squadra pluricampione di New York che nel 1958 si trasferì, armi e bagagli, a San Francisco. Maledetti dai tifosi newyorchesi rivinse un titolo soltanto dopo 56 anni, nelle famose World Series del 2010.
Maledizioni che non mancano neanche nel mondo del calcio. La più celebre è quella di Bela Guttman allenatore ungherese del Benfica (in Italia a Padova, Trieste, al Milan e al Vicenza), uomo di grande ironia e cultura che dopo aver vinto due coppe dei Campioni con la squadra portoghese negli anni 60 si vide rifiutare un premio extra. E lanciò il famoso anatema: il club portoghese non avrebbe più sollevato una coppa internazionale da quel momento. Maledizione che dopo 54 anni e 9 finali perse continua ancora oggi.