Angela Manganaro, Il Sole 24 Ore 18/12/2010, 18 dicembre 2010
LA BIONDA SVEZIA HA PAURA DI UN FUTURO TROPPO STRANIERO - A
Malmö il colore dei capelli non è un dettaglio. Dopo il tramonto è buona regola che i biondi stiano alla larga da Rosengard, quartiere con decorosi palazzoni e un centro commerciale che non fa pensare al ghetto simbolo del disordine multietnico del laboratorio Svezia: potrebbero essere borseggiati. Ultimamente la polizia consigliava ai bruni con pelle scura (gli "svartskalle" o testa nera, modo di dire che distingue i nativi da chi non lo è) di camminare in gruppo e non frequentare posti isolati per paura del killer che sparava contro gli immigrati.
Ora la terza città del paese, con il 20% di stranieri, un’altissima percentuale di sussidi, guerriglie all’ordine del giorno, vetri della sinagoga fracassati da razzi, si è liberata da un incubo: il killer si chiama Peter Mangs, ha 38 anni e fa il musicista. «Noi pensavamo fosse un ex poliziotto, invece era un artista», dice Maria, boccoli scuri, dottoranda all’università di Lund. «Sono stato fortunato: il killer viveva nella zona ricca dove lavoro e andava a sparare in quella povera» dice il tassista dalla pelle mediorientale. Mentre la polizia di Stoccolma si chiede chi era davvero Taimour Abdulwahab, il kamikaze «integrato, gentile, occidentalizzato» che sabato si è fatto esplodere nella via dello shopping, quella di Malmö accumula prove a carico del presunto assassino, probabile psicolabile ma con movente razzista.
Nella patria del giallo, la trama non spiega la realtà. «Sono due follie ma sono accadute qui, è una vergogna», ragiona Ignacio Barrera, 31 anni, genitori cileni, nato a Lund, esperienze a Londra e Madrid, ora impiegato a Malmö, roccaforte socialdemocratica. Ignacio vota i verdi ma considera il moderato ministro degli esteri Carl Bildt un politico brillante, tifa per il Milan e WikiLeaks, è sicuro che Julian Assange non è uno stupratore. Avverte: «Malmö non è la Svezia come New York non è l’America e Londra non è l’Inghilterra. Qui però c’è la segregazione e la sottosegregazione: i somali stanno con i somali, gli iracheni con gli iracheni. Malmö è speciale ma brutta. Gli svedesi però non sono razzisti: sono solo stanchi di vedere tanti stranieri che non lavorano prendere un sussidio superiore alla loro pensione. D’altra parte però essere musulmani in occidente non è facile. I politici dovrebbero parlare di più di questo».
I politici hanno dovuto parlarne quando alle elezioni politiche di settembre il partito populista e neonazista del trentenne Jimi Atkinson ha preso 20 deputati: ora però è isolato, il governo del premier Friedrik Reinfeldt ha rifiutato alleanze, ha avuto l’appoggio dei socialdemocratici, da sempre al potere, da due mandati all’opposizione, adesso senza leader: Mona Sahlin si è dimessa poche settimane fa. Una delle più formidabili macchine politiche d’Europa è in un tunnel e non si vede la luce, scrivono i commentatori.
«Sono in caduta libera, hanno perso tutti i treni, non hanno capito che il mondo stava cambiando: per noi è un problema non avere un’opposizione forte» spiega uno dei volti vincenti del partito moderato oggi al governo. Si chiama Anna Maria Corazza Bildt, italiana con passaporto svedese, moglie del ministro Bildt, eurodeputata dal 2009 a dispetto dei pronostici. «La Svezia sta cambiando velocemente in un certo senso europeizzandosi in modo negativo con problemi come l’immigrazione di massa», spiega. L’attacco kamikaze «è stato una grande sorpresa: gli svedesi si credevano immuni dal terrorismo internazionale. Allo stesso tempo però c’è stata una risposta direi cool: non vogliono cambiare il loro stile di vita». L’uomo bomba – spiega la signora Corazza – «è la terza tappa del "risveglio": prima l’omicidio di Olof Palme, poi quello di Anna Lindh, adesso il kamikaze. Ma gli svedesi continuano a credere nelle istituzioni hanno fiducia nello stato che difende loro e la libertà di espressione, sacra». Non a caso le vignette blasfeme su Maometto sono state ripubblicate in Svezia un anno dopo il caos in Danimarca.
La crisi economica ha fatto la sua parte ma non spiega tutto: «C’è stato un momento in cui chi non aveva il lavoro poteva incolpare l’immigrato ma adesso il paese sta uscendo dalla crisi prima e meglio degli altri, gli imprenditori hanno grande fiducia nel futuro, abbiamo bisogno di immigrati che lavorano. Gli ingressi illegali e la paura dell’Islam hanno il loro peso – continua Corazza - ma a far paura sono i numeri: gli svedesi sono solo nove milioni, il paese ha in proporzione più migranti dell’Italia».
Il governo punta a tasse più basse, la riforma sanitaria prevede anche il medico privato, prima impensabile. L’opinione pubblica vuole un nuovo welfare ma non è disposta a trattare su privacy e libertà di espressione: non a caso il quartier generale di WikiLeaks si trova alla periferia della capitale, ospitato dalla web company Banhof in un ex bunker della seconda guerra mondiale: blogger e designer hanno diffuso foto strepitose della sede, uguale a un set di Spielberg.
Ecco perché una delle leggi più controverse nel paese che ha anche il partito dei pirati informatici, è il "Fra" che prevede controlli su mail e telefonate da parte del ministero della Difesa: scandalosa secondo molti. «Non si è pronti ad accettare una legge simile, forse ora dopo l’attentato le cose cambieranno» conclude Corazza. «L’effetto immediato della bomba è che parte del mio partito adesso vuole approvare questa legge» spiega contrariato il professor Sven Britton. Immunologo al Karolinska Institute, ha insegnato e lavorato all’Università della California, ora in pensione lavora nel centro vaccinazioni pubblico a una traversa dall’attentato. A settembre si è presentato con i socialdemocratici: dopo le dimissioni della Salin diverrà deputato. Non credeva che Berlusconi riuscisse a farcela anche stavolta, sorride. Sul suo partito dice. «È in crisi, come il modello: le politiche su cui si poggia non funzionano più anche perché si vogliono tenere tasse alte: il denaro è più importante dell’ideologia e della solidarietà» ma ammette: «Il governo è competente soprattutto nell’economia». Quando saluta chiede: «Sa qual è la nazionalità più diffusa al Karolinska?» Gli iraniani? «No, gli italiani». Triste per l’Italia. «Triste per voi, buono per noi», sorride.