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 2012  ottobre 06 Sabato calendario

EUROPA, UN’ALTRA GELATA DEL PIL

Due notizie di segno opposto sul fronte macroeconomico: nell’America in piena ripresa la disoccupazione scende ai minimi dal 2009 (per la gioia di Obama e lo scorno di Romney) mentre le prospettive restano grigie in Europa. Ieri in Italia, Germania e Francia i tre istituti nazionali di statistica Istat, Ifo e Insee stimavano che il prodotto lordo della zona euro si contrarrà dello 0,2% e dello 0,1% nel terzo e nel quarto trimestre «a causa del processo di consolidamento fiscale che grava sulla domanda interna». Solo nel primo trimestre del 2013 ci sarà una stabilizzazione (crescita zero). Stenta più del previsto l’economia francese: l’Insee ha dimezzato allo 0,2% la stima di crescita del Pil nel 2012. La nuova previsione è inferiore al +0,3% che il governo ritiene necessario all’obiettivo concordato con l’Europa di un deficit del 4,5% del Pil quest’anno (nota bene: una crescita più bassa significa meno entrate fiscali e questo aumenta il disavanzo). La frenata nel complesso del 2012 è spiegata dall’istituto nazionale di statistica con una crescita zero nel terzo e nel quarto trimestre mentre le precedenti stime dell’Insee attribuivano alla Francia +0,1% e 0,2% nei due trimestri finali dell’anno. Le nuove previsioni più pessimistiche rendono più difficile alla Francia raggiungere una crescita del Pil dello 0,8% nel 2013, che è ritenuta necessaria per consentire al deficit di scendere al 3% del prodotto interno lordo.

Anche il Fondo monetario internazionale ha rivisto al ribasso le stime: il prodotto lordo mondiale nel 2012 crescerà solo del 3,3% (anziché del 3,4%) e nel 2013 del 3,6% (invece del 3,9%). Per l’Eurozona l’Fmi si attende un -0,4% quest’anno e un +0,2% il prossimo.

Chi sta male davvero è la Grecia. Questa di per sé non sarebbe una novità, se non fosse che ieri il primo ministro Antonis Samaras se n’è uscito a dire che il suo Paese è «sull’orlo della disgregazione, in una situazione simile a quella della Germania sul finire della repubblica di Weimar», cioè del sistema democratico tedesco il cui tracollo aprì la strada al regime di Hitler. Dice Samaras che ormai in Grecia «i tagli al bilancio sono arrivati all’osso, al limite di quello che possiamo chiedere ai cittadini. È a rischio la coesione della società, minacciata dalla crescente disoccupazione, come alla fine della repubblica di Weimar». Samaras ha raccontato queste cose al quotidiano tedesco Handelsblatt e forse c’è della malizia nel ricordare che è stata un’ondata di disoccupazione a portare Hitler al potere: i tedeschi di oggi sono ossessionati dall’inflazione, e in nome di questo timore praticano in casa loro (e predicano agli altri, greci inclusi) il rigore di bilancio, contro lo spettro dell’iperinflazione che afflisse proprio la repubblica di Weimar; ma a ben guardare l’iperinflazione si concluse già entro il 1923 e la repubblica di Weimar le sopravvisse, mentre Weimar non sopravvisse affatto alla disoccupazione dei primi Anni 30; è come ricordare ai tedeschi che hanno capito male la lezione della storia, il vero pericolo non è l’inflazione ma la disoccupazione.

Samaras lancia l’allarme: «La Grecia ha liquidità soltanto fino a fine novembre. Poi le casse dello Stato sono vuote. Abbiamo bisogno di più tempo per il consolidamento». I partiti greci stanno cercando con fatica l’accordo su una manovra da 11 miliardi di euro da presentare all’Europa per meritarsi un po’ di aiuti supplementari. Ma in giornata si è registrato uno sviluppo rassicurante: la cancelliera tedesca Angela Merkel, quasi rispondesse al grido di Samaras, ha annunciato che vuole «aiutare la Grecia e stabilizzarla nell’Eurozona» e che a questo scopo martedì la Merkel andrà in missione ad Atene.