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 2016  novembre 03 Giovedì calendario

In Italia

Il Presidente della Repubblica è Sergio Mattarella
Il Presidente del Senato è Pietro Grasso
Il Presidente della Camera è Laura Boldrini
Il Presidente del Consiglio è Matteo Renzi
Il Ministro dell’ Interno è Angelino Alfano
Il Ministro degli Affari Esteri è Paolo Gentiloni
Il Ministro della Giustizia è Andrea Orlando
Il Ministro dell’ Economia e delle Finanze è Pier Carlo Padoan
Il Ministro di Istruzione, università e ricerca è Stefania Giannini
Il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali è Giuliano Poletti
Il Ministro della Difesa è Roberta Pinotti
Il Ministro dello Sviluppo economico è Carlo Calenda
Il Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali è Maurizio Martina
Il Ministro di Infrastrutture e trasporti è Graziano Delrio
Il Ministro della Salute è Beatrice Lorenzin
Il Ministro di Beni e attività culturali e turismo è Dario Franceschini
Il Ministro dell’ Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare è Gian Luca Galletti
Il Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione è Marianna Madia (senza portafoglio)
Il Ministro per le Riforme Costituzionali e i rapporti con il Parlamento è Maria Elena Boschi (senza portafoglio)
Il Governatore della Banca d’Italia è Ignazio Visco
Il Presidente di Fca è John Elkann
L’ Amministratore delegato di Fca è Sergio Marchionne

Nel mondo

Il Papa è Francesco I
Il Presidente degli Stati Uniti d’America è Barack Obama
Il Presidente del Federal Reserve System è Janet Yellen
Il Presidente della BCE è Mario Draghi
Il Presidente della Federazione russa è Vladimir Putin
Il Presidente del Governo della Federazione russa è Dmitrij Medvedev
Il Presidente della Repubblica Popolare Cinese è Xi Jinping
La Regina del Regno Unito è Elisabetta II
Il Premier del Regno Unito è Theresa May
La Cancelliera Federale di Germania è Angela Merkel
Il Presidente della Repubblica francese è François Hollande
Il Primo Ministro della Repubblica francese è Manuel Valls
Il Re di Spagna è Felipe VI di Borbone
Il Presidente del Governo di Spagna è Mariano Rajoy Brey
Il Presidente dell’ Egitto è Abd al-Fattah al-Sisi
Il Primo Ministro di Israele è Benjamin Netanyahu
Il Presidente della Repubblica Turca è Recep Tayyip Erdogan
Il Presidente della Repubblica Indiana è Pranab Mukherjee
Il Primo Ministro della Repubblica Indiana è Damodardas Narendra Modi
La Guida Suprema dell’ Iran è Ali Khamenei
Il Presidente dell’ Iran è Hassan Rohani

Una caduta del 2,51% non è la fine del mondo e sappiamo che Piazza Affari ha visto molto di peggio. Però lo spread da qualche giorno sale, ieri a un certo punto ha superato quota 160, anche se poi è ridisceso a 155. In generale l’atmosfera non è buona.

Sarà necessario ricordare che cos’è lo spread.
“Spread” (pronuncia “spred”) è un indicatore che si adopera per misurare soprattutto la fiducia dei mercati verso i titoli del debito pubblico. In pratica, si tratta della differenza tra l’interesse che viene pagato sui titoli tedeschi a dieci anni e l’interesse che viene pagato sui titoli italiani della stessa durata. Più siamo vicini allo zero e meglio stiamo. Quando Berlusconi fu costretto a dimettersi nel novembre del 2011, uno dei suoi accusatori principali era proprio lo spread, che stava molto oltre i 500 punti, equivalenti a un tasso del 7% sulle emissioni di quel momento. 160 o 155 non sono preoccupanti in sé, se non per il fatto che la tendenza di questo spread è a salire. In pochi giorni, è schizzato su di una trentina di punti.  

