Corriere della Sera, 3 novembre 2016
Il fronte degli outsider e le differenze con Londra
Gli «outsider» contro l’«establishment»: il fronte che punta sulla rottura col passato usa a suo vantaggio il sostegno della comunità finanziaria alla soluzione politica continuista. Apparentemente ci sono varie similitudini tra il voto del giugno scorso per la Brexit e le presidenziali americane di martedì prossimo. Ad esempio la City di Londra che voleva restare nella Ue, così come Wall Street preferisce la Clinton al salto nel buio con Trump.
Il candidato repubblicano si sta muovendo con abilità: sa che può vincere solo cavalcando la protesta e un diffuso malessere per le condizioni economiche dei ceti medi e sta schiacciando sempre più Hillary nel ruolo di difensore dell’esistente.
In realtà, però, anche se gli umori dei ceti sociali sotto pressione possono essere simili, la Gran Bretagna della Brexit e l’America delle presidenziali sono due mondi abbastanza diversi. Le differenze sono soprattutto due. In primo luogo, da noi l’istanza populista, che ha fatto proseliti tra chi guarda alla politica con occhi radicali, non conquista anche la sinistra e le sue frange antisistema.
La seconda differenza riguarda la diversa composizione etnica della società americana: in Gran Bretagna Farage ha potuto diffondere il suo messaggio ostile alle etnie non anglosassoni, senza subire significativi danni politici anche perché l’elettorato inglese è composto al 90% da bianchi. In America gli affondi di Trump contro gli ispanici, i neri, i musulmani, galvanizzano un certo tipo di elettorato bianco conservatore, ma creano un muro tra il candidato repubblicano e una vasta fetta di votanti: difficile che faccia breccia tra gli ispanici, mentre tra i neri il suo indice di gradimento è addirittura inferiore al 10%. Certo, c’è il rischio che gli afroamericani non vadano alle urne in massa come fecero otto e quattro anni fa per Obama: i dati sui voti già espressi in anticipo in alcuni Stati allarmano gli strateghi della campagna elettorale democratica, vista la netta flessione dei cittadini di colore fin qui andati alle urne.
Ma è tutta la struttura di una società multietnica come quella americana a rifiutare l’impostazione di Trump, che ha contro anche la maggioranza dei cittadini di origine asiatica.