Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  aprile 14 Giovedì calendario

MALAGROTTA BLUES

La leggenda racconta di un drago in questo punto della campagna romana. Una creatura enorme nascosta in una grotta pronta ad uccidere chiunque si avventurasse per quelle strade. Nel 2011 a Malagrotta il drago c’è ancora. Ha la testa di una raffineria di petrolio che da uno dei sui bruciatori getta fuoco tutto il giorno e la coda a forma di discarica. La più grande d’ Europa.
Da piazza San Pietro alle porte della discarica ci sono poco più di dodici chilometri, ventidue minuti da percorrere in automobile. In via di Malagrotta ci arrivo percorrendo via Aurelia, la strada che i romani percorrono per raggiungere le località balneari. Questa strada è abbracciata dalla campagna. Sei chilometri immersi nel verde, circondati da fattorie, pezzi di terra coltivati e allevamenti di bestiame. Ma bastano poche centinaia di metri e al panorama bucolico si aggiungono elementi artificiali.
A destra la fiamma della raffineria di Roma, l’unica del centro Italia. Sulla sinistra inizia a palesarsi sempre di più un colle di colore marrone chiaro, quarantasei metri. È il colle fatto con trent’anni di immondizia di Roma. A Malagrotta passano 1.300 camion al giorno che gettano 5.000 tonnellate di rifiuti indifferenziati. Manlio Cerroni, l’imprenditore che sulla munnezza ha costruito la sua fortuna, incassa sessanta euro a tonnellata sui rifiuti versati nella sua struttura. E’ facile capire come la munnezza si trasformi in oro.
Dalla collina di immondizia si producono soldi dalla putrefazione dei rifiuti producendo il biogas e il syngas dall’inceneritore. Come se non bastasse in questa zona c’è un inceneritore di rifiuti ospedalieri. Così al problema rifiuti si aggiunge il problema traffico e inquinamento. Secondo il portale ufficiale della TotalErg, la società che gestisce la raffineria, dai loro impianti escono quotidianamente quattrocento autobotti. La mole di mezzi pesanti che passano di qui è chiara se si sosta per dieci minuti al crocevia dove via di Malagrotta diventa via di Ponte Galeria e incrocia via della Pisana, la strada per il consiglio della Regione Lazio. Qui il livello di inquinamento da polveri sottili è 4 volte superiore al livello di legge. Il PM10 è di 0.210mg, il Decreto ministeriale 2 aprile 2002, n. 60, fissa il limite a 0,50mg.
Malagrotta o la vedi con gli occhi o la senti con il naso. Sono le cinque di un pomeriggio di novembre quando inizio a sentire l’odore acre dei rifiuti. Le persone alle quali chiedo se è sempre così la situazione, mi dicono che al tramonto l’odore diventa sgradevole e si fa sentire se le ruspe non coprono di terra pulita i rifiuti della giornata. D’estate diventa poi insopportabile e raggiunge anche i quartieri vicini: Aurelio, Boccea, Primavalle, Magliana e ovviamente Massimina.
Massimina sorge di fianco la discarica, in linea d’aria poco più di un chilometro. Il quartiere è il XVI municipio di Roma. 8000 persone vivono da più di trenta anni nella speranza di vedere realizzata un’altra soluzione per lo smaltimento dei rifiuti. Claudio gestisce un bar su via del Casal Lumbroso. Da qui si ha un colpo d’occhio d’eccezione sulla discarica e sul quartiere. Mi racconta che qualche mese fa alcuni giovani architetti accompagnati da personale del comune di Roma hanno visitato il sito. Vogliono far sorgere un parco sopra sei lustri d’immondizia. In attesa degli alberi e della central park romana, a dicembre, il comune ha dato un’altra proroga che porta al 2013 la chiusura. Ormai il conto delle proroghe è difficile da tenere e attraversa orizzontalmente anni di politica romana e giunte di colore diverso. All’interno della discarica si sta allestendo una nuova vasca per contenere rifiuti confinante col bosco di Massimina, una ex cava risanata nel 1998. Oltre a questo al confine fra discarica e parco sono state stipate centinaia di metricubi di cemento. L’intenzione di chiudere sembra essere molto lontana. L’unica passeggiata nel verde per gli abitanti del posto è abbandonata a se stessa. Il parco è sporco, non controllato e pericoloso. Da qui si entra con estrema facilità all’interno della discarica, parte della recinzione è tagliata.
Nel frattempo si continuano a costruire palazzi residenziali con vista discarica. Pubblicizzati come abitazioni immerse nel verde e nella tranquillità alle porte di Roma.
In via Gioele Solari stanno terminando di asfaltare la strada che porta a un nuovissimo comprensorio di cinque costruzioni di tre piani l’una. Qui verranno ad abitare circa cinquanta famiglie godendo di un panorama unico: un boschetto di alberi di leccio piantati una decina di anni fa sul pattume, e la discarica in funzione, con le ruspe al lavoro per spianare e coprire i rifiuti di giornata mentre i gabbiani banchettano.
