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 2016  novembre 15 Martedì calendario

Noi, i cittadini e la scienza

«Il contributo che le persone comuni possono dare alla scienza è enorme, ma sono in pochi a saperlo». Giovanna Ranci insegna Ecologia al Politecnico di Milano ed è la promotrice dell’incontro sulla citizen science, la scienza fatta dai comuni cittadini, che si terrà oggi a Shareitaly, evento milanese dedicato all’economia della collaborazione. «È un fenomeno iniziato con i censimenti degli uccelli migratori nel 1900, ma ora grazie alle tecnologie ha acquisito potenzialità un tempo impensabili». Come in molti campi la differenza l’hanno fatta gli smartphone: presenti in tutte le tasche, permettono di rilevare dati facilmente (scattando una foto), geolocalizzarli e inviarli in tempo reale ai ricercatori, che li possono verificare e poi inserire nei database. «Il vantaggio per la scienza è la possibilità di raccogliere e analizzare una quantità di informazioni enorme» dice Ranci. Vale per molti campi, dall’astronomia alla medicina (c’è per esempio un progetto spagnolo che monitora i virus diffusi dalla zanzara tigre). In Italia si fa soprattutto in ambito naturalistico.
Tra i capofila c’è il Museo di storia naturale della Maremma diretto da Andrea Sforzi, che è tra i fondatori dell’European Citizen Science Association nata due anni fa. «Abbiamo avviato un progetto di “social mapping” sulla diffusione dell’istrice – racconta —. E abbiamo scoperto che è arrivato alle Alpi (fino agli anni 70 non saliva oltre l’Arno), in luoghi in cui i naturalisti non avrebbero mai pensato di cercarlo». Ottimi risultati ha dato anche il Mipp, monitoraggio degli insetti con la partecipazione pubblica promosso dal Centro nazionale biodiversità forestale. «Hanno collaborato 700 volontari che hanno fornito 1.700 segnalazioni esatte: noi siamo dieci ricercatori, da soli non avremmo mai coperto tutta l’Italia – dice Alessandro Campanaro, uno dei naturalisti del Centro —. Confrontando le segnalazioni avute dai cittadini con l’inventario faunistico nazionale c’è un incremento del 24-36% nella conoscenza della distribuzione delle specie in Italia».