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 2010  dicembre 18 Sabato calendario

LA SINISTRA DIVISA SULL’USO DELLE BARRICATE


Sul quotidiano comunista il manifesto, ieri, a pagina 4, questo titolo: «Ora la precarietà vi si rivolta contro» . Sommario (le due righe che stanno sotto il titolo): «Parlano i protagonisti dell’assedio alla zona rossa: così miriamo a rompere solitudine e subordinazione» . Gli intervistati sono anonimi. E questi sono stralci del colloquio. Domanda: martedì qual è stata la parola unificante? «Martedì era "la rivolta", la ricerca della rottura. Chi vive la crisi, di fronte alla fine della mediazione politica, comincia a "soggettivizzarsi" non solo nell’autorganizzazione, ma costruendo "pezzettini"di rivolta quotidiana» . «... Che da qui a "costruire un mondo nuovo" sia sufficiente bruciare due macchine, ovviamente no... Ma qual è la priorità oggi? Riportare i processi di conflitto al centro, accumulare forze per il cambiamento... Anche facendo le barricate costruiamo un mondo nuovo, perché mentre le fai scopri "con chi" puoi fare un altro mondo» . «... La piazza ha "tenuto"oltre ogni aspettativa. Ora c’è da capire quali prospettive si dà questo movimento. Ma martedì tanti "pischelletti"hanno capito che c’è una cooperazione nella lotta, e la ricomposizione è possibile» . Depurati da un certo politichese un po’ gruppettaro, i ragionamenti sono chiari: martedì alcuni manifestanti hanno cercato la rivolta, convinti che anche attraverso le barricate— e quindi la durezza degli scontri con le forze dell’ordine, gli incendi, le devastazioni, il lancio di micidiali bombe carta — sia possibile costruire un mondo nuovo. Norma Rangeri, tu dirigi il manifesto: non ti sembrano teoremi pericolosi? Non temi la nascita di una zona grigia dove la violenza possa fermentare? «Senti: io posso anche dirti che questa violenza è una forma di esasperazione... una forma di risposta al disagio che, drammaticamente, mette da parte la politica...» . Invece cosa pensi davvero? «Penso che ci sia un’altra verità, più profonda e più grave. Penso insomma che questi ragazzi, nati e cresciuti in pieno berlusconismo, adesso siano venuti a presentarci, semplicemente, il conto» . Il tono delle vostre domande non è incalzante e non è mai critico. «Noi abbiamo posto le domande che crediamo meritassero delle risposte. È compito di noi giornalisti indagare e comprendere certi fenomeni. Del resto non erano quattro gatti, ma centinaia quelli impegnati nei tafferugli. E aggiungo: nessuno mi sembra pentito e, anzi, è evidente a tutti la sostanziale solidarietà che hanno ricevuto e ricevono dal movimento» . Sul ragionamento di Norma Rangeri entra Maurizio Landini, il segretario della Fiom-Cgil che martedì era alla testa di uno dei due cortei in marcia verso la zona rossa che doveva proteggere il Senato, Montecitorio e Palazzo Chigi. «Sì, c’ero, ho sfilato e se vuole sapere cosa penso della violenza come metodo, come percorso, le rispondo in modo netto: la violenza, in qualsiasi momento e per qualsiasi ragione, è inaccettabile... Ripeto: in-ac-cet-ta-bi-le» . Detto questo, segretario, i ragionamenti che cominciano a circolare in una certa sinistra... «Mi ascolti bene: noi dobbiamo cercare di comprendere le ragioni di tanta violenza, ma in un momento come questo, con la democrazia sotto attacco sia nelle imprese sia in molti altri luoghi del Paese, dobbiamo difendere il nostro diritto a manifestare proprio professando la non-violenza. Punto e basta» . Basta davvero? La voce di Erri De Luca (grande scrittore, poeta, traduttore, ma anche tra i fondatori di Lotta Continua, di cui poi divenne capo del servizio d’ordine) è una voce come sempre misurata, quasi chirurgica. «Io penso che questo movimento si stia misurando con la dannata necessità della violenza: la violenza è una cosa orribile, ma purtroppo fa parte del processo di crescita di un movimento d’opposizione» . Quelle parole usate dagli intervistati del manifesto, quella durezza... «Sono stato all’università La Sapienza, e li ho visti, e ci ho parlato. Con ciò che accadde nel ’ 68, ci sono molte similitudini: quella che colpisce di più, naturalmente, è la presenza massiccia degli universitari, che hanno capacità trascinante, di innesco e di rappresentanza. Loro possono portarsi dietro tutte le lotte sociali di questo Paese».