La Stampa, 15 novembre 2016
Sudan, arrestato Fezzani. «È il reclutatore Isis in Italia»
Era uno dei terroristi islamici in cima alla lista dei ricercati, il tunisino Moez Ben Abdelkade Fezzani, alias Abu Nassim, già reclutatore di martiri in Italia per conto di Al Qaeda, poi riconvertitosi al Califfato, da ultimo capocellula nella città libica di Sabratha. L’hanno preso a Kartoum, in Sudan. L’intelligence italiana, e non solo, lo braccava da quando avevano scoperto che aveva architettato lui la strage al museo del Bardo di Tunisi – era il 18 marzo 2015: un gruppo di jihadisti uccise 24 persone, tra cui 4 turisti italiani – e poi alla spiaggia dell’hotel Imperial di Sousse, il 26 giugno 2015, con 39 morti, quasi tutti turisti inglesi.
Se nell’estate scorsa alcune fonti libiche lo avevano dato per catturato nel deserto fuori Sabratha, portando fuori strada i media, l’intelligence al contrario seguiva i suoi spostamenti verso il Sudan perchè lo monitorava con lo spionaggio elettronico e seguiva le sue telefonate. Era chiaro che Fezzani stava tentando assieme alla moglie di tornare nel territorio del Califfato tra Iraq e Siria. Una classica operazione da 007: lo hanno lasciato fare per un po’ perché volevano ricostruire la sua rete di contatti, specie se «italiani»; quando hanno pensato che non c’era più nulla da scoprire, è stata tirata la rete.
Fezzani è una vecchia conoscenza dell’Italia. Dopo un periodo di vagabondaggio borderline, trova la fede frequentando la moschea di viale Jenner a Milano e sposa la causa della Guerra Santa. Raccontò al magistrato che lo interrogava: «Ho vissuto a Milano, Napoli, Bolzano e Valle d’Aosta. A Napoli ho fatto il bracciante, a Milano ho venduto eroina e hashish prima di diventare un uomo pio e religioso». Questo interrogatorio giunge però con ampio ritardo sui fatti. Tra il 1997 e il 2001, infatti, fa parte di una cellula del Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento che reclutava uomini da inviare nei Paesi in guerra. Raccontano che andasse per giardinetti ad avvicinare immigrati tunisini, marocchini, pakistani, che poi avrebbe accompagnato in moschea e alla fine instradato per l’Afghanistan. Quando la polizia italiana lo va a prendere, nel frattempo è svanito. Alcune tracce portano nei Balcani. Poi in Pakistan. Qui gli americani lo arrestano grazie a una soffiata e finisce nel temibile carcere di Bagram.
Trascorsi quasi 10 anni, Fezzani giunge in Italia dove è sotto processo e però, per via di un complicato pasticcio giuridico, potrebbe essere scarcerato. Prima che esca dal carcere, il ministero dell’Interno lo espelle verso la Tunisia. Gli riesce una fuga rocambolesca in vista dell’aeroporto; tre giorni dopo lo arrestano di nuovo e lo portano finalmente a Tunisi. Fine della storia? No, un anno dopo è in Siria, dove combatte con la divisa nera del Califfo. Poi si scopre che è divenuto capocellula a Sabratha, in Libia. A marzo 2016, un raid aereo chiude la sua avventura libica. Fezzani torna ad essere un uomo in fuga. Lo hanno preso i sudanesi ieri. E ora c’è una gara tra Italia e Tunisia per l’estradizione.