Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  aprile 14 Giovedì calendario

2 articoli – DIFESE DISTRUTTE E CITTÀ SALVATE — La Nato, criticata dai ribelli e dall’interno, difende la sua azione con i numeri

2 articoli – DIFESE DISTRUTTE E CITTÀ SALVATE — La Nato, criticata dai ribelli e dall’interno, difende la sua azione con i numeri. E sostiene di aver conseguito molti risultati in Libia. Difese Gran parte del sistema missilistico a lungo raggio è stato eliminato e l’aviazione libica è inchiodata a terra. Questo ha permesso di imporre agevolmente la no-fly zone. Risultato conseguito nelle prime giornate grazie al dispositivo messo in campo dagli Usa. Poi, dal 31 marzo, quando la Nato ha assunto il comando, l’attenzione si è spostata sulle unità terrestri libiche. L’alleanza ha compiuto 2038 sortite, delle quali 832 sono state definite d’attacco. Nel senso che i piloti hanno usato le armi o hanno semplicemente «ingaggiato» i bersagli. Dunque non sempre hanno sparato. Le forze Francia e Gran Bretagna hanno sottolineato di aver condotto il 50 per cento delle missioni d’attacco (vere) usando rispettivamente 29 e 10 jet. Il resto dei raid è stato effettuato da Belgio, Canada, Norvegia, Danimarca e Usa (in misura minore nella seconda fase). Gli altri Paesi— come Italia, Spagna o Qatar — pattugliano solamente. L’alleanza afferma che con le forze a disposizione, 195 velivoli, ha comunque distrutto circa il 30-40 per cento dell’apparato libico. Ma è necessario, sostiene Parigi, che anche altri governi autorizzino i loro caccia a far fuoco. Questo per mantenere una pressione continua e attacchi più veloci in risposta alle tattiche usate dai lealisti. Linee rosse Sul campo sono state, di fatto, segnate due linee rosse. La prima passa per Ajdabiya. Ogni volta che i lealisti hanno cercato di assumerne il controllo hanno subito duri bombardamenti. La cittadina è la porta della Cirenaica: da qui si arriva velocemente a Bengasi e, nel contempo, si può raggiungere Tobruk. È uno snodo strategico. La seconda linea è stata tracciata— faticosamente e solo negli ultimi giorni — a Misurata. La Nato non può permettere che Gheddafi la conquisti. È un simbolo di ribellione, la popolazione soffre da settimane un assedio feroce, interrompe l’area di influenza dei governativi tra Tripoli e la roccaforte di Sirte. Le incursioni degli alleati hanno permesso ai ribelli, nonostante il loro armamento leggero, di tenere testa al regime e di ricevere aiuti via mare. Misurata resta in pericolo e i suoi abitanti muoiono per le pallottole o di fame. Nel bunker Il colonnello Gheddafi ostenta sicurezza ma è evidente che teme che un missile possa toglierlo di mezzo. Ritiene di essere un bersaglio che cammina. La sua macchina propagandistica ha fatto cilecca. Dice di essere pronto alla tregua, però sa bene che lo stop ai raid accompagnato da un ritiro delle sue truppe nelle caserme dimostrerebbe quanto è ampia l’opposizione al suo potere. Guido Olimpio IL REGIME RESISTE E SI RIORGANIZZA — L’affermazione è del segretario della Nato Rasmussen: la soluzione non può essere militare. E la frase è indicativa dei problemi dell’alleanza. Per molti osservatori siamo allo stallo o, peggio, nel pantano. Movimenti Il colonnello ha saputo cambiare in corsa. Dopo aver subito perdite pesanti, ha disperso le sue unità in piccoli nuclei. Rapide, dotate di veicoli civili, ben collegate, le colonne hanno contenuto i danni. Semplici le armi. Lanciarazzi Grad, mortai, mitragliere e vecchi carri armati. Una mobilità sfruttata anche per garantire i rifornimenti da città lontane come Sirte e Sebha. Se i tank sono tornati a Ajdabiya — dove poi sono stati distrutti — vuol dire che i filo-Gheddafi hanno margini di manovra. È probabile che gli ufficiali abbiano studiato altre campagne aeree (Serbia, Libano sud) adottando normali contromisure. Video hanno mostrato i camion lanciarazzi letteralmente coperti di paglia per farli sembrare normali mezzi agricoli. Rimedi locali affinati con la consulenza, si dice, di mercenari bielorussi e algerini. La Nato rimpiange di non avere velivoli adeguati come le cannoniere volanti americane, tenute ora in riserva e più adatte a dare la caccia ai pick up armati. La montagna I berberi della montagna si sentono abbandonati. Località come Yefren, Nalut, Al Qalaa— regione Ovest della Libia— sono circondate. I lealisti hanno avvelenato i pozzi e sottoposto i villaggi a pesanti bombardamenti. Diverse centinaia di persone sono scappate in Tunisia. Solo la conformazione del terreno e la tempra dei ribelli ha impedito ai fedeli del regime di piantare la bandiera verde sulle case. Frattura Si sperava che l’azione militare avrebbe prodotto una frattura nel regime, con diserzioni di massa e fughe. D’importante è scappato solo il ministro degli Esteri Musa Kusa, poi qualche gerarca minore. Le tribù e i generali non hanno abbandonato il colonnello che può sostenere di godere ancora di appoggi. I dubbi sulle capacità dei ribelli hanno poi fatto il gioco di Tripoli. Solo adesso l’alleanza si sta attivando concretamente per aiutarli con fondi e materiale bellico. Ma con i soliti distinguo per non esporsi troppo sintetizzati dalla definizione di armi per «l’autodifesa» . Obbiettivi Le guerre sono sempre complicate. E questa lo è ancora di più perché mancano unità di intenti e di regole di ingaggio. Divisioni che hanno inciso sul dispositivo militare. Gli alleati vogliono evitare una tragedia umanitaria però temono di sprofondare in un conflitto senza fine o di favorire uno scenario somalo. Forse si pensava di continuare con interventi «moderati» , poi ci si è accorti che il raìs era un osso duro. E si è alzato il tiro. La coalizione vuole che Gheddafi se ne vada ma non ha ancora capito come. E non è un risultato incoraggiante. G. O.