
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
La Camera ha approvato il disegno di legge sul cosidetto “processo breve” o “prescrizione breve” con 314 voti contro 296. Il provvedimento passa ora al Senato, che ne aveva già approvato una versione un anno fa. Se a Palazzo Madama non vi saranno ulteriori modifiche, il disegno di legge, fortissimamente voluto da Berlusconi e dalla sua maggioranza, diventerà legge.
• Di che si tratta in definitiva?
Il punto chiave è l’articolo 3. La prescrizione di un processo si calcola sul massimo della pena aumentato di un quarto. Nel testo passato ieri a Montecitorio questo quarto diventa un sesto. Quindi per un certo reato la cui pena massima è di dieci anni, la prescrizione attuale scatta dopo 12 anni e mezzo. Quando la legge sarà passata, la prescrizione sarà invece di 11 anni e 6 mesi. Questa piccola modifica, riservata agli incensurati, basta a vanificare quattro dei sei processi in cui è coinvolto Berlusconi, e in particolare il processo Mills, in cui il presidente del Consiglio è accusato di corruzione e l’onta di una condanna in primo grado è ancora possibile. In generale (ma con un mucchio di eccezioni), il disegno di legge stabilisce che la durata del processo non possa superare i tre anni in primo grado, i due anni in appello, e l’anno e mezzo in Cassazione, per quanto riguarda i reati con la pena massima di 10 anni. Sei anni e mezzo in tutto, che a qualunque cittadino d’Occidente sembrerebbero comunque una durata monstre, ma che in Italia, con i tempi medi della nostra giustizia, risultano una procedura a razzo.
• Se la durata del processo in Italia è irragionevole, perché l’opposizione ha dato battaglia contro questa legge con tanta tenacia?
Perché è chiaramente una legge varata per mettere Berlusconi al riparo dai giudici. Lo ammettono implicitamente lo stesso premier e gli stessi esponenti della maggioranza. Tra le dichiarazioni rilasciate ieri dal Cav c’è anche questa: «Vi libererò dai giudici». E l’onorevole Cicchitto, nel suo discorso di ieri a Montecitorio, ha chiaramente ragionato sulla politicità dei processi, ricordando in quanti procedimenti Berlusconi è stato tirato dentro dalla magistratura. Al punto che – ha detto – qualunque legge che riguardi la giustizia tocca in qualche modo il capo del governo. Cicchitto ha addirittura rievocato la stagione di Mani Pulite, sostenendo che furono usati allora due pesi e due misure, una per cancellare la Dc e il Psi, l’altra per salvare il Pci che pigliava soldi – secondo lui – non solo da Mosca, ma anche dalle cooperative rosse e dal sistema delle tangenti che coinvolgeva tutti gli altri. Quelli del Pd e dell’Idv gli hanno allora gridato contro «P2! P2!».
• Che significa?
Cicchitto era iscritto alla P2 di Licio Gelli, quella loggia massonica che voleva preparare il colpo di stato. Era iscritto alla P2 anche Berlusconi. Tra quelli che gridavano in aula c’era la Bindi, vicepresidente del Senato, che, in una dichiarazione successiva, ha rivendicato il suo diritto di rinfacciare a Cicchitto quello che gli ha rinfacciato, «leggendo la sua biografia su wikipedia».
• Da questa prova il governo esce più forte o più debole?
Su un emendamento dell’Italia dei Valori, bocciato con voto segreto, la maggioranza ha ottenuto sei voti in più di quelli che le spettavano. Non una bella figura per l’opposizione. Sono poi risultati assenti una ventina di deputati del Pd e dell’Idv. Mentre la maggioranza era presente compatta, con tutti i suoi. I ministri, per non mancare al voto, hanno tenuto consiglio a Montecitorio, durante l’ora di pranzo. Una procedura che non si può ripetere, evidentemente. I ministri devono fare i ministri, e se stanno in aula a esercitare il mestiere di deputato non hanno il tempo per governare. Verdini, uno dei tre coordinatori del Pdl, ha espresso grande soddisfazione, dichiarando che il Pdl è una macchina da guerra. Bossi pure, molto soddisfatto: «I numeri ci sono, sono numeri buoni». Quando poi è uscito da Montecitorio, il Popolo Viola gli ha gridato «Venduto».
• Che dicono i magistrati?
Nelle dichiarazioni di ieri prevedono che la Corte costituzionale casserà la legge, se non altro perché prevede per gli incensurati un trattamento di favore. Fassino, nel suo intervento, ha ricordato che la prescrizione breve manderà impuniti, tra gli altri, i responsabili dei disastri dell’Aquila e del treno di Viareggio. Ma Alfano l’altro giorno e Cicchitto ancora ieri hanno detto che non è vero: per il disastro ferroviario di Viareggio la prescrizione arriverebbe, secondo loro, nel 2032. Dall’Aquila sono passati due anni e per andare in prescrizione quel processo deve finire prima del 2020. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 14/4/2011]
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