
Calcio: 1957 – 2010
Quando eravamo noi a vincere
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Feltri lascia il Giornale di Paolo Berlusconi e torna a fare il direttore editoriale a Libero, il quotidiano che dirigeva prima. L’attuale direttore di Libero, Maurizio Belpietro, resta al suo posto. I due, in questo movimento, diventano addirittura azionisti del quotidiano: l’editore Angelucci ha ceduto a entrambi una quota della proprietà, il 20 o più probabilmente il 10 per cento a testa. Quindi la notizia è: Feltri e Belpietro, i due grandi avversari del giornalismo scritto di destra, si rimettono insieme e, senza smettere di fare il loro mestiere, diventano editori.
• Senso dell’operazione?
Ci sono tante interpretazioni. Io la vedo così: gli Angelucci, pur di riprendersi Feltri, hanno messo sul tavolo, in regalo, un pezzo di quotidiano. Feltri aveva già fatto circolare la voce che aveva voglia di fondare un nuovo giornale e s’era poi saputo che, dell’impresa, aveva cominciato a discutere con Belpietro. Gli Angelucci, cedendo un pezzo di Libero, hanno fermato uno e fatto rientrare l’altro. Guardi, dico che le quote sono state regalate intanto perché non riesco a immaginare Feltri e Belpietro che tirano fuori tre milioni a testa (Libero varrebbe una trentina di milioni). E poi perché andando via da Libero, nell’estate del 2009, Feltri s’è portato dietro 50-60 mila copie. Riprenderselo – e con lui, presumibilmente, un bel po’ di tiratura – era troppo conveniente. Bisogna poi vedere che cosa gli Angelucci hanno ceduto: la testata “Libero” è posseduta dalla Editoriale Libero srl che fa capo alla Fondazione San Raffaele di Ceglie Messapica (Brindisi). L’Editoriale affitta la testata alla società Opinioni Nuove che la edita e, grazie alla sua struttura cooperativa, gode dei contributi dello Stato. Dal 2003 al 2009 una quarantina di milioni. A occhio, direi che il 20% offerto a Feltri-Belpietro si riferisce alla Editoriale Libero. Sapremo comunque tutto martedì: i due terranno una conferenza stampa per spiegare tutto.
• Sa che cosa mi sorprende? Questo: Feltri, alla testa del Giornale, era stato quest’anno un protagonista assoluto della nostra vita politica. Ha tartassato lui Fini con la storia della casa di Montecarlo. Per non parlare dell’affare Boffo, il diretto dell’”Avvenire” costretto a dimettersi per l’accusa di omosessualità avanzata da Feltri sulla base di un documento falso. Dopo tutto questo, come mai molla e torna dove stava prima?
La storia di Boffo gli è costata una sospensione per tre mesi dall’Ordine dei giornalisti. In pratica: un divieto assoluto di scrivere. Feltri ne ha sofferto moltissimo. Appena la sentenza è stata emanata ha detto che si sarebbe ritirato a vita privata oppure che avrebbe fondato un altro giornale. Anche se lui non lo dice, l’aria è che si sia sentito tradito dai vertici del Giornale. Il nuovo direttore, Alessandro Sallusti, e Daniela Santanché, che cura la parte pubblicitaria con la sua concessionaria “Visibilia” (anche lei è passata al Giornale nell’estate del 2009, mollando Libero), sembrano essersi impadroniti completamente della tolda di comando. Insomma Feltri, come tutti i grandi solitari, non può sentirsi il fiato sul collo da parte di nessuno. E poi è un uomo facile alla tristezza e alla noia. Il Giornale lo aveva annoiato. La sentenza lo ha depresso. Così ha cambiato aria. Anche se per modo di dire, visto che torna in un luogo ben noto.
• Non ci saranno dietro ragioni politiche?
Può darsi che si sia stufato di Berlusconi. In parecchie interviste recenti lo ha criticato, salvandolo solo perché non vede alternative da nessuna parte. Feltri e Belpietro potrebbero essere una terza destra, dopo quella targata Pdl e quella targata Fli.
• Che giornale faranno?
Per ora si sa che taglieranno otto pagine dalla foliazione nazionale. Feltri ultimamente ha molto elogiato “Il Fatto”. «La formula del “Fatto” è vincente, un giornale boutique. Se dovessi fare un giornale lo prenderei a modello: redazione snella, poche spese, notizie e opinioni forti».
• Quanti giornalisti ha Libero?
Novanta. Non assomiglia al Fatto né per numero di pagine né per la consistenza redazionale. E di copie ne ha perse parecchie: 153.991 nel 2006 (direzione Feltri), 75.838 nel 2009 (da agosto di quell’anno direzione Belpietro: il calo era cominciato però molto prima del suo arrivo). Ha retto con la pubblicità – in controtendenza rispetto al mercato, grazie al fatto che orbita nell’area berlusconiana, cioè di governo – e con i contributi pubblici. La voce secondo cui gli Angelucci – arricchitisi con la sanità e adesso anche in lizza per comprare la Roma - avrebbero ceduto una prima quota a Feltri-Belpietro per cominciare a uscire dall’editoria è però falsa. Sarà venduto l’altro giornale di famiglia, il Riformista, al vecchio comunista Emanuele Macaluso che sta cercando un imprenditore che metta i soldi. Ma, quanto a Libero sembra che, a parte quel 20%, se lo vogliano tenere ben stretto. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 18/12/2010]
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