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 2012  ottobre 06 Sabato calendario

ELOGIO DEI CONTROLLORI DEI FATTI FIGURE OSCURE DELLA DEMOCRAZIA

Questo è un elogio di persone il cui volto non vediamo, del cui operato non ci si accorge e di cui non conosciamo neanche i cognomi. Di loro non sappiamo niente. Non ci fossero, per un po’ non ce ne renderemmo conto, solo che presto inizieremmo a provare uno strano disagio che col tempo si preciserebbe sempre più in nausea. Questo è un elogio dei controllori dei fatti, i fact-checkers. Nessuna democrazia sana dovrebbe vivere senza di loro.
I fact-checkers devono il loro nome alla circostanza (singolare) che prosperano quasi solo negli Stati Uniti. Lì la loro rilevanza sociale è crescente, ormai impossibile ignorarli o evitarli. Non che sia un mestiere per persone ingombranti. I fact-checkers sono impiegati ai piani bassi dei grandi giornali, stipendi al più da ceto medio, oggi spesso stagisti e laureandi, comunque nascosti in uffici separati dai giornalisti. Le grandi firme non le vedono mai in faccia. Il loro mestiere è verificare ogni affermazione fattuale o obbligare l’autore a correggere, se ciò che ha scritto non è vero. Il grande momento dei fact-checkers è arrivato poche ore dopo il dibattito fra Barack Obama e Mitt Romney l’altra notte. Un nugolo di controllori è sceso su ogni singola frase dei candidati, l’ha sminuzzata e setacciata per capire cosa era vero e cosa no. Quanti disoccupati, quanti posti creati, quanto valgono i tagli alle tasse promessi. Il New York Times ha prodotto sul web persino il video del dibattito con il responso dei fact-checkers che scorre a fianco.
Così questi controllori diventano in silenzio più influenti di tanti venditori di opinioni e del proprio ego. In fondo è normale, perché svolgono una funzione essenziale: impediscono che la realtà sia rimossa o distorta ai fini di chiunque. Ogni politico sa che se parla a vanvera o promette l’impossibile, sarà svergognato. Perché non provarci anche in una democrazia della vecchia Europa ormai in campagna elettorale?
Federico Fubini