
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Appena si seppe che Trump aveva vinto le elezioni americane, il peso messicano perse l’8 per cento. In genere si pensa che il magnate alla Casa Bianca farà molto male al suo vicino del sud, con questo rischio però: che l’attuale presidente messicano, Peña Nieto, debolissimo e pronto a tutto pur di tenersi buoni gli Stati Uniti, se troppo maltrattato potrebbe perdere le elezioni del 2018 e lasciare il passo a qualche uomo politico più duro, più antiamericano. Nell’America latina il sentimento antiamericano è sempre fortissimo.
• Gli Stati Uniti hanno bisogno del Messico?
Direi di sì. Il clandestino messicano, tanto demonizzato da Trump, fornisce manodopera a basso costo alle imprese americane. I latini che vivono illegalmente negli Stati Uniti sono 11 milioni, se stanno lì significa che hanno bisogno dell’America, ma anche che l’America ha bisogno di loro. Molti analisti hanno notato una contraddizione forte nel programma elettorale di Trump: egli vuole tagliare le tasse e avviare un programma grandioso di opere pubbliche. Ma chi costruirà a un costo ragionevole le strade e i ponti che il prossimo presidente intende tirar su? I clandestini, almeno in parte. Sarà difficile conciliare le due cose, sviluppo e blocco dell’immigrazione. C’è una seconda ragione, inconfessabile. Gli americani si drogano alla grande e i traffici illegali col Messico servono a rifornire di droga questi viziosi senza speranza. La domanda è forte, i messicani che passano il confine la soddisfano bene, la polizia di frontiera è in genere d’accordo e riceve in cambio belle stecche con cui si guadagna la sua parte.
• Tra le opere pubbliche che Trump vuole costruire ci sono anche questi tremila e duecento chilometri di muro al confine col Messico.
Mah. In parte questo muro esiste già, per almeno un migliaio di chilometri, in forma di parete alta quattro metri in genere dci mattoni oppure di metallo oppure di filo spinato, altre volte è una recinzione elettronica composta da sensori e telecamere. Un altro pezzo di confine non ha bisogno di recinzioni, il deserto o altre asperità naturali rendono molto arduo il passaggio (siamo dalle parti del Rio Grande, dove in quindici anni avrebbero perso la vita nel tentativo di arrivare in America ottomila persone). La parte da costruire davvero sarebbe lunga 750 chilometri. Trump ha parlato di un investimento di 12 miliardi di dollari, altri dicono che ce ne vogliono 24 altri ancora che ne basterebbero 6. Sono in ogni caso un sacco di soldi. È probabile che alla fine non se ne faccia niente.
• Ma il Messico che paese è?
Tra i più interessanti, economicamente parlando, dell’America Latina, grande sei volte l’Italia e con una popolazione doppia. È cresciuto finora, e le previsioni dicono che crescerà ancora, al ritmo del 2,5-3% l’anno. Ha il petrolio, negli ultimi tempi ha fortemente spinto sull’immobiliare che si vende bene per via del turismo. Gli stranieri investono qui volentieri, e investirebbero magari anche di più se non ci fossero, in alto grado, delinquenza e corruzione. Con gli americani i messicani si sono anche fatti la guerra, nella prima metà dell’Ottocento. California, Arizona, Nuovo Messico e Texas un tempo erano regioni messicane, vendute o conquistate dagli Stati Uniti. Adesso sono legati agli Stati Uniti soprattuo dal trattato di commercio detto Nafta (North American Free Trade Agreement), in base al quale le merci circolano liberamente tra Messico, Stati Uniti e Canada.
• Trump lo vuole denunciare.
Già, l’abrogazione del Nafta fa parte del programma protezionista del prossimo presidente, secondo il quale la globalizzazione non conviene, o non conviene più, agli Stati Uniti. Non è che Trump abbia fatto al Nafta una critica puntuale e argomentata, ma è abbastanza chiaro che nella sua mente le aziende delocalizzano senza problemi proprio in virtù di questi accordi che aboliscono in qualche modo i confini. Naturalmente c’è una forte resistenza delle imprese americane a queste mire protezioniste, cioè abolire i confini, rimettere i dazi, eccetera. Il Nafta, per esempio, - entrato in funzione nel 1994 - ha almeno raddoppiato i volumi del traffico nell’area considerata.
• Le imprese non resistono alla persecuzione dei clandestini che toglie loro mano d’opera a buon mercato?
Sì, le varie lobbies si stanno dando da fare per ridurre il prossimo presidente a più miti consigli. Infatti in campagna elettorale Trump aveva parlato dell’espulsione - o deportazione - di undici milioni di immigrati. L’altra sera, intervistato da 60 minutes ha pronunciato il numero «due o tre milioni», «criminali, pregiudicati, trafficanti di droga». In realtà i criminali sono molti meno dei due-tre milioni citati, e anche Obama, alla fine, ha deportato in media due milioni e mezzo di clandestini l’anno, dunque si tratta di numeri relativamente nella norma. Quindi Trump, senza smettere di fare la faccia feroce, è effettivemnte venuto a più miti consigli. Anche sul muro: basterà alla fine aprire un cantiere, farsi fare delle foto davanti a una recinzione e si potrà sostenere che la promessa elettorale è stata mantenuta.
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