Giuseppe Sarcina, Corriere della Sera 14/04/2011, 14 aprile 2011
DA SOUSSE A MONASTIR, LA COSTA BLINDATA SENZA SCAFISTI —
Questa volta li hanno presi. Non solo i 26 ragazzi che hanno dormito per due notti sotto le palme, confortati solo dal profumo dell’origano, a cento metri dalla spiaggia di Chott Meriem, un villaggio a 30 chilometri da Monastir.
Questa volta, finalmente, i gendarmi della Guardia nazionale hanno arrestato anche l’organizzatore-pilota del barcone che avrebbe dovuto portare i giovani migranti a Lampedusa, salpando la notte di domenica scorsa, 10 aprile. Il trafficante, un marocchino di 40 anni, è tornato in prigione, da dove era fuggito nei giorni della rivoluzione tunisina, mentre stava scontando 8 anni di condanna per aver condotto al naufragio, in altri tempi, un battello con un carico di 69 persone (67 morti).
Onestamente è difficile dedurre da questo episodio un significato più generale, per esempio il segnale di una maggiore vigilanza da parte delle forze dell’ordine tunisine, in virtù dell’impegno assunto con l’Italia. Le versioni sono contrastanti: c’è chi dice, per esempio, che senza una soffiata i militari non sarebbero mai arrivati. Al comando distrettuale della Guardia nazionale di Sousse, il comandante, un tenente colonnello, dopo la solita manfrina (mezz’ora di anticamera, eccetera) fa sapere che non può parlare «senza autorizzazione » . E allora bisogna mettersi in macchina e guidare per 80 chilometri, attraversando praticamente tutta la storia della Tunisia moderna, passando da Hamam Sousse, la città natale di Ben Ali (il presidente deposto il 14 gennaio scorso), fino a Monastir, da dove veniva Habib Bourghiba, il padre dell’indipendenza (1956). È la striscia di terra più opulenta, almeno in superficie, con alberghi faraonici, un campo da golf da 18 buche, ville e palazzine destinate alla vecchia oligarchia locale (che sopravvive agevolmente) e a ricchi europei un po’ esibizionisti.
Inevitabile il massiccio dispiegamento di polizia, Guardia nazionale, esercito e marina militare. Ma in questa fase di sofferta transizione la notizia, forse, è che tutto l’apparato di difesa qui funziona al punto da sigillare almeno una parte della rotta per Lampedusa.
È sufficiente ascoltare i racconti dei pescatori lungo la costa, cui non sfuggono i movimenti invisibili dei polpi e dei tonni, figuriamoci quelli di motovedette o barconi. Prima tappa: il porto di Sousse, dove sono ormeggiati circa 250 pescherecci di taglia diversa e dove Kassem, (30 anni) molla per un attimo le reti: «Al largo ci sono sempre 5 motovedette della Guardia marina nazionale. Da qui non parte e non potrebbe partire nessuno» .
Via a Monastir, allora, venti chilometri più a Sud. Sul molo si appoggia direttamente la fortezza bianca della marina militare e alle spalle del piccolo scafo di Souheil, 43 anni, le mani calcificate dal sale, c’è la Scuola della Guardia nazionale. Anche qui le acque territoriali sono pattugliate a maglie strette: 6 motovedette (una ogni dieci chilometri) e 2 corvette militari.
Risultato: zero imbarchi, zero trafficanti. Il viaggio finisce a Teboulba, un rumoroso e spettacolare intrico di alberi maestri, sartie, reti di ogni tipo. Mille e quattrocento barche: è il secondo porto della Tunisia (dopo Sfax). La scia dei controlli arriva fino a qui.
I passeur sono spuntati subito dopo la rivoluzione, come roditori di stiva attratti da tanto bendidio. Ma le motovedette della Guardia nazionale, appoggiate da un gommone «Zodiac 110» , hanno bloccato tre barconi. L’ultimo trenta giorni fa. Da allora, confida Najah, 36 anni di cui 17 anni di mare, «non ci hanno più riprovato, ma…» .
Forse il «ma» è quella Mercedes 350 nera, con una targa strana: «Rs» , «Régime spécial» , riservata alle auto dei vecchi immigrati tunisini di rientro in patria. Si dice che ci siano anche loro tra i «boss» dei barconi. Gli emissari del clan di Zarzis vengono a Teboulba a comprare nuovi battelli. La scelta è ampia, ma i prezzi sono già raddoppiati o triplicati. Il pescatore Najah lo spiega così: «Un barcone 100 posti oggi può costare fino a 100 mila euro» .
Ma purtroppo solo il linguaggio è da salone nautico.
Giuseppe Sarcina