Lauretta Colonnelli, Corriere della Sera 14/04/2011, 14 aprile 2011
IL LEGNO, L’ARTE E LO SPAZIO
Fa un certo effetto, dopo aver visto per anni sui libri e sulle riviste di architettura le immagini dei progetti di Gerrit Rietveld, osservare dal vero i mobili, i disegni, i modellini delle sue case. Sono oltre quattrocento i pezzi originali del maestro olandese (vissuto a Utrecht tra il 1888 e il 1964) che il Maxxi presenta nella mostra «Universo Rietveld», da oggi e fino al 10 luglio. «L’ esposizione più importante del 2011 dopo Pistoletto», l’ ha annunciata il presidente del Maxxi, Pio Baldi, ieri mattina all’ inaugurazione. E per ribadire l’ importanza di Rietveld, ha fatto notare che girando per il Salone del mobile a Milano, aperto proprio in questi giorni, si scopre che linee e forme delle creazioni di oggi sono ancora intrise dello spirito dell’ architetto olandese. «I miei mobili cercano di non rompere lo spazio», diceva Rietveld, che era anche falegname e artigiano, allestitore di mostre e progettista di spazi espositivi. E Margherita Guccione, che ha curato l’ esposizione insieme a Edwin Jacobs, direttore del Central Museum di Utrecht, e a un gruppo appassionato di studiose, rileva la sua idea di spazio fluido, dinamico, aperto alle interpretazioni degli utenti: «Fu l’ inventore di soluzioni non convenzionali che oggi sono diventati normalità, ma all’ epoca segnarono una rivoluzione». Proprio per sottolineare il contributo di Rietveld all’ architettura e al designer contemporanei, il percorso della mostra comincia con le interviste a quattordici progettisti italiani viventi trasmesse in video. «Ho guardato sempre a Rietveld un po’ come a Carlo Scarpa - rivela Aldo Aymonino - un magnifico straordinario ebanista, artigiano, per il quale i meccanismi spaziali sono tutti interni». E Andrea Branzi: «Rietveld è uno dei pochi designer che non si confronta con una nuova gradevolezza. Ha una visione anche drammatica della contemporaneità, dove il costruire e il decostruire coincidono. È uno dei pochi che dà della modernità una visione molto problematica, per certi versi profetica». Il confronto con i contemporanei si concretizza alla fine del percorso della mostra, dove sono esposte rivisitazioni attuali di quelle che sono considerate le icone di Rietveld, come la celebre sedia Rosso-Blu, accanto alla Zig-Zag reinterpretata da Alessandro Mendini e alla Smoke rifatta da Maarten Baas. In mezzo, disegni originali, fotografie d’ epoca, prototipi di mobili, libri e riviste, documenti d’ archivio e filmati. Stupiscono i celebri assemblaggi, con la serie Crate dei mobili faidate, forniti in un kit a imballaggio piatto, proprio come oggi quelli di una celebre ditta svedese (ma Rietveld li aveva pensati nel 1934). «Quando propone di realizzare i suoi mobili di legno, lo fa per reagire all’ art pompier dei suoi tempi che già imperversava totalmente nel mercato dei beni di consumo, un pò come oggi avviene per il design. E quindi immaginava oggetti umani, semplici, i più semplici possibili, senza sovrapposizioni anacronistiche di stilemi vari», osserva Enzo Mari. Attualissime le sedute in tubolare metallico, alluminio e poliestere, che Rietveld comincia a progettare già nel 1927. Meravigliosi i suoi mobili per bambini, qui in esemplari un pò scrostati e scoloriti dall’ uso, come il seggiolone del 1918 e il carretto da spiaggia con le ruote rosse e blu e le fiancate gialle, che prevedeva anche una capote in tela bianca, come si vede in una foto d’ epoca. Ed è quasi commovente il modellino in legno, vetro e cartone, della sua celeberrima Casa Schröder, costruita a Utrecht nel 1924, che sembra la trasposizione plastica di un quadro di Mondrian e oggi è inserita nella lista del patrimonio mondiale dell’ Unesco.
Lauretta Colonnelli