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 2016  novembre 15 Martedì calendario

È stato saggio e opportuno fare il tifo per Clinton?

Col senno di poi ha avuto un senso per il nostro Primo ministro fare una sorta di endorsement per Hillary Clinton? Non è stato un azzardo un po’ rischioso, visto quali sono stati poi i risultati delle elezioni americane? Nel 2016 anche la prudenza nella politica italiana è diventata da «rottamare»?
Marco Sostegni


Caro Sostegni,
Sembra che il così detto endorsement risalga al febbraio del 2016, quando erano in corso le primarie del partito Democratico. Il gesto del presidente del Consiglio divenne noto anche in America nel marzo quando Hillary Clinton, nel corso di una trasmissione televisiva della Cnn, dichiarò di avere ricevuto manifestazioni di simpatia e incoraggiamento da alcuni leader europei. L’intervistatore le chiese di fare qualche nome, ma Clinton rispose che si trattava di conversazioni private e che sarebbe stato scorretto fare nomi. Ma citò Renzi perché – disse – quella del presidente del Consiglio italiano era stata una pubblica dichiarazione. Non so se Renzi abbia avuto occasione di ribadire il suo atteggiamento nel corso della campagna elettorale. Se lo avesse fatto, tuttavia, non ne sarei sorpreso. Era ormai evidente, soprattutto nell’ultima fase della gara tra i due candidati, che la vittoria dell’avversario di Hillary Clinton sarebbe stata accolta entusiasticamente da tutti i maggiori rappresentanti della destra populista europea. Per i suoi leader, da Marine Le Pen in Francia a Viktor Orbán in Ungheria e Nigel Farage in Gran Bretagna, il trionfo di Trump sarebbe stato un segno dei tempi, la prova di una tendenza comune a tutte le democrazie occidentali. Non vi era personalità liberaldemocratica o socialista, quindi, che non «facesse il tifo per Hillary» e non si augurasse la sua vittoria.Vi saranno conseguenze per i rapporti italo-americani? Se Trump dovesse tenere il broncio a tutti coloro che speravano nella sua sconfitta, i contatti personali del nuovo presidente con l’Europa sarebbero alquanto limitati. È troppo «uomo d’affari», nel senso meno nobile della espressione, per lasciarsi influenzare dal barometro delle simpatie e delle antipatie. Dimenticherà la freddezza e la disistima manifestate dai suoi interlocutori ogni qualvolta riterrà che gli interessi siano più importanti dei sentimenti. E noi, beninteso, dovremo fare altrettanto.