Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  ottobre 06 Sabato calendario

SISTEMA ANTINCENDIO DA 25 MILIONI MA LA SARDEGNA NON L’HA MAI USATO

In tempi di magna magna, di nuovi Fiorito, detto er Batman, che spuntano come funghi, tutte le ruberie della Casta sembrano uguali. Certo, cambiano i particolari, la Smart al posto del Suv, la casetta anziché il villone, i rimborsi chilometrici a surrogare la cosiddetta «tripla quota » che solo in Lazio possono permettersi, ma la morale della favola è sempre la stessa: si prende alla cosa pubblica per arricchirsi. Per trovare qualcosa di diverso, che va oltre, per scoprire come il sistema malato della politica sia riuscito a ingabbiare anche le idee più innovative, bisogna fare un salto in Sardegna. Dove, è cosa nota, il problema degli incendi boschivi è atavico. Cos’è successo? Che nel 1985 i sardi decidono di prendere il toro per le corna: l’impegno dei forestali non basta? Bene, usiamo la testa, anzi la tecnologia, e brevettiamo il primo occhio elettronico che monitora i focolai. Utopia? Nient’affatto. Arrivano i soldi, negli anni saranno 50 miliardidelle vecchie lire. Si trovano le aziende giuste: un consorzio formato da Selenia (poi Alenia- Finmeccanica, quindi Galileo), Teletron e Pro.Gen.Sar. Si testa sul campo. Insomma, il telerilevamento funziona. Ma proprio sul più bello, quando il grande fratello degli incendi doveva entrare a regime, l’operazione si blocca. Morale della favola: nell’isola restano solo le macerie. O meglio, a 27 anni di distanza, restano circa 60 postazioni di rilevamento inutilizzate e alla mercé dei vandali, mentre le care vecchie vedette sono sempre lì, appollaiate sui tralicci di avvistamento. Ma per capire di chi sono le colpe è il caso di fare un flashback. «I primi due impianti sperimentali a infrarossi - spiega Giuseppe Cocco, all’epoca uno dei manager della Teletron - entrano in funzione a Lanusei nel 1985. La Regione stanzia 120 milioni». Si tratta di una novità assoluta per l’Italia e di uno dei primi sistemi al mondo. «L’operazione ha successo e 4 anni dopo il ministero dell’Agricoltura indice un appalto-concorso europeo per la copertura dell’isola di Caprera. La Teletron vince la gara».
Passano altri 24 mesi e la Regione recependo una legge dello Stato rilancia. L’ente commissiona a un consorzio di imprese (Selenia Industrie Elettroniche, che poi diventerà Alenia-Finmeccanica, quindi Galileo, Pro.Gen.Sar. e Teletron Electronics) altre 30 postazioni periferiche di avvistamento. Costo iniziale: 28 miliardi, che dopo alcune varianti e atti aggiuntivi diventeranno circa 50. I tempi si dilatano, certo,maanche gli impianti. Alla fine della fiera, corre il 2003-2004, la Sardegna è coperta quasi integralmente. Si tratta di mettere in funzione le macchine. E qui iniziano i problemi.
«Il nostro obiettivo - continua Cocco - non era certo quello di togliere il posto a forestali e vedette. L’occhio elettronico necessita di personale specializzato, quindi nuova forza lavoro, mentre le vedette potevano essere integrate nelle funzioni di monitoraggio o usate per altre opere». E invece cosa succede? «Succede che il Corpo Forestale sardo e la stessa Regione si mettono di traverso». Cioè? «Noi avevamo anche il compito di formare il personale, solo che i forestali non ci hanno mai dato gli uomini. In realtà il Corpo Forestale non aveva nessuna intenzione di mantenere in uso le postazioni - sottolinea il manager della Teletron -. Basta guardare il loro Piano di Prevenzione Incendi del 2007, non c’è nessun importo destinato alla ordinaria manutenzione del sistema». Chiaro. Ma perché la Regione, che per anni ha finanziato l’operazione, adesso si tira indietro? «Semplice. È cambiata la politica e in quel contesto storico l’ente non voleva inimicarsi la flotta delle vedette. Si tratta di voti, di clientele. Lo sa che da noi le vedette e gli addetti allo spegnimento incendi vengono assunti con contratti stagionali? Sono facilmente ricattabili e comunque nessuno vuole scontentarli. Ha idea di quanto costano le attrezzature che anno per anno devono essere rinnovate per dotare le squadre? E di quanto diminuiscono le ore di volo di elicotteri ed aerei se la rilevazione dell’incendio è certa e tempestiva? ». Certo, Cocco era parte in causa, ma Libero ha controllato tutti i documenti citati dall’ex manager della Teletron. E al di là delle responsabilità che dovrebbero essere accertate dalla magistratura resta un dato incontrovertibile: 27 anni e 50 miliardi delle vecchie lire dopo, di quello che doveva essere un progetto avveniristico restano quintali e quintali di ferro sparsi per tutta la Sardegna che presto diventeranno dei rottami e rifiuti pericolosi.