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 2011  aprile 14 Giovedì calendario

SPACCIATRICI O SOLO CONSUMATRICI, NEOMAMME E ADOLESCENTI



Roberta ha 40 anni e la mascella contratta, ogni tanto digrigna i denti. Parla a scatti e si tocca i capelli di continuo. Lavora in uno studio legale, è un po’ sovrappeso e due anni fa ha iniziato a tirare di cocaina. Ha un bambino, che vive con la nonna. «Quando sono fatta mi vedo più bella», racconta. «Ho gli occhi che brillano, mi sento più leggera». In borsetta, tiene sempre una banconota da arrotolare per sniffare e una carta di credito per “stendere”. L’hanno beccata anche nei bagni del suo ufficio, ma non le hanno detto niente «perché gli avvocati tirano tutti come dei dannati. E chi è senza peccato scagli la prima pietra». Roberta oggi è una tossicodipendente. Soffre di paranoia, per dormire si deve imbottire di barbiturici. Fa sesso tutte le sere, ma non ha orgasmi, non prova nulla. «Non posso smettere», dice. «Ingrasserei, diventerei depressa come nei giorni di down. Non voglio».
La coca è rosa. Come Roberta, sono 27 mila le italiane tossicodipendenti, 23 mila delle quali (l’86 per cento) ogni anno accedono ai servizi pubblici richiedendo un trattamento per dipendenza da sostanze stupefacenti. Al Sert ci arrivano sei/otto anni dopo la prima sniffata. Oggi, soprattutto per la fascia di età più giovane, non ci sono più differenze (l’1,5 per cento dei maschi tra i 15 e i 24 anni ha assunto coca negli ultimi dodici mesi. Per le donne il dato è di 1,4). Mentre il sondaggio realizzato per la Relazione annuale al Parlamento sulle droghe dice che il 4,8% degli italiani intervistati, fascia d’età 15-64 anni, ha provato ad assumere cocaina almeno una volta nella vita, mentre lo 0,9% ammette di averne consumato anche nel corso dell’ultimo anno.
Maschi e femmine. La par condicio, almeno quando si parla di polvere bianca, c’è. Usano cocaina allo stesso modo e nella stessa quantità. «Le consumatrici vogliono le medesime cose degli uomini», spiega Riccardo Gatti, direttore del Dipartimento delle Dipendenze della Asl di Milano. «Sesso, potere, divertimento. La differenza, in passato, stava negli elementi che le tenevano al riparo da questo rischio», continua Gatti. Piacersi a ogni costo, fare soldi e carriera. Le donne di oggi sono cambiate, sono entrate nella giungla della competizione. «È venuta meno la fiducia in un affetto stabile, che sia un compagno o un marito. Ed è aumentata tantissimo l’ansia da prestazione, così come le aspettative sul lavoro», sottolinea Fabio Sbattella, docente di psicologia delle emozioni all’Università Cattolica di Milano. Un vuoto da colmare dunque, zeppo solo di incertezze e insicurezze. Con il terrore della depressione che aleggia come un fantasma. «Non mi sento all’altezza», dicono in tante. Essere madri, lavorare, stare dietro alla casa. Tanti anni fa Angela Finocchiaro era protagonista di un sketch in cui raccontava la vita di una mamma manager piena di impegni con una giornata di 24 ore no stop. «Come fa, signora, a resistere?», le chiedeva qualcuno. «Semplice, sniffo», rispondeva. «A fine anni ’90 la coca con un’abile operazione di marketing era diventata una droga di massa», spiega Gatti. Colpì molto la vicenda di Kate Moss che, fotografata mentre sniffava, fece addirittura aumentare il fatturato delle case di moda di cui era testimonial. «Oggi questa tendenza è cambiata, il consumo di cocaina è diminuito. Ma forse le donne sono indietro rispetto agli uomini in questo passaggio e sarebbe meglio cercare di capirne il motivo».

