Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Studenti hanno manifestato ieri in varie città italiane. Basandoci sul resoconto delle agenzie elenchiamo (disordinatamente): Roma, Milano, Torino, Napoli, Firenze, Bologna, Modena, Bergamo, Pisa, Massa, Livorno, Palermo. In ogni città, poche centinaia di manifestanti, 500 a Napoli, un migliaio a Roma, Torino e Milano, poche decine altrove. Dal punto di vista mediatcio si tratterebbe quindi di poca roba, ma gli studenti fanno sempre notizia e ci sono state un po’ dappertutto reazioni severe della polizia, che non hanno in genere permesso deviazioni dai percorsi concordati, hanno quindi caricato, manganellato e tirato fumogeni sia a Milano che a Roma che a Torino.
• Che cosa chiedevano i ragazzi?
Le stesse cose che chiedevano l’anno scorso. No alla scuola di classe, no alla crisi, no alla legge Profumo, senza che nessuno capisse a quale legge Profumo si riferissero. Ma non bisogna pretendere dagli studenti piattaforme o analisi troppo approfondite: è giusto aspettarsi invece la manifestazione di emozioni, paure o rabbie autentiche. S’è visto tutto questo? Sì, certo, specialmente negli attacchi alla casta e al comportamento ripugnante dei politici venuto alla ribalta nelle ultime settimane. Per il resto provo un senso di sconforto: mettendo insieme quelli che hanno manifestato nelle varie città non credo si arrivi a diecimila ragazzi. E gli studenti italiani sono più di sette milioni. Se non si fanno movimento di massa, la precondizione per diventare movimento politico, che protestano a fare? Era solo una giornata di vacanza, mascherata da impegno politico? Non voglio crederci, non posso crederci anche se è tristemente significativo che ieri fosse venerdì. Era venerdì anche l’anno scorso, venerdì 7 ottobre 2011. L’ultima volta che ci siamo occupati di un fatto del genere.
• Il paragone con l’anno scorso c’entra?
Sì, c’entra. Intanto le città coinvolte erano una novantina, mentre quest’anno, in base a quello che si capisce, non arriviamo a venti. Poi i ragazzi, a occhio, erano più grandi. Ieri si sono visti soprattutto quindicenni. A Roma uno di questi, dopo essere stato picchiato e portato in Questura, ha subìto la più grande delle umiliazioni: è stato riconsegnato ai genitori. Voglio dire: il cosiddetto “movimento degli studenti” – ormai solo un’espressione di comodo adoperata dai giornali -, maniaco delle manifestazioni che si possono saldare ai week-end, mai presente quando i governi contestati decidono sulla scuola, cosa che si produce in genere d’estate, è in forte calo e si accinge a sparire per sempre, almeno nella forma ormai folkloristica in cui l’abbiamo visto all’opera ancora ieri. Niente a che vedere con la primavera araba e neanche con Occupy Wall Street, altra superfetazione sociale finita nel dimenticatoio (salvo per un po’ di saggistica prodotta a margine). Oltre tutto l’anno scorso, quando i giovani italiani manifestarono, c’erano ancora Berlusconi e la Gelmini. La cosa aveva più sapore. Ma Profumo? Poveraccio, ieri, dopo questi cortei che hanno misteriosamente infiammato televisioni e agenzie, ha detto: «Sono aperto al confronto, ma non ho ricevuto richieste di incontri. Le ragioni del dissenso sono più forti se espresse senza violenza». Punto.
• Non esagera a sottovalutare questi movimenti?
Senta qua, è il virgolettato riportato ieri da un’agenzia sotto il titoletto “Motivazioni”: «In un quadro di trasformazione politica, in cui nei fatti l’iniziale fiducia nei confronti del governo Monti è scemata e la crisi si fa sempre più sentire sulle spalle della gente, la scuola ancora una volta resta luogo di costruzione e progettazione, di opposizione e conflitto, contro un sistema economico e sociale che tenta di riprodursi a scapito di chi già sta pagando questa crisi. La scuola, infatti con il carattere di comunità che l’accompagna, spaventa chi come il ministro Profumo mira a mettere in atto l’ennesima riforma per garantire privilegi ai soliti. Con la parola d’ordine "meritocrazia" si vuole nascondere di fatti un progetto che ha come obbiettivo quello di far accedere ad un’istruzione di qualità soltanto chi dispone di un certo livello di reddito, al fine di preservare una società giá soggiogata dalle logiche di mercato, nella quale non c’è spazio per la libera scelta. Per questo la nostra opposizione a questo governo e a questo sistema di sviluppo resta forte e determinata». Non voglio entrare nel merito di una lingua e di concetti tanto sgangherati, mi limito a ricordare che la scuola non seleziona nessuno da decenni: sono regolarmente promossi quasi tutti, cosa che ci colloca agli ultimi posti per livello qualitativo di diplomati e laureati. Sarebbe bello che gli studenti chiedessero di essere bocciati quando se lo meritano.
• I partiti, da dietro, li spingono?
Non credo. Certo, il 12 ottobre (un altro venerdì) la Cgil ha organizzato una manifestazione sulla scuola. «Chiediamo alle forze politiche e al Parlamento di aprire un reale confronto sulla riforma degli organi collegiali con le scuole, le forze sociali, gli studenti e le istituzioni locali».
• Non va bene?
Chieda a Monti. Questa è l’Italia vecchia o l’Italia nuova di cui ha parlato ancora ieri?
[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 6 ottobre 2012]
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