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 2011  aprile 14 Giovedì calendario

DE GAULLE: IL PRIMO PRESIDENTE TELEVISIVO

«Charles siete orribile, siete bianco come un formaggio». Dire che siano state le parole che hanno cambiato il corso dei rapporti fra potere e mass media, almeno in Europa, sarebbe troppo, ma non si colpirebbe lontano dal segno. A pronunciarle fu Yvonne Charlotte Anne Marie Vendroux, moglie del generale De Gaulle. È la sera del 13 giugno 1958. La coppia stava da­vanti alla televisione; da 12 giorni il generale era presidente del Consi­glio e parlava alla nazione in un in­tervento televisivo registrato. Ma quel primo passaggio del grande leader sul piccolo schermo è un di­sastro, aggravato dal fatto che De Gaulle aveva cacciato il truccatore, perché «io sono il presidente, non un attore!». La conferma gli viene da Marcel Bleistein-Blanchet, il più grande pubblicitario francese dell’epoca, che convoca il giorno dopo per farsi dare un parere: «Si­gnor De Gaulle, l’hanno massacra­ta. È stato ripreso di profilo con gli occhiali sul naso mentre leggeva un foglio di appunti. Forse credeva di parlare a tre milioni di francesi. Si sbagliava. Lei stava parlando a tre francesi moltiplicati per un mi­lione di volte. Con la tv si entra nel­la casa delle persone e quando ci si chiama De Gaulle non si entra in questo modo». Una lezione di cui il generale fa tesoro: in poco tempo sarà capace di utilizzare la tv per consolidare il potere, per risolvere a suo favore la crisi d’Algeria, per imporre l’elezione diretta del capo dello Stato e diventare il primo pre­sidente scelto dal popolo. Una pa­rabola mediatica dai risvolti di grande attualità, raccontata con ef­ficacia in L’uomo dello schermo. De Gaulle e i media, da oggi in libreria per Il Mulino. L’autore è Riccardo Brizzi, ricercatore del Dipartimen­to di Politica, istituzioni e storia dell’Università di Bologna.

Brizzi, il positivo rapporto di De Gaulle con i mass media comincia però con l’occupazione tedesca del­la Francia.

«De Gaulle entra nella sto­ria il 18 giugno 1940, col fa­moso appello radiofonico lanciato dalla Gran Breta­gna, che viene identificato come l’inizio della Resi­stenza francese. Era un semplice sottosegretario alla Difesa rifugiato a Londra quando Winston Chur­chill gli concede di parlare dai mi­crofoni di Radio Londra. Da quel momento si accredita come leader delle forze armate della ’Francia Libera’ e i suoi interventi radiofo­nici sono una spina nel fianco dei tedeschi, che per lui coniano il so­prannome di ’generale microfo­no’. La sua credibilità presso i francesi diventa così grande che tutti i governi che si susseguono a Parigi dopo il ’46 (quando De Gaul­le abbandona la politica, da presi­dente del Consiglio, in aperta criti­ca alla nuova costituzione perché non presidenzialista), fino al suo ritorno al vertice nel ’58, gli impe­discono di utilizzare la radio».

Un ostracismo che farà pagare a caro prezzo.

«In effetti da quel suo primo falli­mentare intervento in tv del giu­gno 1958, De Gaulle instaura il mo­nopolio assoluto del piccolo scher­mo. La prima volta che i francesi potranno vedere attraverso il tubo catodico gli avversari politici del presidente sarà per la prima cam­pagna presidenziale, nel 1965».

Lei racconta che in quelle elezioni De Gaulle torna alla radio.

«Non sopporta di scendere al livel­lo dei contendenti e pensa di stra­vincere al primo turno. La sconfitta lo convince a tornare in tv per il ballottaggio. Però utilizza una nuo­va formula di intervento: l’intervi­sta. Ne fa tre, in cui compare con un solo giornalista. Gli bastano per vincere».

Come impara a utilizzare il picco­lo schermo?

«Dopo quel primo fallimento del ’58 accetta i consigli di Bleustein-Blanchet, che aveva studiato negli Usa e assimilato le tecniche di co­municazione utilizzate oltreocea­no. Accetta il truccatore personale al punto di assumere nel ’59 Char­les Koubefferian, che trucca Jean-Paul Belmondo e Brigitte Bardot.

Prende lezioni da Jean Younnel, di­rettore di una scuola di recitazione. Cura ogni particolare della sceno­grafia. Elimina gli occhiali e, poi­ché ci vede poco, i tecnici mettono sulla telecamera una luce rossa più forte, così che possa guardare sem­pre in video».

Opta anche per precise forme di comunicazione?

«Ne utilizza due: l’allocuzione e la conferenza stampa. Il primo meto­do, quello del discorso solenne alla nazione, lo usa prima dei referen­dum, delle elezioni, nei momenti di crisi del Paese. Sono famosi gli interventi del gennaio 1960, quan­do i francesi d’Algeria scendono in piazza e alzano barricate per pro­testare contro il processo di indi­pendenza della colonia, e dell’apri­le 1961, quando a protestare sono i generali con un vero e proprio col­po di Stato. In entrambi i casi (gli unici) De Gaulle va in tv con la di­visa da generale, per sottolineare che è lui il capo delle forze armate.

In questo modo riesce a tirare dalla sua parte la base dell’esercito e a risolvere a suo favore le situazioni.

Con interventi di questo tipo supe­ra il dualismo, insito nella Costitu­zione della Quinta Repubblica, fra capo del governo e presidente della Repubblica, a favore di quest’ulti­mo e impone l’evidenza dell’ele­zione diretta del presidente».

Quando usa il metodo della confe­renza stampa?

«Nei grandi annunci internaziona­li, come nel ’63 e nel ’67, quando pone il veto all’ingresso della Gran Bretagna nella Cee. Non si trattava però di vere e proprie conferenze stampa, ma di una sorta di affer­mazione scenografica della propria autorità davanti al mondo e al Pae­se ».

I giornalisti non possono fare do­mande?

«Praticamente no. Tutto è definito prima nel dettaglio. Nel Salone del­le feste dell’Eliseo, lui si pone su un piedistallo. Alla sua destra e alla sua sinistra ci sono i ministri e i collaboratori, che si alzano e ap­plaudono quando entra. Più in basso una grande platea con gior­nalisti e ambasciatori. Poiché non ha occhiali, utilizza una piantina con segnati, nell’ordine, i punti della sala da dove arrivano le do­mande concordate, per rivolgere il volto nella giusta direzione».

E per le domande impreviste?

»Non risponde o replica con una battuta ironica, passando ad altro».