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 2010  dicembre 18 Sabato calendario

La Cina fa paura e ora il Giappone si riarma - Prima la guerra era solo nell’aria, adesso è anche sul­la carta

La Cina fa paura e ora il Giappone si riarma - Prima la guerra era solo nell’aria, adesso è anche sul­la carta. Dopo 50 anni di buon vicinato solo apparen­te Cina e Giappone sono di nuovo cane e gatto, di nuovo nemici millenari, di nuovo ri­vali ed avversari pronti a con­t­endersi il controllo del Pacifi­co a suon di fregate, aerei ed incrociatori. Il primo a dar un calcio al traballante e decrepi­t­o castello di una cinquanten­nale ipocrisia è l’esecutivo del premier giapponese Nato Kan approvando un “Piano di Difesa Nazionale” in cui si enuncia una vera rivoluzione strategica. Il piano, varato a poco più di un anno dalla sali­ta al potere dei democratici, fa carne di porco della vec­chia Costituzione pacifista e ammette l’urgente necessità di contrapporsi concreta­mente all’espansionismo ci­nese e all’aggressività fuori controllo della Corea del Nord. «Abbiamo messo a punto una politica di difesa più appropriata per la nuova era e per il difficile ambiente in cui gravita la sicurezza na­zionale », spiega senza troppi giri di parole il ministro della difesa Toshimi Kitazawa. Il piano butta all’aria quel che mezzo secolo di governi liberali non aveva mai osato mettere in dubbio e affronta la nuova situazione geopoliti­ca. Ma la verità, si sa, fa male. E così basta quel documento per dar fuoco alle polveri di una malcelata aggressività ci­nese. «Nessun Paese ha il di­ritto di proporsi come il rap­presentante della comunità internazionale» tuona imme­diatamente il portavoce del ministero degli esteri di Pe­chino liquidando come irre­sponsabile la nuova strategia giapponese. In verità le linee guida della nuova politica difensiva vara­ta da Tokio si limitano a met­tere nero su bianco quel che tutti sanno, quel che anche una formazione di centrosini­stra come il partito democra­tico, alleata con alcuni grup­puscoli pacifisti deve ammet­tere “ obtorto collo”.Negare il pericolo cinese significhereb­be turarsi gli occhi, rinnegare le decisioni assunte a settem­bre quando l’esecutivo di Na­to Kan non esitò a bloccare e sequestrare un peschereccio di Pechino entrato in collisio­ne con due motov­edette giap­ponesi intorno a quell’arcipe­lago conteso chiamato isole di Senkaku nella terra del Sol Levante e isole Diaoyu nel­l’Impero Giallo. Dopo quel braccio di ferro nulla è più lo stesso. Neanche per i “pacifi­ci” democratici. Le linee gui­da del nuovo Programma di Difesa nazionale sembranoC la riproposizione dell’antico detto “Si vis pacem para bel­lum”, se vuoi la pace prepara la guerra. «La Cina – annuncia il docu­mento- sta rapidamente am­m­odernando le sue forze mili­tari e ampliando le sue attivi­tà nelle acque circostanti, queste tendenze rappresen­tano una grave preoccupazio­ne per la regione e per la co­munità internazionale so­prattutto se alla questione della sicurezza s’aggiunge la mancanza di trasparenza del­­l’apparato militare cinese». La Corea del Nord, da cui già sono partiti in passato missili diretti verso le coste del Giap­pone, viene invece descritta come un «fattore grave ed im­mediato d’instabilità». La nuova strategia sottolinea poi l’urgente necessità di tra­sformare interamente la poli­tica di difesa. Per farlo biso­gnerà rottamare un terzo de­gli inutili carri armati proget­tati in chiave antisovietica ai tempi della guerra fredda e in­vestire in sottomarini, caccia­bombardieri e navi di marina dotate di missili Aegis. Biso­gna, insomma, affrontare l’espansionismo cinese e il processo di ammodernamen­to militare avviato da Pechi­no. Ma la parte più rivoluzio­naria del nuovo piano –la più contraddittoria rispetto al tra­dizionale “ pacifismo” dei de­mocratici - è quella in cui si annuncia l’imminente fine del decennale tabù che vieta le esportazione d’armi e im­pedisce alle industrie nazio­nali d’investire adeguata­mente nel settore degli arma­menti. «Ormai la regola per tutti i Paesi sviluppati - spie­ga il ministro della difesa Kita­zawa- è quella di ridurre i co­sti e migliorare le capacità dei sistemi di difesa parteci­pando a piani di sviluppo e produzione congiunti». Una svolta innescata forse anche dai dati economici degli ulti­mi due quadrimestri, quan­do il prodotto nazionale lor­do cinese ha superato quello giapponese infliggendo a To­kio un’umiliazione storica. Cancellabile solo grazie agli introiti garantiti dal sempre più fruttuoso mercato mon­diale degli armamenti.