La Stampa, 15 novembre 2016
La Ue scavalcata dalle scelte di Trump approva un piano per la difesa comune
Il 18 luglio scorso, al termine di una colazione con i ministri europei degli Esteri a Bruxelles, il segretario di Stato americano John Kerry aveva espresso il suo apprezzamento per l’inedito appuntamento: «Dovremmo ripeterlo regolarmente». Erano i giorni immediatamente successivi al tentativo di colpo di Stato in Turchia e l’asse Usa-Ue sul fronte della politica estera sembrava molto solido.
Meno di quattro mesi dopo, Jean-Claude Juncker è ancora in attesa di un contatto diretto con il presidente eletto degli Stati Uniti. Donald Trump snobba l’Unione europea in quanto istituzione, preferisce il contatto diretto con le capitali. E a Bruxelles non l’hanno presa benissimo: «Sullo scacchiere internazionale l’Ue rischia di diventare totalmente irrilevante», sospira una fonte diplomatica.
In questo contesto ieri la capitale belga ha ospitato il primo Consiglio Affari Esteri nel post-voto americano: Donald Trump era il convitato di pietra. Non a caso il summit è stato anticipato domenica sera da una cena informale tra i ministri, dedicata proprio alle relazioni transatlantiche alla luce dell’imminente cambio alla Casa Bianca.
Non tutti i ministri, però. Il francese Jean-Marc Ayrault ha trovato il modo di giustificare la sua assenza, ma altri – come l’esponente del governo ungherese o il britannico Boris Johnson – hanno scelto deliberatamente di disertare la cena. Per Federica Mogherini, Alto Rappresentante per la Politica Estera Ue, l’assenza di Johnson dalla cena di domenica non è da classificare sotto la voce «sorprese»: «Qualcuno in Europa di solito si stupisce non quando quel Paese è assente, bensì quando è ancora presente al tavolo dei 28», si è concessa con un velo di sarcasmo.
Scambi di battute a parte, a Bruxelles il livello del «bicchiere Trump» è a metà. Tra gli ottimisti c’è chi ritiene che la Storia stia offrendo una grande occasione: fare finalmente un passo in avanti in direzione di una vera politica estera e di difesa europea. Il caso ha voluto che proprio ieri i ministri (degli Esteri e della Difesa) si siano trovati sul tavolo il piano targato Mogherini, definito da lei stessa come «ambizioso, concreto e pragmatico». Senza mettere mano ai trattati, il progetto dell’Alto Rappresentante prevede una maggiore integrazione tra i Paesi nell’ambito della Difesa, utilizzando al meglio le strutture già esistenti (vedi i battlegroups) e con un maggiore sforzo finanziario da parte dei governi. Il piano – ha voluto specificare Mogherini – «non riguarda la creazione di un esercito europeo: neppure la Nato ha un esercito, sono gli Stati nazionali alleati che li hanno».
Ma per molti, anche con una Unione europea più integrata sul piano della Difesa, le prospettive non sono rosee. C’è infatti chi guarda con sospetto e preoccupazione a un possibile filo diretto tra Washington e Mosca, che rischia di mettere nell’angolino l’Europa, soprattutto nella gestione di crisi come quelle in Ucraina e in Siria. Senza contare che, con il passare del tempo, i governi europei che strizzano l’occhio a Putin stanno diventando sempre di più.