se lo fanno, vanno fino in fondo
Non è d’accordo Paola Trotta, direttore del dipartimento Asl delle dipendenze di Firenze. «In realtà per il momento le consumatrici sono aumentate: non registriamo ancora un incremento delle tossicodipendenti, perché non c’è una corrispondenza immediata tra i due dati. Ma tra qualche anno vedremo salire anche loro». Il motivo? «La cocaina impiega più tempo dell’eroina a dare problemi di dipendenza, soprattutto se l’uso è saltuario», continua Trotta. Su un elemento però concordano tutti. «Sono molto più toste da curare». Per Don Mazzi, fondatore della Comunità Exodus, la spiegazione è antropologica: «I maschi sono più superficiali, quando le donne fanno una cazzata la fanno fino in fondo». Per altri, invece, le tossicodipendenti che arrivano a farsi curare sono meno degli uomini, forse perché “si fermano prima” o “perché difficilmente vengono arrestate”.
Bulle e pusher. Anche su questo fronte però il mondo bianco sta cambiando. I casi di cronaca riportano sempre più spesso storie di spacciatrici o di mule. Le ultime, due mamme brasiliane che viaggiano con i propri figli. Ognuna trasportava nella propria valigia uno stereo con dentro la cocaina: 50 chili in tutto, per un valore di 8 milioni di euro. A Roma, alla fine dell’anno scorso, è stata arrestata un’italiana al settimo mese di gravidanza, pizzicata in casa con 86 grammi di cocaina. «In genere sono i maschi a gestire il commercio e a vendere loro la droga», spiega Don Rigoldi. «E per molte (le statistiche parlano di un 70%, ndr) la droga è associata ad abusi e violenze». Preoccupa anche l’atteggiamento sempre più aggressivo delle ragazzine. Bulle che imitano in tutto e per tutto i loro colleghi maschi. E che per sentirsi più forti non si tirano indietro di fronte a una riga, con la coca che agisce sul cervello togliendo il freno ad aggressività e comportamenti violenti. «Molti adolescenti si drogano insieme ai genitori», denuncia Don Mazzi, «e le ragazze sono sempre meno femminili nei loro comportamenti, perché non hanno modelli». Nell’uso di sostanze, le donne hanno poi una debolezza in più: il ricatto sessuale. Ci sono numerosi casi documentati di abuso tra ragazzine di 12/13 anni; adolescenti che scambiano sesso per avere in cambio sostanze e soldi. Ci sono anche minorenni di buona famiglia che entrano in contatto con spacciatori per sentirsi le “donne del capo”, o sapendo che poi la cocaina per loro è gratis. Dall’altra parte però c’è un pusher, che ne approfitta per farsi un piccolo harem.

la droga vissuta come medicina
Sorprende poi che le donne siano più esposte dal punto di vista medico alle conseguenze che l’uso di cocaina comporta. Spiega Giovanni Serpelloni, capo del Dipartimento nazionale antidroga: «Il 75 per cento delle consumatrici assume coca associata ad alcol, questo mix crea il coca etilene, una sostanza che prolunga gli effetti tossici particolarmente rilevanti per le donne che hanno un deficit fisiologico dell’enzima che metabolizza l’alcol». Ma non solo. «Le donne sono più portate di per sé a contrarre malattie sessualmente trasmissibili, rischio che la coca, dal punto di vista comportamentale, raddoppia».
Altro tema delicato, quello dell’abuso di sostanze in gravidanza. Nonostante sia risaputo che assumere droghe danneggia gravemente il feto a livello fisico e mentale, il 5% delle donne incinte, di età compresa tra i 15 e i 44 anni, dichiara di utilizzare droghe, il 10% di assumere alcol e il 16% fuma sigarette. «Stiamo parlando di casi di tossicodipendenza grave», precisa Sbattella. «Ma molte con la gravidanza rischiano, perché entrano in depressione e si sentono inadeguate». Così se il bambino piange, non ti fa dormire e il mattino dopo devi andare in ufficio invece di sopportare la fatica ti fai due righe per rimanere sveglia. «Quando il bambino era piccolo per un po’ di tempo avevo smesso, ma poi non ce l’ho fatta. Però ho preferito affidarlo a mia madre che non me lo fa quasi mai vedere», racconta Roberta. Incapacità di sopportare il dolore, la fatica, il sonno. «Ormai tendiamo a prendere una pastiglia per qualsiasi cosa. E molti, stupidamente, fanno rientrare la coca nella categoria delle medicine, pensando così di risolvere il problema. Peccato che di problemi ne sorgono altri», spiega Sbattella. D’accordo anche Don Mazzi: «Soprattutto i giovani non tollerano le difficoltà e la droga diventa una risposta ai loro mali».