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 2011  aprile 14 Giovedì calendario

ARTIGIANI DELL’AUTO NELLA LEGGENDA “INDY”

Correre a 360 all’ora su un bolide di Indianapolis intrappolato in una stanza. È un’esperienza da provare, un “giocattolo” da sette milioni di euro. Gian Paolo Dallara mostra il simulatore di guida che ha appena acquistato: un enorme ragno di metallo che si contorce, balla, fa venire il mal di mare solo a guardarlo. I migliori piloti vengono qui, a Varano de’ Melegari, per provarlo: si calano nell’abitacolo ed è come se corressero sui più famosi circuiti. Davanti hanno un pannello enorme dove è proiettato ogni dettaglio, perfino le increspature dell’asfalto. E senza rischiare la pelle, senza consumare una goccia di benzina mettono a punto le auto. Per capire il Made in Italy che, nonostante tutto, resiste agli assalti delle industrie asiatiche bisogna venire in questo paese di poche anime a trenta chilometri da Parma. Bisogna visitare la Dallara, impresa da 200 dipendenti dove nascono bolidi che vincono su tutti i tracciati del mondo.
GIAN PAOLO Dallara ti svela subito il primo segreto: no, non è il simulatore che farebbe gola ai colossi dell’auto, piuttosto sono le persone. “Il nostro vero tesoro”, sorride Dallara, “sono loro”. E indica i dieci ragazzi – ingegneri con i capelli scompigliati e jeans bucati a vita bassa – che passano le giornate a trasformare in numeri ogni dettaglio dell’auto e del suo comportamento. Perfino le reazioni del pilota, le sue sensazioni.
Ci vuole genio. Bisogna essere nel cuore dell’Emilia dei motori. Ti chiudi alle spalle la porta del capannone dove è imprigionato il simulatore e ti ritrovi in campagna. Non c’è contrasto: filari di pioppi, borghi in pietra chiara dell’Appennino, profumo di terra intiepidita dalla primavera e rombo di auto. Eccolo, il secondo segreto: “Io sono nato qui, nel 1936”, dice Dallara. Racconta: “Sono di Varano, qui ho deciso di costruire la mia azienda. Non la porterò mai via, è giusto restituire alla nostra terra i regali che ci ha fatto. Così a Varano vivono sessanta ingegneri italiani e stranieri. Un ambiente internazionale molto stimolante”.
Dallara ha resistito alle sirene che chiamano in Asia: “In Emilia si costruiscono auto sportive da cinquant’anni. Noi non dobbiamo risparmiare sulla mano d’opera, dobbiamo trovare la gente migliore e fare auto che vincano”.
Così se la Dallara resta a Varano, sono le scuderie e i piloti migliori del mondo che vengono in questo paese dell’Appennino. Perfino dal simbolo dell’automobilismo americano: Indianapolis. Dallara produrrà in esclusiva i bolidi che corrono nella leggendaria Formula Indy: “Costruiremo 120 auto in cinque anni”. La Dallara sforna anche le auto per la Gp2 (il vivaio della Formula1), Gp3, e tanto altro. Vetture che vincono dappertutto. Ma dove nasce la passione? “Certo, la velocità e la tecnica, ma io sono soprattutto stimolato dalla competizione”, racconta l’ingegnere e gli si illuminano gli occhi. “Non sono aggressivo – aggiunge – ma ogni lunedì apro il giornale e trovo la classifica. C’è un primo, e poi gli altri. Il secondo è il primo dei perdenti”. Terzo segreto: nello studio di Dallara vedi coppe e fotografie. Qualche auto da corsa, ma soprattutto moglie, figlie e nipoti. Le auto sono un tutt’uno con la passione per la vita. Così capita di incontrare i ragazzi della fabbrica che bussano alla porta dell’Ingegnere per parlare dei nuovi progetti, ma anche per un consiglio sulla casa da comprare.
E la Dallara cresce, nonostante la crisi: nei prossimi mesi aprirà uno stabilimento in America (condizione richiesta dalle autorità americane per partecipare alle gare di Indianapolis). Sei anni fa i dipendenti erano cento, oggi sono duecento. Età media: 32 anni. Eccolo il quarto segreto, i giovani: “Abbiamo ragazzi da tutto il mondo, Argentina, Nuova Zelanda, Inghilterra , Austria”, racconta Luca Pignacca che dirige il reparto auto da corsa.
Bolidi, ma anche le migliori auto da strada. Non importa che non abbiano il nome Dallara sul cofano: le più famose case automobilistiche del mondo approdano qui per la progettazione di telai, sospensioni, per rendere più veloci e sicure le loro auto. Nell’ufficio di Max Gatti, responsabile delle auto da strada, c’è una foto della Bugatti Veyron, l’auto più costosa e veloce del mondo: due milioni di euro per 1.200 cavalli e 430 chilometri all’ora. “Noi ci siamo occupati di sospensioni, telaio in carbonio e aerodinamica”, racconta Gatti. Sono tanti i clienti Dallara, molti coperti dal segreto. Vengono qui perché pochi sanno progettare telai di carbonio così. A Varano ci sono teste che non trovi in imprese con centomila dipendenti. E poi si investe nella ricerca: “Abbiamo due gallerie del vento all’avanguardia” , racconta Andrea Vecchi, che dopo una laurea a pieni voti a Londra ha scelto questo paese sull’Appennino. È nato tutto da una piccola officina, proprio accanto al capannone della ditta di costruzioni di famiglia: “Appena mi sono laureato al Politecnico di Milano mi ha chiamato Ferrari”. E Dallara si ferma appena pronuncia quel nome: Enzo Ferrari. “Un uomo che ha dedicato tutto se stesso alla sua passione”. Aggiunge: “In una Ferrari ci sono cinquant’anni di gare, di esperienze, anche di errori. Stringi il volante e sai che prima di te lo hanno stretto i migliori piloti della storia”.
POI DALLARA è stato alla Maserati, alla Lamborghini dove ha lavorato alla progettazione della Miura (gli appassionati se la contendono come un Picasso). Nel 1972 ecco la nascita dell’officina. In vent’anni è arrivata alla Formula1: “Abbiamo corso per qualche stagione, in mezzo ai colossi. Siamo arrivati nelle primissime file”. I grandi dell’automobilismo Dallara li ha incrociati tutti: dai padri delle auto più famose, come Ferrari e Lamborghini. A tecnici geniali come Mario Chiti e Mauro Forghieri. E poi ci sono i piloti. I più grandi? Dallara fa due nomi: Jim Clark e Ayrton Senna. Poi gli italiani come Michele Alboreto e Alex Zanardi. L’auto dei sogni? “La Lamborghini Miura, un giorno vorrei comprarmela”. Intanto gira su una normalissima Lancia Delta. Tante storie alle spalle. E due sogni davanti: “Vorrei costruire un museo delle nostre auto. E poi realizzare un master in sport automobilistici per giovani ingegneri. Vorrei che fosse il migliore del mondo”. Ma non è tutto così facile: “In America dall’idea di costruire la fabbrica all’apertura dell’impianto passerà meno di un anno. C’è un funzionario del governatore che ha il compito di aiutare le imprese, di rendere loro facili le procedure. In Italia è l’opposto. Ecco, lo Stato dovrebbe imparare dalle industrie che fanno auto da corsa: noi guardiamo alla concorrenza, impariamo da chi fa le vetture più veloci. È l’unico modo per vincere”.