Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  aprile 14 Giovedì calendario

GIULIO FOREVER

Il cambio di passo è da politico consumato. Proprio nel giorno in cui premier schiera il Palazzo a difesa dei suoi guai giudiziari, vietando ai ministri pure la pausa caffè. Proprio ora che il tam tam attorno a «soluzioni di transizione» rimbalza nelle stanze dei poteri che contano. Giulio Tremonti sveste i panni del grande cospiratore.
E si intesta il rilancio dell’economia. Seduto a fianco di Silvio Berlusconi, nella sala stampa di palazzo Chigi, ostenta sintonia, difende l’operato del governo. Col passare dei minuti - anzi, delle ore: il tempo concesso ai cronisti è lunghissimo - quello che doveva essere l’eroe di giornata, ovvero Angelino Alfano, l’eroe della difesa politico giudiziaria del premier, entra in un cono d’ombra. E il superministro, il cospiratore, annuncia una “fase due”. E non solo col piano di sviluppo che sarà presentato in Europa, fatto di numeri, conti, tabelle, non pie illusioni. Per la prima volta dà assicurazioni sulle inquietudini meridionaliste che turbano mezzo governo, e annuncia che è «allo studio la riforma del fisco».
E c’è un motivo se i ben informati parlano di una tregua armata col premier. Con Tremonti che dà ossigeno al governo, fugando i dubbi e mandando segnali a Confindustria e sindacati. E con Berlusconi impegnato a difendersi dai guai giudiziari, e a schiarirsi le idee su come arrivare al 2013. Per ora non sono definite. Tanto che da giorni ha messo in atto una strategia di «diversivi». È apparso in sogno a Giuliano Ferrara dicendogli «mollo tutto», poi due sere fa è andato ben oltre: «Vedo bene Alfano premier e Letta al Quirinale». Qualcuno che non conosce quanto ami scherzare, come il Wall Street Journal, ha pure dedicato l’apertura del giornale online alla notizia. Quelli meglio informati assicurano che la stanchezza c’è eccome, ma da abile conoscitore di uomini il Cavaliere la sta buttando in caciara per aumentare il livello di confusione. E farlo arrivare al punto in cui è necessario il più classico dei “ghe pensi mi”.
Sarebbe una strategia precisa per placare le turbolenze del Pdl di questi giorni: «Dice che se ne va - spiega un azzurro di rango - così tutti lo supplicheranno di restare, di non mollare». Sia come sia, nel grande frullatore pidiellino per la prima volta il lavorio per la successione è concreto, organizzato. Marco Milanese, braccio destro e pure sinistro di Tremonti, se la ride: «Io Alfano lo stimo, è bravissimo. Ma il punto è tenere assieme tutti. E l’unico che tiene assieme tutti è Berlusconi, mi pare…». Gli ex Forza Italia su Angelino hanno stretto il patto per indicarlo come delfino ufficiale, ma la via è impervia. E non solo per gli ex An, che vogliono un percorso che non parta dalla designazione del leader. Pure uno come Miccichè ha spiegato ai suoi che Alfano rischia di uscire logoro da questi due anni, perché la giustizia è un tritacarne che non aiuta a costruire un’immagine. E poi quelli che lo sostengono non hanno tutte queste valanghe di voti. Chissà. Se però i suoi sponsor irritano Tremonti tutto diventa più complicato. Pare che il superministro non abbia molto apprezzato l’intervista di Rotondi al Riformista («Il successore è Alfano, il futuro di Tremonti può anche essere fuori dalla politica») nel giorno del suo trionfo.
Perché il rischio è proprio questo: Angelino può «bruciarsi» nella dinamica di partito. Proprio quella da cui «Giulio» si tiene alla larga, consapevole di essere stimato, ma non amato. La sua operazione ruota tutta attorno alla domanda: «Che cosa c’è dopo Berlusconi?». Nel senso che il “dopo” potrebbe non essere rappresentato da un cambio di leadership nel partito, ma da un cambiamento di partito e di sistema, visto senza il Cavaliere il Pdl non regge. Seconda domanda: «Chi riesce a tenere assieme il Pdl, la Lega e dialogare con altri?». È lo scenario di transizione che fa rabbrividire i big del Pdl: «Il problema di Tremonti - spiega Andrea Augello - viene posto nella misura in cui si ritiene che in prospettiva potrebbe non esserci il Pdl». Con una differenza rispetto al passato. Questa volta Tremonti sul rilancio, attraverso il piano per lo sviluppo presentato ieri, ci ha messo la faccia, e ha lavorato in maniera meno monarchica. Tanto che ha appaltato a Fitto tutto ciò che riguarda il Sud, ha coordinato riunioni con i vari ministri, ha sopito i soliti malumori.
Prima delle amministrative dal Tesoro sarà sfornato il decreto che metterà nero su bianco le buone intenzioni, utile in un momento in cui le difficoltà del governo sono registrate nei sondaggi. La fotografia di fine giornata consegna un’istantanea eloquente del berlusconismo, nella sua parabola discendente. Il premier, in preda all’euforia, esterna ai fedelissimi il suo pensiero sui giudici: «Sono più pericolosi delle br, quelle usavano i mitra, loro usano il loro potere giudiziario». I big del Pdl preparano la cena della pace di domani, una tregua fino alle amministrative. Tremonti vola a Washington, al vertice dei ministri del G20. Purtroppo ha dovuto declinare l’invito dei notabili.