Quindi c’è una preoccupazione internazionale nei nostri confronti.
Ieri sono andate male tutte le borse. Hanno cominciato a perdere il Giappone e il resto dell’Asia: la politica espansiva della Banca di Tokyo - la cosiddetta Abenomics, che vorrebbero anche  Renzi e Hollande - non sta funzionando. Poi è andata male l’Europa: Parigi -1,24%, Francoforte -1,47%, Londra -1,04% più il record negativo italiano, -2,51%. Mentre scriviamo è in flessione anche Wall Street. Su questo calo generalizzato influiscono fattori internazionali, a cui si aggiungono, per lo specifico italiano, problemi nostri.  

Vediamo i fattori internazionali.
Tutti gli analisti ieri dicevano che l’avanzata di Trump, sopra di un punto alla Clinton in qualche sondaggio, ha creato forte preoccupazione nei grandi investitori internazionali, compresi i grandi speculatori. Nella realtà delle cose, se si va cioè un attimo al di là degli slogan e delle parolacce, mentre le intenzioni della Clinton, che il mondo conosce da un pezzo, sono abbastanza prevedibili, quello che vorrà fare il candidato Trump una volta messo in trono è un mistero assoluto. I mercati odiano l’incertezza e intanto si mettono al sicuro vendendo, scambiando cioè titoli per soldi. L’incertezza, oltre tutto, riguarda a questo punto anche la Clinton: chi può esser certo che, una volta eletta, non sia messa in stato d’accusa per la faccenda delle mail? La situazione in campo democratico è così disperata che il presidente Obama ha attaccato l’Fbi, con le parole «Non si opera sulla base di soffiate...».  

La Clinton però è sempre in vantaggio.
Piccolo vantaggio. In termini di stati - quelli che contanno - la candidata democratica sarebbe avanti per 273 a 265. La partita decisiva si gioca in sei stati: Florida, North Carolina, Ohio, Iowa, Nevada, Arizona.  

Che altro sul piano mondiale?
È un elemento di forte preoccupazione la nuova caduta del prezzo del petrolio. I paesi petrolieri si sono incontrati a Vienna per decidere i tagli alla produzione e non si sono messi d’accordo. Il greggio, che s’era arrampicato fino a una quotazione di 54 dollari il barile, è precipitato, e ieri ha toccato quota 45. A parte il Venezuela, paese fallito, sono numeri che mettono in grande difficoltà Putin.  

Veniamo ai fattori interni.
Ma intanto l’Italia è uno dei grandi fattori di preoccupazione internazionale, quindi dobbiamo metterla accanto al fattore Trump e al fattore petrolio. C’è il problema delle nostre banche, acutissimo nella zona del Monte dei Paschi di Siena che deve trovare 5 miliardi che al momento appaiono piuttosto problematici. Poi, ce la caviamo ancora perché i tassi d’interesse stanno a zero. Ma la Yellen, o nella seduta che è in corso (improbabile) o al prossimo appuntamento di dicembre, tirerà un po’ su il tasso di sconto americano e questo darà il via a una ripresa generale dei tassi, con ritorno di un minimo d’inflazione. Qualche fiammella inflattiva s’è vista già. È un bene, ma non troppo per i nostri conti. Oggi paghiamo 65 miliardi l’anno di interessi sul debito, che succederà se i tassi ricominciassero ad andar su? Aggiungiamo l’incognita del referendum, che forse a questo punto sarebbe meglio rimandare davvero (può succedere, se verrà accolto il ricorso di Valerio Onida). L’ansia mondiale nei nostri confronti si coglie in un indice «euro break-up» elaborato ogni mese dall’agenzia austro-svizzera Sentix. In pratica, si calcolano le probabilità che ciascun paese esca entro un anno dall’euro. Nell’ultima elaborazione l’Italia è prima col 9,9% di probabilità, a rischio più della Grecia la cui uscita è quotata all’8,5%.   (leggi)

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