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 2012  ottobre 06 Sabato calendario

SMS DA UN VECCHIO TELEFONINO. LE ARMI PREISTORICHE DI YOANI

Si definisce «bloguera ciega», perché non «vede» quello che manda su Internet. Non cyber-dissidente ma «cyber-attivista». Una blogger «cieca» popolarissima anche su Twitter dove scrive via sms, con il vecchio telefonino (altro che smartphone), grazie a un meccanismo ingegnoso quanto complicato che aggira la censura.
Yoani, la cubana più famosa del mondo. Una filologa laureata all’università dell’Havana nel 2000 con una tesi che era già un programma («Parole sotto pressione: letteratura e dittatura in America Latina»), che ha scritto un libro intitolato «Cuba Libre», mentre il blog che l’ha resa famosa (soprattutto) fuori dal suo Paese (anche troppo dicono invidiosi e detrattori), 14 milioni di visitatori al mese (solo per quello in spagnolo), si chiama Generación Y, come Yoani e come tutti i nomi russi appioppati a molti ragazzi della sua età. Una scrittrice censurata che però scrive dovunque (El País, Huffington Post, Internazionale). Ottiene premi all’estero che non può ritirare. Ostracizzata dalla scuola ufficiale si è inventata un’Accademia del Blog che raccoglie (nello studio di casa) decine di affiliati.
«Siamo come bambini piccoli — ama dire lei — non possiamo uscire di casa senza il permesso di papà». Yoani Sánchez non può uscire da Cuba. E non può neanche spostarsi dall’Avana all’Oriente per seguire un processo. Cuba le va stretta, eppure ha deciso lei di tornarci nel 2004. Viveva in Svizzera da un paio d’anni, con il figlio Teo, lavorava in una libreria. Tornò sull’isola (saltando i passaggi burocratici che la legge impone agli espatriati) per viverci da «persona libera». Né dissidente (più o meno di facciata), né esponente di un’opposizione politica impossibile (eppure in qualche modo tollerata). L’ha ripetuto spesso la bloguera ciega che parla di censura e dei fagioli troppo cari: «Per la gente della mia generazione sinistra e destra sono termini obsoleti, che non ci definiscono». È quello che di lei ha sempre fatto più paura (al sistema).
Nel 2008 il suo blog (dove racconta la vita quotidiana sua e dei cubani), nato come «esercizio di esorcismo personale», ottiene l’onore politico di un verdetto negativo firmato Fidel Castro. Nella prefazione a un libro sulla Bolivia (il Paese dove morì Che Guevara) il Líder Máximo mai del tutto pensionato vede nella Sánchez «un’inviata speciale del neocolonialismo imperialista». La Spagna ha appena dato a Yoani il premio Ortega y Gasset per il giornalismo e lei non può andare a ritirarlo. Rilascia un’intervista a un’agenzia messicana in cui dice di non avere «colore politico». Fidel nella sua prefazione tuona: «La cosa peggiore è che ci sono giovani cubani che la pensano così». Apartitici nel Paese del partito unico. Sánchez risponde dal suo blog lasciando la parola al marito: «La responsabilità di accettare un premio — scrive Escobar — non è niente in confronto alla responsabilità di attribuirlo. Yoani almeno non ha mai messo medaglie al petto di corrotti e dittatori». E Fidel invece «ha distribuito onorificenze a gente come Nicolae Ceausescu, Robert Mugabe e Erich Honecker». Uno scambio duro. Che lascia Yoani e Reinaldo a piede libero: l’Urss è finita da un pezzo, Fidel è invecchiato. A Cuba attecchisce l’Accademia del Blog. E nonostante la censura su Twitter si va lo stesso, con i vecchi sms.
Michele Farina