La vendita è gestita da una nota immobiliare romana e i prezzi non sono proprio a buon mercato. Per un appartamento al terzo piano di 70mq, con un piccolo giardino e posto auto, si possono spendere fino a 290mila euro.
Anche in via Santini, una delle tante strade che affacciano sulla discarica, si costruiscono nuove palazzine con vista immondizia. I condomini degli ultimi palazzi hanno visto crescere il colle. Quello strano pezzo artificiale di natura è entrato a far parte delle cose quotidiane per tante persone.
I primi giorni di novembre l’Arpa ha analizzato in 61 punti le falde acquifere rilevando livelli impressionanti di ferro, nichel e manganese. Presenti anche arsenico e benzene. La causa principale sarebbe da ascrivere al percolato, il liquido prodotto dall’immondizia e che dovrebbe essere smaltito con sistemi di drenaggio specifici.
Salvatore Damante fa parte del comitato Malagrotta. Lo incontro un sabato mattina vicino alla porfina, mentre sta rilasciando un’intervista a due giornalisti francesi. Secondo lui l’inquinamento arriva fino al mare perché «il Rio Galeria, che per portata è il terzo fiume del Lazio, è inquinato aldilà di ogni tollerabilità, contaminando così anche il litorale poiché il Rio sfocia nel Tevere e dunque la massa di inquinamento arriva fino al mare».
Prima di trasformarsi in zona industriale con annessa discarica, Malagrotta faceva parte di uno dei poderi più estesi di Roma nord, terreni che si estendevano per 570 ettari. I braccianti della bonifica di inizio ’900 risiedevano nei casali ancora oggi visibili. In questa zona si producono latte, formaggi, mozzarelle, ortaggi che finiscono sulle nostre tavole.
Fra i proprietari delle aziende agricole di Malagrotta non c’è molta voglia di parlare. La televisione secondo loro ha contribuito a costruire un’immagine della zona distorta senza risolvere nulla. Paolo mi racconta che è dagli anni 30 che la sua famiglia vive e lavora qui. La sua azienda produce mozzarelle di bufala. È troppo complesso portare avanti questo tipo di attività. Al lavoro quotidiano si aggiunge il monitoraggio costante della situazione ambientale e precisa: «I liquami della discarica ci preoccupano più degli scarichi della ciminiera, nonostante si infiltrino nei terreni di Massimina, dalla parte opposta».
Se gli affari delle immobiliari sembrano andare bene a Massimina, qui a valle il problema discarica ha danneggiato il loro lavoro. Questa è una una zona ad alta densità di inquinamento, già destinata all’osservanza del Seveso 2, il decreto legge 334/99 impedisce la concentrazione di impianti industriali ad alto rischio. L’Eurispes in un’analisi molto dettagliata del 2008 ha indicato Malagrotta fra le 18 aree nazionali a maggior rischio.
Negli anni novanta qui si bloccavano le strade, la gente si incatenava all’ingresso della discarica. Il comitato era importante e le manifestazioni erano attività seguite da tutta la comunità. Questo tipo di lotta non ha portato a nulla. Forse è per questo motivo che ora a seguire le iniziative resta uno sparuto gruppo di cittadini.
Nel dibattito su dove costruire il post-malagrotta si fa sempre più prepotente la proposta Monti dell’Ortaccio. Percorrendo via di Malagrotta da via Aurelia la discarica si trova sulla sinistra. Qualora la proposta Monti dell’Ortaccio andasse a buon fine, si aggiungerebbe a destra un nuovo colle parallelo a quello esistente. Distruggendo definitivamente la vita delle aziende agricole e rimandando di altri trent’anni la bonifica della zona. La proposta è stata fatta da patron Cerroni offrendo una sua proprietà di 300 ettari dove, a suo dire, avrebbe costruito già una vasca di smistamento di 500 metricubi. Una location perfetta anche perché qui si trova il termovalorizzatore di rifiuti ospedalieri che dà uno sfondo futuristico al pascolo e al recinto di pecore che sorge sotto il camino dell’inceneritore.
La discarica più grande d’Europa. Un gassificatore pronto a partire. Un inceneritore di rifiuti ospedalieri. Una raffineria di petrolio. Quattro aziende di stoccaggio di carburante. Molte cave di sabbia. Una concentrazione di impianti ad alto rischio tutti in un fazzoletto di terra a meno di 12 km da San Pietro. Fatto sta che il nome Malagrotta con il tempo è diventato un’etichetta negativa, ha perso del tutto il suo valore di toponimo trasformandosi in epiteto. L’equazione è Malagrotta: discarica: immondizia: dannoso. Quel nome si attacca addosso, una coltre di polvere che opacizza tutto.